Quando nel novembre 2022 il centrodestra vinse le elezioni politiche e Gennaro Sangiuliano venne nominato ministro della Cultura, gli scrissi una “lettera aperta” pubblicata sul Borghese e siti Internet in cui gli suggerivo sostanzialmente due cose: da un lato, di considerare tutti gli aspetti e le tendenze della “cultura di destra” che non è soltanto liberale, ma anche conservatrice, reazionaria, rivoluzionario-conservatrice, tradizionalista ecc.; dall’altro, di provvedere ad un “riequilibrio”, dato che per decenni aveva spadroneggiato la sinistra nei suoi molteplici volti non sempre espliciti. Infatti dopo il ’45, come ci si dovrebbe ben ricordare, la DC si appaltò tutto l’apparato economico e il PCI quello culturale: Togliatti gramscianamente aveva capito tutto a lunga scadenza. E fino ad oggi siamo sempre più o meno vissuti sotto la cappa di quella che il liberale Nicola Matteucci definì – con un termine ormai entrato nell’uso – “egemonia culturale comunista”, correggendo la iniziale definizione di “dittatura”.
Ora il ministro Sangiuliano sta effettuando proprio questo “riequilibrio” e bisogna fargli tanto di cappello, suscitando le rimostranze e i piagnistei e i vittimismi dei “compagnucci della parrocchietta” (per usare una celebre frase di Alberto Sordi) che peraltro bellamente ignora, come se per lui non esistessero. Da giornalista di lungo corso ha un atteggiamento essenzialmente pragmatico ed efficiente.
Pur avendone la possibilità e il diritto, il suo non è uno spoils system all’americana (se vincono i democratici la precedente amministrazione repubblicana viene sostituita in blocco dalla base al vertice senza problemi, e viceversa ovviamente), metodo che la sinistra ha sempre messo in pratica nei decenni precedenti. Non effettua alcuna “epurazione”, come aveva teorizzato a suo tempo Francesco Storace meritandosi il soprannome di epurator, non caccia via nessuno, ma semplicemente o copre posti apicali vacanti, oppure attende che le cariche giungano a scadenza e, non essendo assolutamente obbligato a confermarle o rinnovarle in modo automatico, al posto di chi ha concluso il suo mandato nomina personalità adeguate e competenti. Appunto “riequilibra”.
Quanto in sostanza riconosce Roberto Gressi che, dopo aver fatto l’elenco delle nomine effettuate un po’ dappertutto dal centrodestra in un articolo agrodolce del Corriere della Sera (”Il centrodestra e la legge del chi vince comanda”, 22 gennaio 2024, p.9), alla fine se ne esce con questa significativa considerazione: “Logica vuole che se ne cambiano così tanti, vorrà anche un po’ dire che l’accusa alla sinistra di aver fatto della cultura un fortino, qualche elemento di verità se lo porterà pur dietro”. Tesi però pochi giorni dopo non condivisa da Aldo Grasso nella sua rubrica domenicale in prima pagina (“L’egemonia culturale è sempre meno sinistra”, 28 gennaio, p.1) dove si sostiene che per una serie di ragioni oggettive, di fatto, essa è andata scemando ormai da un trentennio ed oggi è in crisi. Potrà anche essere così, ma ciò non toglie che essa sia in concreto rimasta perché incistata da tempo immemorabile e mai nella sostanza scalfita, abituata a ritenersi inamovibile, altrimenti non si spiegherebbero il “caso Sinibaldi” e il “caso De Fusco” di cui si dirà.
E’, scusate l’autocitazione, quanto scrissi su vari siti immediatamente dopo quella vittoria politica del centrodestra: le persone non vanno scelte solo perché hanno una tessera in tasca o appartengono ad una specifica area culturale, ma principalmente perché sono dei competenti, sono preparati, adatti al compito per cui sono stati scelti. In tal modo emerge lo pseudo-idealismo progressista che non potendo criticare la competenza del nuovo prescelto la mette sul piano concreto, quello dei posti di sottopotere. Proprio una bella figura che si dovrebbe sempre evidenziare da parte di chi, giornalisti ed opinionisti, non è condizionato.
Il fatto è che a sinistra non si sono ancora resi conto di aver perso la guerra, che i tempi sono cambiati, che sono in minoranza nel Paese (e tutti i sondaggi di tutti gli istituti confermano che il centrodestra è ancora di gran lunga maggioritario), non si capacita di tutto ciò per inveterata abitudine, cadono dalle nuvole, sono spaesati e, come si dice a Roma, nun ce vonno sta’ e di conseguenza rosicano facendo un fracasso esagerato spalleggiati dalla “stampa amica” che ne amplifica a dismisura le voci. Infatti, si ritengono, proprio come Togliatti, “i migliori” in assoluto.
Sicché, dopo una serie di questi avvicendamenti mediaticamente indolori, è toccato ad un personaggio che l’ha presa assai male perché da sempre abituato al presenzialismo e che ha mobilitato il famoso “soccorso rosso” per strepitare e denunciare il “sopruso”. Mi riferisco a Marino Sinibaldi, già direttore di Radio Tre e curatore della rubrica di informazione libraria Farhenheit, che molti anni fa ho conosciuto: 70 anni, conduttore radiofonico, sedicente critico letterario, che non mi risulta iscritto all’Albo dei Giornalisti anche se viene sempre presentato come tale. Sinibaldi aveva, beato lui, la certezza della riconferma automatica dopo tre anni nel ruolo di Presidente del Cepell, il Centro per il libro e la lettura – carica peraltro onorifica e non stipendiata – e si è fatto intervistare da Repubblica denunciando l’offesa subita, mentre è intervenuto in suo appoggio tutto il parterre della intellighenzia impegnata e progressista (sempre Togliatti l’avrebbe definito il culturame…) compreso un noto fumettaro sinistrissimo e dalla fa secondo me del tutto immeritata, che propone, come l’aristocratico Borrelli di “mani pulite”, di “resistere resistere resistere” anche se non spiega come.
Tutti costoro non si sono solo limitati ad esaltare le competenze del Sinibaldi, ed è ovvio, ma soprattutto, con un becerume inammissibile e una pacchiana caduta di stile, sono giunti a denigrare su molti piani chi ne ha preso il posto, vale a dire Adriano Monti-Buzzetti, non semplicemente caporedattore cultura del TG2, ma anche autore di libri (il che non mi pare Sinibaldi sia), intellettuale dai molteplici interessi uno dei quali è, pensate un po’ voi, la letteratura fantastica (l’ultima sua opera è dedicato a Lovecraft e Tolkien, i massimi scrittori dell’Immaginario del Novecento, universalmente noti eccetto che alla nostra intellighenzia). Un particolare, questo, che ha indotto molti degli engagé intervenuti a ironie decisamente fuori luogo, considerando che ormai la letteratura fantastica (per non parlare del fumetto) è stata, come si suol dire, sdoganata sin dall’epoca di Umberto Eco, guru della semiologia progressista. L’ignoranza di questi personaggi ha raggiunto l’apice con Ginevra Bompiani, figlia di Valentino fondatore della omonima Casa editrice, che oggi pubblica, succedendo in questo alla Rusconi, Il Signore degli Anelli e tutte le altre opere del professore di Oxford!
Essere criticato per interessarsi fattivamente di letteratura fantastica è qualcosa che non ci saremmo mai aspettati e dimostra il basso livello cui si è ridotta la cultura impegnata italiana che un tempo era apologeta della letteratura “popolare” per non parlare dei comics, ma tutto serve per criticare il nemico dell’amico, confondendo cultura e politica. Per non parlare delle cadute di stile quando si ironizza sul doppio o triplo cognome… Da vergognarsi. Ma tutto fa brodo per una polemica spicciola ma non per mutare la situazione cui devono abbozzare dopo tante inutili sfuriate.
Questa sostituzione a fine mandato, una delle tante, è stata del tutto legittima, come in Parlamento ha spiegato in un obbligatorio burocratese, il sottosegretario Mazzi, con una risposta definitiva. Insomma, questo episodio è stato ritenuto tanto rilevante e il Sinibaldi tanto autorevole da essere stata necessaria una interrogazione. Pensate un po’ chi certa gente si crede di essere!
Uguale e diverso, quanto si è si è verificato a fine gennaio al Teatro di Roma da tempo nel caos, dove la nomina da parte di Regione e Ministero della Cultura del nuovo direttore, Luca De Fusco, ha scatenato una furiosa polemica ssolo politica (il nominato infatti è tutt’altro che un incompetente), affiancata dagli artisti, che poi si è spenta appena è stato deciso di modificare insieme al Comune lo statuto originario sdoppiando la carica di direttore e affiancando a quello artistico un manager… ovviamente in quota PD. Ah, il disinteresse e l’idealismo della sinistra! Nessun problema etico: aveva solo perso una poltrona ed è giunta a più miti consigli appena gli è stata riassegnata, anche se ciò ha comportato la modifica dello statuto del Teatro! Ah, questi idealisti molto concreti! L’avessero fatto gli “altri” sai che iradiddio.
Come si dice, alla fine se ne dovranno fare una ragione, ma allo stesso tempo il centrodestra e soprattutto la destra, che nella coalizione è di gran lunga maggioritaria, a sua volta deve entrare nella mentalità di chi non può permettersi di compiere errori clamorosi collettivi e individuali. Insomma, ci si deve rendere conto di essere diventati, dopo decenni di opposizione, un partito di governo con responsabilità non solo istituzionali ma anche e soprattutto personali, considerato anche che la maggioranza dei media, sia cartacei che televisivi, è in mano agli avversari e ricamerebbe in mala fede maliziosamente su qualunque cosa fosse. Passati dalla opposizione al governo si deve obbligatoriamente cambiare punto dio vista e mentalità sapendo di essere costantemente sotto il mirino.
Peraltro, paradosso dei paradossi, non si potrà più speculare, rinfacciandolo al governo e al clima che con esso, secondo l sinistra, si sarebbe instaurato, sul “saluto romano o fascista” dato che il 18 gennaio scorso, le Sezioni Unite della Cassazione, hanno decretato che quel gesto si può sanzionare e punire soltanto se finalizzato alla “ricostituzione del disciolto partito fascista” (Legge Scelba del 1952) e non ad esempio in occasioni commemorative, come fu per la ricorrenza anni fa dell’assassinio a Milano di Sergio Ramelli o a il 7 gennaio scorso per la rievocazione dell’eccidio di Acca Larenzia a Roma. Episodi avvenuti per decenni senza alcuna protesta da parte della sinistra che se ne è accorta soltanto ora, appunto con il governo Meloni, chiedendo a gran voce lo scioglimento dei “gruppi neofascisti”. Eppure, nonostante questa decisione della Suprema Corte, si è ancora letto (ad esempio, Corriere della Sera, 26 gennaio) che continuano ad essere identificati coloro che il 7 gennaio fecero il gesto, e questo perché a quanto pare si attendono le motivazioni di quanto deciso e capire se si deve effettivamente considerare un “saluto commemorativo” o meno.
Comunque con buona pace dell’ex ministro della Giustizia Orlando, che al presidente del Senato La Russa, dopo che questi aveva invitato ad attendere la sentenza della Suprema Corte (che fa giurisprudenza!) prima di dar corso ad improvvide esternazioni, aveva risposto burbanzoso: “E’ sufficiente il 25 aprile”. E ovviamente immagino che nessuno dirà che la Cassazione è “di destra”…
Ma, per concludere tornando al ministro Sangiuliano, un’altra cosa che gli chiesi dopo la “lettera aperta” inizialmente ricordata, fu di inserire, nella legge che si sapeva stesse elaborando in materia, sanzioni precise e dure nei confronti di quelli che si definiscono con un ossimoro “ecovandali” rappresentati soprattutto da “Ultima (de)generazione” che imbrattano monumenti e opere d’arte per, secondo loro, richiamare l’attenzione sui problemi ecologici del pianeta, diciamo un gruppo di “gretini”. Insomma, stabilire intanto che i lavori di ripulitura e ripristino sono a carico loro e non di tutti gli italiani (levare la vernice sul portone del Senato è costato ben 40mila euro) e poi multarli a dovere. In tal modo, scrissi, immagino che le famiglie di questi ragazzotti pur se in buona fede staranno bene attente a quelle che sono le intenzioni dei loro figli e figlie, dato che ovviamente i soldi li dovranno sganciare papà e mammà. E nella legge approvata c’è proprio tutto questo con molte fattispecie previste, considerando che si può usare materiale indelebile oppure lavabile. Quindi nessuna impunità o giustificazione. Nonostante la nuova legge, però, ci sonio i pervicaci, e così il 1° febbraio die attivisti di “Ribellione animale” hanno sporcato con vernice gialla, rossa e arancione la Fontana dei Leoni a Piazza del Popolo a Roma. Non si capisce come queste azioni possano essere utili per attirare simpatia alla loro causa animalista, anzi credo che ottengano l’esito opposto. E ci si augura che siano sanzionati a dovere in base alla nuova normativa. L’attenzione della gente e dei media si può attirare in ben altri modi.
Si tratta di una questione di responsabilità, anzi una “questione di civiltà” per usare una locuzione tanto cara alla immemore sinistra di casa nostra.
Sempre ottimo De Turris.
Speriamo si possa superare questo dominio totalitario delle Sinistre rivoluzionarie che tuttora permane anche con leggi ad hoc contro il vilipendio della nazione come sono nei paesi più avanzati e nelle democrazie più mature tipo USA e India; chi insulta ancora i martiri delle foibe o peggio li nega non può considerarsi italiano o democratico o liberale ma seguace di Pol Pot Mao Lenin Marx XI Jinping KIM ecc che è altra cosa dalla democrazia liberale italiana
Per favore, basta! Basta con la leggenda metropolitana che “dopo il ’45, come ci si dovrebbe ben ricordare, la DC si appaltò tutto l’apparato economico e il PCI quello culturale: Togliatti gramscianamente aveva capito tutto a lunga scadenza”. Non ci fu nessun appalto: in un Paese libero, la cultura dev’essere libera, non controllata dal governo o dal partito. Semplicemente, a sinistra erano finiti prima molti ex intellettuali organici al fascismo e al bottaismo (quindi ringraziamo il fascismo per averci donato pletore di sedicenti antifascisti, intellettualoidi compresi), poi tutti coloro che avevano velleità rivoluzionarie e avevano intasato scuole e università, scatenandovi poi il macello del ’68 e a seguire.
Ma nessuno vieta a chi è di destra di iscriversi a Lettere o di fare concorsi per insegnare o per lavorare nei Beni culturali (ora Ministero della Cultura affidato a Sangiuliano). Se non lo fanno, inutile lagnarsi perché a fare cinema, romanzi, premi letterari, architettura, storia dell’arte, archeologia c’è solo o soprattutto gente di sinistra.
E comunque nella burocrazia del Ministero di Sangiuliano continuano a comandare quelli di sinistra messi lì da Franceschini (che peraltro era detestato dai comunisti duri e puri) o dalla Melandri, con qualcuno di costoro che magari è andato a intortarsi Sangiuliano dicendo di essere stato sempre di destra.