Metti tre leggende del pallone inviperiti contro chi detta le regole del gioco. Metti un super-campione (che fu), paladino più o meno inconsapevole dello status quo della Federazione. Metti che in ballo, oltre ad un posto alla Conmebol (corrispondente sudamericano dell’Uefa), ci sia lo scettro di calciatore più grande della storia del football. Ce n’à abbastanza per un cocktail esplosivo come mai, noi poveri europei costretti a sorbirci il grigiocrate Michel Platini, potremmo mai apprezzare dalle nostre parti.
Andiamo con ordine. Attorno ad un tavolo, in Brasile, si son riuniti tre giganti del calcio di tutti i tempi: il ‘Baixinho’ Romario, il ‘portiere volante’ José Luis Chilavert e poi el Pibe de Oro Diego Armando Maradona. Tutti e tre ce l’hanno a morte con la Conmebol, la federcalcio continentale. E tutti e tre scendono in campo per sostenere la candidatura di Andres Sanchez, già presidente del Corinthians che ambisce a guidare la Federcalcio carioca della Cbf e che spera in un posto d’onore alla Conmebol.
Tre campionissimi che non hanno paura di nessuno. Chilavert chiama tutti a raccolta: «Dobbiamo fare la rivoluzione nel calcio sudamericano. Non è possibile che, giunto il momento del ritiro, i calciatori siano abbandonati a loro stessi mentre i dirigenti Conmebol si arricchiscono sempre di più, pur non avendo mai toccato un pallone».
L’onorevole Romario ci va giù pesantissimo: «E’ vergognoso quello che succede in Conmebol. Non credevo potesse esistere un’organizzazione più corrotta della Fifa o della Cbf. L’etica si deve riappropriare del calcio e noi vogliamo mettere le cose in chiaro, una volta per tutte. Chi ha sbagliato deve pagare e chi ha commesso reati deve andare in galera».
Poi la palla passa a Diego Armando Maradona: «Col nostro progetto vogliamo offrire soluzioni. Chi vuol essere complice della rapina Conmebol sappia che prima o poi verrà preso». Ma El Diez sa bene che ha tutti contro. I poteri forti, l’attenzione dei media, ci vuole qualcosa che dribbli e spiazzi che imponga all’attenzione del mondo la ‘rivolta’ dei campionissimi. Altrimenti è costretto a vivacchiare nelle maglie asfissianti del silenzio. E l’assist, al Pibe, glielo fa un giornalista brasiliano che, mostrandogli una foto che ritrae Pelé in compagnia del Kaiser Franz Beckenbauer in uno spogliatoio, al termine della partita, gli chiede chi sia il più grande.
E Diego lo spiazza e segna il gol più importante: bucare lo schermo, imporsi all’attenzione del mondo. «Chi è il più grande? Di sicuro quello lì ce l’ha piccolo». Uno schiaffo sonoro e urticante al simbolo del Brasile e del calcio delle sigle ufficiali al Buono da parte del Cattivissimo Maradona. La cui eco rimbalza in tutto l’orbe terracqueo.
O Rey, sì, come Pipino il Breve…