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Quasi trentamila ingressi in meno di un mese, la media di ingressi giornalieri alla Gnam aumentata di un terzo: la Mostra su Tolkien alla Galleria Nazionale di Arte Moderna sta avendo senza dubbio un ottimo successo di pubblico. E sicuramente merita di essere visitata, preziosa per chi ha una conoscenza superficiale dello scrittore inglese, ma anche utile per chi lo ha invece frequentato più assiduamente, magari addirittura da decenni. La figura di Tolkien viene resa con cura e profondità sia nella sua sfera privata che in quella professionale.
Ideata e promossa dal Ministero della Cultura con la collaborazione dell’Università di Oxford, è realizzata da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare con la curatela di Oronzo Cilli e la co-curatela e l’organizzazione di Alessandro Nicosia, TOLKIEN. Uomo, Professore, Autore è la più importante retrospettiva del suo genere in Italia per spettacolarità, dimensioni, materiali inediti esposti e autorevolezza delle istituzioni internazionali coinvolte: l’Archivio Apostolico Vaticano, la Bibliothèque Alpha dell’Università di Liegi, l’Università di Reading, l’Oratorio di San Filippo Neri di Birmingham, il Venerabile Collegio Inglese di Roma, la Tolkien Society, la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce, la Biblioteca civica di Biella, le case editrici Astrolabio-Ubaldini e Bompiani, il Greisinger Museum di Jenins e la Warner Bros Discovery.
Il cattolicesimo
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Ne emerge un uomo di profonda fede cattolica, così forte nelle sue convinzioni da condurre alla conversione l’amico Lewis, il futuro autore de Le Cronache di Narnia, allora di un accanito anticlericalismo, Ci viene raccontata la sua vita in tanti aspetti, sicuramente ai più sconosciuti, che spazzano via quei filtri neopagani o new age attraverso cui spesso è stata rappresentata la sua opera. Inequivocabile il senso dei passi del suo diario in cui ricorda il viaggio che fece in Italia, ed in particolare il soggiorno in Assisi, con la percezione profonda del senso del sacro presente nei luoghi in cui avevano vissuto Francesco a Chiara.
Il baule
La mostra ci accoglie con il baule con cui la famiglia Tolkien viaggiò tra l’Inghilterra e quel Sudafrica dove nacque Ronald, e poi prosegue con una grandissima quantità di oggetti, documenti, sino ad arrivare nella grande sala dove tre pareti sono interamente coperte da edizioni delle sue opere, rendendo così plasticamente ladimensione di una popolarità e di un successo ben presenti ad ogni latitudine.
Altrettanto ampia è anche l’esposizione di dipinti disegni e grafica ispirati a Tolkien con un gran numero di opere di Piero Crida, il suo maggior illustratore italiano. Nell’ultima sala il flipper ispirato a Il Signore degli Anelli, i vestiti degli Hobbit e tanti oggetti creati pensando alla saga tolkeniana sottolineano ancor più il grande successo popolare del mondo da lui creato.
Ampio ed intenso, come noto, è stato il fuoco di critiche contro questa iniziativa del ministro Sangiuliano, critiche che ora sembrano sostanzialmente sopite. Ciò sicuramente anche per la grande prudenza, perlomeno sul fronte politico, con cui la mostra è stata allestita.
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Se Infatti è stato dato ovviamente molto spazio al rapporto tra Tolkien e l’Italia in tanti molteplici aspetti, viene completamente ignorato il ruolo che sul piano prettamente politico giocò nel nostro paese la ricezione delle sue opere. La mostra ci ricorda sì la tribolata storia della pubblicazione dei suoi libri in Italia, ci racconta dei suoi viaggi nelle nostre città, del suo amore per la nostralingua, la nostra cultura ed in particolare per Dante Alighieri, ma glissa sorprendentemente su quei cambiamenti che le sue opere determinarono tra gli anni’70 e ’80 nel mondo giovanile di destra. Affascinati dall’epopea cavalleresca creata da Tolkien, in tanti assunsero quel mondo di eroi e di santi carismatici che perseguivano il bene fine a se stesso, non la semplice ricerca di buone azioni, e combattevano creature volte al male assoluto, per affrancarsi politicamente da quello che chiamavano il tunnel buio del neofascismo, Nacquero così i noti raduni dei Campi Hobbit, una vasta produzione pubblicistica e addirittura musicale, creando un humus da cui poi sarebbe sorta quella corrente di pensiero che fu definita della Nuova Destra.
In questo modo i curatori della mostra, al di là della figura di Tolkien, hanno perso una ottima occasione per ridare a quei due decenni del secolo scorso un volto più reale ed appropriato: sempre descritto con toni tetri e caratteri criminali, sintetizzati dell’espressione Anni di Piombo, quel periodo fu invece fortemente caratterizzato da una vena fortissima di attività, inventiva e ricerca del nuovo, con un’effervescenza, un entusiasmo ed una voglia di sorridere che quel mondo giovanile sicuramente non ha più avuto.
Le stroncature
La chiara volontà di non affrontare questi temi inciampa poi però nella realtà della semplice cronaca della storia dell’opera tolkeniana in Italia, con ben in vista in una bacheca le note della stroncatura di Tolkien e de il Signore degli Anelli da parte di Elio Vittorini e Vittorio Sereni, vertici di quella dirigenza dell’Arnoldo Mondadori molto vicina al P.C.I., che rifiutò la pubblicazione della trilogia, incapace di capire una favola moderna che contrapponeva radicalmente il bene al male e non celebrava Lucifero.
L’elogio di Giovanni Paolo II
Ma l’adeguatissima risposta a quelle scelte editoriali appare presto, quasi beffarda, nella parte finale della mostra in cui vengono riportati giudizi su Il Signore degli Anelli da parte di uomini di fama. E lì, ferme come macigni, le parole di Giovanni Paolo II inequivocabilmente spiegano senza timor di dubbi perché Frodo e Aragorn affascinarono giovani di destra dopo essere stati così tanto disprezzati da Vittorini & c.:
“Tolkien nella letteratura contemporanea riprende Bilboe Frodo ad immagine di chi è chiamato a camminare, ed i suoi eroi conoscono ed attuano, percorrendolo, il dramma in atto tra il bene ed il male…c’è qualcosa dentro e fuori di noi che ci chiama per realizzare il cammino. Uscire, andare, concludere, accettare la scoperta e rinunciare al rifugio…questo è il cammino”.
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Quasi a far da guardia allo scrittore inglese, in una stanza attigua alla mostra, uno di fronte all’altro, un grande quadro degli anni ’30 di Mario Sironi, “Il Costruttore”, ed un sacco di Alberto Burri., severe e limpide espressioni di quella volontà di dover essere che tragicamente riempie di significato l’esistenza: chi meglio dei membri della Compagnia dell’Anello ne fu interprete?