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Storia. Lo studioso Festa: “Vi racconto i 600 giorni di Mussolini a Gargnano nella Rsi”

"Il duce fu portato a Gargnano da Rocca delle Caminate l’8 ottobre 1943. Non fu una sua scelta. Il lago non gli piaceva perché luogo isolato"

by Michele Salomone
26 Febbraio 2024
in Cultura
1

Incontrare lo storico Bruno Festa sulle rive del lago di Garda suscita un certo effetto: in primo luogo perché ci troviamo in un’area geografica che ha fortemente caratterizzato, in varie epoche, la storia della nostra nazione. Essendo del luogo, Festa, appassionatosi alla storia fin dalla giovanissima età, ha avuto modo, nel corso degli anni, di interrogare i suoi conterranei venendo a conoscenza di fatti e vicende di prima mano. Attivo ricercatore di documenti, ha al suo attivo opere di vario e notevole interesse.

Mentre il lago ondeggia quietamente dando l’impressione di essere osservati, con Festa discutiamo del suo “Polvere nera. I 600 giorni di Mussolini a Gargnano” (Stampa Grafica, Trento, per ordini: bruno52festa@gmail.com), libro ricco di memorie e documenti che testimonia, anche per i tanti particolari inediti, uno spaccato di vita italiana caratterizzatosi peraltro in un periodo drammatico qual è stato quello della Seconda Guerra Mondiale.

Dottor Festa perché ha intitolato la sua opera “Polvere Nera”?

“Due i motivi: per un verso il pesante senso di oppressione dal quale venivano colte moltissime persone al momento di entrare nei ricoveri antiaerei quando suonava l’allarme aereo. Nella confusione e nella fretta di mettersi al riparo si sollevava tanta polvere, che rendeva ancora più difficile il momento e irrespirabile l’aria. Vi furono, in merito, proteste della popolazione (in questo caso di Gargnano, la cittadina nella quale era stato condotto Benito Mussolini dall’”alleato” tedesco).
Il titolo, inoltre, sintetizza il crollo del regime fascista”.

In senso denigratorio, la propaganda ha definito la Repubblica Sociale Italiana “Repubblica di Salò”, in quanto la maggior parte dei dicasteri dello Stato fascista era concentrata in quella zona. Ma perché, allora, non definirla “Repubblica di Gargnano” visto che propria nella detta cittadina Mussolini risiedette in quel periodo turbolento?

“Ormai tutti gli storici, parlando del periodo 1943-1945, non scrivono neppure le parole ‘Repubblica di’, ma semplicemente ‘Salò’. La presidenza del Consiglio della Repubblica Sociale Italiana era a Bogliaco (frazione di Gargnano), le segreterie particolare e politica, e lo stesso ufficio di Mussolini, oltre alla residenza privata erano a Gargnano. A Salò c’erano due Ministeri (Cultura Popolare e Esteri) e la cittadina non era più rilevante di Toscolano Maderno (Interni e Partito Fascista Repubblicano) oppure Desenzano (Difesa Nazionale e Ispettorato per la razza).
Fino a qualche tempo fa si sosteneva che i dispacci dell’Agenzia di Stampa Stefani (che era a Salò) portassero la dicitura ‘Repubblica Sociale Italiana, Salò’. Non è vero: in nessun dispaccio compare (mai) il riferimento a Salò e neppure a Gargnano, Toscolano Maderno, Gardone Riviera, Desenzano.
Il discorso è lungo e le teorie molteplici. A mio modo di vedere la più credibile (come sosteneva Aurelio Garobbio, dell’Ufficio Stampa della Rsi) è che gli Anglo-americani intendessero screditare la rilevanza della Repubblica Sociale legando il nome a quello di una cittadina, bellissima e importante (era stata capitale della Magnifica Patria all’epoca della Repubblica di Venezia) ma poco conosciuta lontano dal Garda”.

Perché venne scelta proprio Gargnano? E Quando Mussolini vi si trasferì?

“Mussolini fu portato a Gargnano da Rocca delle Caminate l’8 ottobre 1943. Non fu una sua scelta. Il lago non gli piaceva, non perché triste o perché ‘non è fiume né mare ma una via di mezzo’ come disse lui stesso, ma perché era un luogo isolato, facilmente controllabile e oltretutto lo teneva lontano dalle scelte di politica e di strategia. E questo si può capire.
Ermanno Amicucci, direttore del Corriere della Sera in quel periodo, fece visita a Mussolini un paio di settimane dopo il suo arrivo a Gargnano e nelle sue memorie scrisse che la scelta di Gargnano era stata fatta su pressione di Erwin Rommel, il generale tedesco che in quel momento comandava in Italia. Rommel aveva il suo quartier generale sulla sponda veneta del Garda, prima nella cittadina di Garda e poi a Colà, frazione di Lazise. Il mese successivo Rommel venne sostituito da Kesselring”.

Il popolo di Gargnano quando seppe dell’arrivo del Duce e come accolse la notizia?

“Con indifferenza. Certamente molte persone del luogo trovarono occupazione e furono assunte nelle varie dimore che ospitavano diplomatici, funzionari o dipendenti della Segreteria o dei ministeri e della stessa Villa Feltrinelli, dove il Duce aveva la sua dimora privata.
Ma, rispetto al gradimento, un dato è incontrovertibile: il Partito Nazionale Fascista aveva circa cinquecento tesserati, il Partito Fascista Repubblicano (con Mussolini che abitava e lavorava a Gargnano) solamente una trentina”.

Gargnano in che modo coabitò con tedeschi, fascisti e Mussolini?

“Con la speranza che tutto finisse presto. La popolazione non si schierò a favore e neppure contro. Quanto alle scelte dei singoli, a fine guerra furono una decina gli ‘epurati’ (accusa: partecipazione alla marcia su Roma, oppure collaborazionismo con i tedeschi invasori) e altrettanti coloro che invece risultarono collaborare con la Resistenza, non tanto come partigiani, ma come patrioti o collaboratori (azioni di sabotaggio, boicottaggio, trasmissione di ordini, informazioni), quindi rischiando di meno rispetto a coloro che parteciparono ad azioni armate contro i nazifascisti”.

Come si muoveva il Duce da Villa Feltrinelli, residenza familiare, a Villa delle Orsoline, sede del Governo?

“I due edifici sono vicini, distano circa 700 metri. Gli spostamenti avvenivano in auto, di quelle, per capirci, con i predellini esterni su cui stanno in piedi uomini armati della scorta.
La sede del Governo era a Palazzo Bettoni Cazzago di Bogliaco. Alle Orsoline c’erano le Segreterie e lo studio di Mussolini, oltre al ‘Comando delle Truppe Germaniche presso il Duce’ che controllava Mussolini su comando di due ufficiali: colonnello Johan Jandl e capitano Helmut Hope”.

Com’era organizzata la sicurezza del Duce?

“Sulla carta molto bene ma nel concreto presentò numerose falle, come è stato documentato. Comunque Mussolini non corse mai alcun pericolo perché l’intera area era molto presidiata”.

In quel periodo l’Aviazione ngloamericana ed i partigiani tentarono qualche azione tesa ad eliminare Mussolini?

“No, mai. Gli edifici in cui Mussolini viveva e lavorava erano molto bene individuabili, eppure non vennero mai colpiti, al pari dei ministeri sul Garda.
L’unico edificio colpito da bombe e completamente distrutto fu Villa Bassetti (a Bornico, tra Toscolano Maderno e Gardone Riviera) che era la sede dell’Ambasciata del Reich presso la Rsi. Friedrich Moellhausen, il numero due della diplomazia del Reich nella Rsi, affermò che l’azione alleata aveva lo scopo dimostrativo di fare capire ai tedeschi che gli anglo-americani erano in grado di colpire quando e come volevano e che sapevano tutto della dislocazione”.

A Salò fu di stanza, a Villa Amadei, il Ministero della Cultura Popolare retto da Ferdinando Mezzasoma e che ebbe, dal maggio 1944, quale Capo di Gabinetto Giorgio Almirante, fondatore nel secondo dopoguerra del Msi, capo indiscusso della destra italiana. In merito ad Almirante ha scoperto qualcosa degna di rilievo?

“L’arrivo di Almirante a Salò fu ufficializzato dall’Agenzia Stefani l’11 maggio 1944 (dispaccio numero 64) con il quale ‘il Ministro della Cultura Popolare ha nominato suo Capo di Gabinetto il giornalista Giorgio Almirante, nato nel 1914, laureato in lettere e filosofia, già redattore capo del Tevere e segretario di redazione de La difesa della razza, combattente dell’attuale guerra, decorato al valor militare’.
Sia il quotidiano Il Tevere che il quindicinale La difesa della razza, diretti da Telesio Interlandi, erano caratterizzati da una vigorosa inclinazione antisemita.
Almirante scoprì in seguito un ‘traffico’ strano tra il podestà di Salò e alcuni funzionari del Ministero della Cultura Popolare ai quali venivano distribuiti sussidi (abbigliamento, calzature, generi alimentari) destinati agli orfani dei soldati morti in Africa. Almirante denunciò questo traffico”.

Nel corso delle sue ricerche, in qualità di storico, cosa l’ha maggiormente colpita, riguardo “I 600 giorni di Mussolini a Gargnano”?

“Per un verso la stanchezza della gente che non ne poteva più di quella situazione e attendeva solamente che tutto finisse. Per l’altro la frustrazione di Mussolini che sapeva (e scriveva alla sua amante Petacci) di essere ‘un duce ridicolo’, ‘un pacco postale’, ‘un cadavere vivente’. Insomma, si commiserava.
Infine il clima di enorme competitività, ambiguità, invidia e contrasto tra i gerarchi attorno a Mussolini”.

@barbadilloit

Michele Salomone

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Tags: bruno festagargnanomichele salomonemussolinirsi

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