Non sono mai stato un grande estimatore del presidente della Regione Liguria, anche perché le sue esternazioni nei mesi bui del Covid, quando arrivò a minacciare la negazione delle cure sanitarie pubbliche ai non vaccinati e auspicò un “lockdown selettivo” nei loro confronti, potrebbero indurmi a provare un ribaldo piacere a scoprire che nel lockdown selettivo, con i domiciliari, ci sia finito lui. Non mi entusiasmò neppure la sua affermazione che “chi nasce in Liguria è ligure”, a prescindere dalla nazionalità dei genitori, prefigurando una sorta di “jus Toti” contrapposto allo “jus sanguinis”.
Ora però che il presidente della Regione Liguria è esposto alla gogna mediatica, non posso fare a meno di provare se non simpatia solidarietà con lui. Il garantismo non è un tassì da cui si può salire o scendere a seconda delle convenienze. Non mi piacciono l’arresto di Toti al termine di un’inchiesta giudiziaria durata anni, la sua concomitanza con l’approssimarsi delle elezioni europee, e soprattutto le intercettazioni telefoniche sue e dei suoi presunti complici date in pasto alla stampa in modo che l’opinione pubblica pronunci la sua condanna senza appello ancora prima di una condanna in primo grado. A ciascuno di noi al telefono sfuggono affermazioni, espressioni, millanterie che, estrapolate dal contesto e rese pubbliche, bastano a ridicolizzarci. Una conversazione privata dovrebbe rimanere tale. Ricordo ancora l’umiliazione di una ministra “tecnica” di cui uscirono sui giornali le proteste col fidanzato che la trattava come una “sguattera guatemalteca” perché le toccava stirargli le camicie.
Le colpe, naturalmente, non sono solo della Magistratura, ma dei giornali. C’è chi, per esempio, ha condannato senza appello la consuetudine di salire sul panfilo del presunto corruttore senza portarsi dietro il cellulare. Un espediente per evitare le intercettazioni? Forse. Ma senz’altro anche una forma di buona educazione che andrebbe estesa obbligatoriamente a tutte le riunioni e assemblee pubbliche, dai consigli di quartiere all’aula di Palazzo Madama.
A proposito: avevano o no con sé il cellulare Draghi e gli altri galantuomini che il 2 giugno 1992 salirono sul panfilo “Britannia”?
Eccellente chiusura !