In quest’epoca di schermi e tastiere, la poesia della partitella per strada, magari tra fango e pozzanghere con due pietre o due strisce disegnate sui muri a delimitare le porte, si è persa, scontrandosi troppe volte con una realtà che ha trasformato il calcio nella fiera degli interessi economici e degli affari. Per i ragazzi di UniLeague, torneo universitario di calcio a sette e a cinque nato a Milano nel 2006 e ormai allargatosi a macchia di leopardo in tutta Italia diventando un appuntamento nazionale, il calcio resta però quello sognato da bambini: un bel gioco tutta passione e genuinità. Per comprendere meglio lo spirito del progetto, abbiamo incontrato uno dei suoi ideatori, il barese Davide Ortona.
Come nasce UniLeague?
“Nasce un pomeriggio come tanti all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dall’idea di un gruppo di ragazzi contraddistinti da una sana passione per il pallone. Abbiamo dato vita così ad un mercato calcistico fatto di persone ed entusiasmo, con un’impronta esclusiva per gli universitari”.
In Italia continuano a chiudere le curve degli stadi per via del razzismo. Credi che tutto questo possa intaccare l’interesse dei ragazzi verso lo sport?
“Molte cose vengono strumentalizzate. Non credo che siamo un paese razzista, più semplicemente ci sono giocatori amati ed altri odiati dal pubblico. Prendiamo il caso emblematico di Balotelli: quando era all’Inter veniva fischiato dai tifosi del Milan ed oggi che ha cambiato casacca succede esattamente il contrario. Si fischia per tifo, anche io lo fischierei se se lo meritasse, pur non essendo affatto razzista”.
Sta di fatto che per varie ragioni gli stadi in Italia continuano a svuotarsi. Voi invece riempite di ragazzi i campetti di provincia. Vi sentite in controtendenza?
“Beh, se si riempissero entrambi più facilmente saremmo più contenti. La verità è che oggi, non è una frase fatta, il mondo è cambiato e con esso lo sport, che è diventato business. Se l’Italia non si adeguerà a Paesi come l’Inghilterra andrà a finire che negli stadi ci saranno solo i calciatori. Quello che noi cerchiamo di fare nel nostro piccolo è trasmettere entusiasmo a chi gioca, ai protagonisti del torneo: sui flyer, a dimostrazione di ciò, non c’è l’immagine di Messi, Ibrahimovic e Totti, ma quella dei vincitori delle edizioni nelle varie città”.
Le tre parole chiave scelte per raccontare le ultime finali nazionali sono calcio, amicizia e sfida. Perché?
“Perché per noi il calcio è esattamente questo. Tutte le squadre si conoscono tra loro, le voci su chi siano i calciatori più forti passano di città in città, e questi vengono rispettati e perfino temuti dagli altri giocatori. Ma non dimentichiamo che alla base del calcio c’è sempre il gioco, dentro e fuori dal campo: per questo organizziamo iniziative diverse fuori dal rettangolo di gioco per le varie squadre, puntando molto sul valore dell’amicizia”.
Quest’anno il torneo crescerà? Quali prospettive avete?
“La nostra volontà, che è stata una richiesta delle altre università, è stata quella di allargarci oltre Milano. Abbiamo sentito l’esigenza di essere presenti in tutte le principali città d’Italia. Questo è stato possibile anche perché molti brand importanti, sportivi e non, si sono avvicinati al nostro mondo. Il target è infatti accattivante per loro, fatto di ragazzi di cultura e appassionati di sport. Negli anni anche il livello tecnico sta salendo sempre di più. Il segreto sta nell’aver esportato i nostri principi: la competizione è sana, perché i protagonisti sono studenti e laureati che vogliono divertirsi. Se poi si vince, meglio ancora”.
Per concludere, come amate descriverla voi, UniLeague è solo il bello del calcio.
“Sì. Vogliamo un torneo fatto di amicizia e fair play. Siamo contro gli episodi di violenza, che finora non ci sono mai stati e spero non ci saranno mai: non vogliamo emulare le brutture del calcio di oggi. Tutto il nostro staff è un bel gruppo: dalle squadre alle hostess che lavorano sia online che offline, fino ad arrivare agli arbitri, che fanno squadra tra loro. E’ comunque più facile giocarla che spiegarla. Per questo invito tutti gli appassionati ad abbracciare quella che è l’UniLeague: siamo in tutta la penisola, è ben accetto chiunque sia in target e voglia giocare con un pallone tra i piedi”.
@barbadilloit