La Spagna è in fibrillazione: Barcellona e Real Madrid si affronteranno nell’ennesima sfida per la supremazia del calcio iberico. Lo scontro è tra formazioni e filosofie antitetiche: da un lato Messi, dall’altro Cristiano Ronaldo. Da una parte la cantera autarchica, dall’altra l’accozzaglia di milioni (As docet). Fino a qualche tempo fa era lo scontro tra Pep Guardiola e Josè Mourinho, due tecnici che certamente non difettano di personalità contrastanti. Almeno in teoria…
Stavolta però non sarà un duello tra capitani di ventura, come potevano esserlo Pep e Mou. Sarà un confronto tra Carlo Ancelotti e Tata Martino, due allenatori alla prima esperienza sui campi spagnoli e che, dopo aver incrociati i ferri sul caso legato all’enorme esborso madridista per Gareth Bale, non si sono più beccati tra di loro. Troppo poco, per gli standard cui si erano abituati gli spagnoli ai tempi del catalano e del portoghese.
L’argentino Gerardo Martino, alias El Tata, trainer dei blaugrana, non deve fare altro che gestire un gruppo che ormai gioca a memoria. Il suo arrivo in Catalogna è legato a filo doppio ai problemi di salute di Tito Vilanova, da tempo fermo a causa del tumore contro cui sta combattendo ormai da anni ed a cui i tifosi catalani dedicheranno una scenografia proprio sabato. A Barcellona non si può fare altro gioco che quello del tiquitaca. I calciatori, ammaestrati a dovere da Pep Guardiola (anche se i maligni dicono che l’ex centrocampista altro non era che un ‘prestanome’ carismatico di Vilanova che vanterebbe il brevetto tattico del modello Barça…), non hanno bisogno di fare altro che mettere in pratica quello che già sanno. Lo devono al campo (dato che è modello vincente, almeno contro Levante e Valladolid…) ed alle migliaia e migliaia di ‘abbonati’ a Sky che seguono i catalani per bearsi delle giocate corte, brevi e veloci dei compagni di Leo Messi.
A Madrid, invece, da anni la situazione è completamente confusa. Ma non è eccellente, Mao se ne faccia una ragione. Pare quasi la maledizione dell’Inter di Moratti (prima dello tsunami Calciopoli): galacticos in fase di mercato, molto meno sul campo dove i troppi galli del pollaio blanco non sono riusciti a creare una squadra. La tanto attesa sterzata dopo anni di litigi, botte e ripicche, adesso, è responsabilità di Carletto Ancellotti. Non è proprio un allenatore di primo pelo e nemmeno uno troppo sciapito. Certo, però, non è Mourinho. Almeno sotto il profilo mediatico. E per un calcio, quello iberico, che è iper-esposto alle luci della ribalta, sicuramente questa è una mancanza. Ancelotti, dopo il deludente inizio di campionato (compresa clamorosa sconfitta nella stracittadina contro l’Atletico di Diego Pablo Simeone), è stato duramente contestato da tifosi e dalla stampa. Alla sua squadra viene imputato il fatto di non essere tale ma solo, come scrisse As proprio dopo il derby perso contro i conchoneros, “un’accozzaglia di milioni”. Carletto predica pazienza a la vittoria in Champions contro la Juve gli ha regalato un’attimo di tregua. Ma questa contro i rivali storici è la sua occasione.
Sabato la supersfida che infiamma la Spagna e che deciderà la sorte dei due neofiti: il superclasico iberico è l’unica partita che né Barcellona né Real Madrid possono perdere. Ne va dell’onore della camiseta, che a queste latitudini vale quasi (se non di più) della conquista della Liga.