Colpiva il nome sotto i suoi articoli de Il Giornale dal giugno 1974, quello degli albori, agli ultimi mesi: Aridea. Seguivano i cognomi: Fezzi Price. Giunta trentenne col marito canadese nella swinging London – immortalata da Richard Lester in Tutti per uno e Non tutti ce l’hanno -, Aridea ha riferito per mezzo secolo gli ultimi bagliori dell’inglesità. E in una Londra, nella quale si riconosceva sempre meno, è morta nel sonno.
Oltre che giornalista (e traduttrice per Sellerio, Neri Pozza, Settecolori), Aridea era una magnifica persona. Incarnava una figura già allora di altri tempi: il corrispondente culturale dall’estero. Pochi quotidiani e settimanali italiani di fine ‘900 contemplavano questa figura a Londra o Parigi o New York.
Secessione dal Corriere della Sera diretto da Piero Ottone, Il Giornale, fondato da Eugenio Cefis, conservava lussi ambizioni da Ministero degli Affari Esteri. Ambasciatrice in pectore di Indro Montanelli, Aridea, duttile e curiosa, volteggiava tra mostre d’arte e scrittrici emergenti, mondanità regale e anteprime teatrali.
Se un collega passava da Londra, era davanti a un tè con pasticcini che Aridea lo aggiornava su una regia teatrale di Franco Zeffirelli o su un amore del principe di Galles. Sapeva benissimo che c’erano l’Ira nell’Ulster e gli argentini alle Malvine, il filo diretto con cui la City governava Downing Street. Ma perché occuparsi di figuri sui quali nulla si poteva?
Enrico Marletti
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Bel ricordo.