Caro Thohir, a quanto pare finalmente è fatta. L’Inter è tua e quindi potrai iniziare prestissimo la tua esperienza nel rutilante mondo del calcio italiano. C’è qualcosa che però è bene che tu, ultimo arrivato in serie A con la fama del portafogli smisurato, tenga bene a mente. Vedrai, cercheranno di spremerti come un limone: non farti ingannare, il tuo predecessore Massimo Moratti per anni è stato il bancomat di mezz’Europa. Poi ha capito che per vincere non c’era bisogno di riempire di galli canterini il pollaio dello spogliatoio.
In primo luogo non fidarti troppo dei procuratori. In Italia ne abbiamo un esercito. Persino nelle serie minori, quelle dilettantistiche, abbiamo stuoli infiniti di procacciatori di ingaggi e rappresentanti di calciatori più o meno validi. Hanno imparato alla perfezione il meccanismo: fanno trapelare indiscrezioni e notizie di mercato sul fatto che tu voglia ingaggiare un loro assistito che, peraltro, viene presentato come il nuovo Lothar Matthaus. I tifosi, in buona fede, ci credono e iniziano a fare pressioni: se non lo compri diventi un tirchione se lo acquisti magari ti trovi in squadra l’ennesimo Vampeta. Stai attento, molto attento.
In seconda battuta non delegare troppo ai manager. Anzi, diffida apertamente dei tipi in carriera che non riescono a dire più di sette parole in italiano senza intercalarle con almeno diciotto termini in inglese. Vedrai, caro Thohir, la loro parlata anglo-americana non è per cortesia istituzionale né per farsi comprendere da te venuto dal lontano Oriente per guidare sapientemente le sorti del club nerazzurro. Sono profluvi di parole quasi senza senso, che non significano niente sportivamente: merchandising, away card, pay-per-view, partnership, scouting, catering e il famigeratissimo brand. Loro tendono a mettere al centro del discorso tutto ciò che null’altro è che marginale, secondario rispetto alla cultura calcistica ed allo spirito sportivo. Prendi in parola Rudi Garcia, il tecnico della Roma. Metti la chiesa al centro del villaggio, e lascia perdere questi rampanti entrepeuners.
Diffida apertamente anche dell’alleanza tra procuratori e dirigenti. Non c’è scampo: se si mettono in testa una cosa te la faranno fare. E di solito, non sono sempre grosse alzate d’ingegno. Figurati, l’ultima proposta lanciata dal re dei procuratori (il mammasantissima Mino Raiola) e rilanciata da un ex dirigente nerazzurro come Ernesto Paolillo è più folle d’un Caligola che si crede Napoleone: “Fondere Inter e Milan per essere competitivi in Europa”, per citare – liberamente – Armando Pellicci detto er Pomata (il film è Febbre da Cavallo, veditelo Erick che ti fai due risate…) “Questa è la più grande str… da quando l’uomo ha inventato il cavallo”. Nel nostro caso, il football. Le fusioni sono roba di ottant’anni fa, evocarle perché l’Europa ce lo chiede è a dir poco inquietante. Se dopo l’accorpamento le cose non dovessero andar bene che si fa, si lascia la panchina a Mario Monti?
Caro Erick, poi, devi sapere che noi italiani siamo esterofili fino all’idolatria di tutto ciò che arrivi da fuori. E nel calcio, ovviamente, eleviamo fino all’ennesima potenza il nostro fanatismo per lo straniero. E poi considera che sei diventato il presidente di una squadra che si chiama Internazionale e che negli anni morattiani che avuto pochissimi italiani, e ancora di meno sono stati quelli che hanno lasciato il segno. Ciò non vuol dire nulla però: ricordati sempre che nel cuore dei bauscia (sono i tifosi dell’Inter, a Milano li chiamano così, sai?) il mitico Evaristo Beccalossi occupa uno spazio sicuramente maggiore del leggendario Karl-Heinz Rummenigge. Chiedi un po’ in giro perché e avrai tutte le risposte che ti servono.
Perciò se ti capita per le mani un ragazzino italiano che pare promettere bene, fallo giocare in squadra. Evitagli il triste destino del talento mai sbocciato.
Per quanto riguarda l’allenatore, caro Thohir, te l’abbiamo già detto tante volte e continueremo a farlo finché avremo fiato. Non fregartene dei menestrelli dei top player, top coach, top mister. Hai in panca, adesso, un certo Walter Mazzarri che ti ha portato una truppa scalcagnata nei piani alti della classifica, almeno per questo primo scorcio di Serie A. Una squadra di brocchi, sulla carta, che sta facendo meglio di tante altre molto più quotate, leggi Milan. Vedi, caro Erick, è vero quello che dicono i manager. Ma non del tutto. Cioè: se porti a Milano un allenatore di grido è normale che torni l’entusiasmo e che si vendano più magliette negli Inter shop. Però se dopo dodici giornate di campionato rimani fermo al palo, ti renderai conto del fatto che non solo ti dovrai sorbire critiche e contestazioni ma pure che nei tuoi negozi nessuno comprerà più maglie, cappellini e portachiavi perché il maledettissimo brand non tirerà più. Un’altra cosa: stai lontano da Zamparini e Cellino. Loro assumono allenatori solo per il gusto di silurarli alla prima occasione, ma di pallone qualcosa, nei loro decenni di sport, hanno imparato a capirla. Per te è ancora presto, ci farai amicizia più tardi quando sarai più addentro ai misteri del football.
Caro Erick, non permettere a nessuno di metterti in competizione con i nuovi ricchi del calcio europeo. Sceicchi, oligarchi, raffinate joint-venture made in Usa, occhio che c’è il trappolone. Chissenefrega del Psg e del Manchester City: in Europa non hanno ancora dimostrato nulla, sai?
Infine l’ultima cosa. Caro Erick Thohir, non sono i tifosi il male assoluto del calcio italiano. Tante altre cose, purtroppo, le capirai da te. Ma sappi che c’è un gruppo di persone che – a prescindere dal risultato – sarà sempre lì a sostenere la squadra nerazzurra. Certo, sono pochissimi in confronto alle moltitudini che ciclicamente – per intendersi ad ogni Mourinho… – si avvicinano alla fede interista, ma sono un punto fisso dal quale far partire la tua avventura italiana. In bocca al lupo.