La sfida occupazionale deve fare i conti – in questi anni di trasformazioni tecnologiche – con la difficoltà a trovare figure lavorative in grado di coprire le richieste delle aziende. I numeri parlano chiaro.
Mentre le assunzioni programmate per settembre 2023 sono 531 mila (l’1,3% in più rispetto all’anno scorso) i casi in cui non si trovano candidati adatti sono saliti in un anno di cinque punti percentuali fino al 48%. E per molte figure tecnico-ingegneristiche e di operai specializzati le assunzioni scoperte toccano punti del 60-70%.
Il problema più frequente per le imprese è proprio la “mancanza di candidati” per il 31,7%, mentre la “preparazione inadeguata” si attesta al 12%. Mancano operai specializzati, conduttori di impianti e le professioni tecniche.
A livello territoriale le imprese delle regioni del Nord Est sono quelle più in difficoltà, con il 53,4% del personale ricercato difficile da trovare, una quota ben superiore a quella registrata nel Sud e Isole (43,5%) e nel Centro (45,9%), mentre il valore nel Nord Ovest (47,4%) si mantiene vicino alla media.
Per rispondere alle esigenze delle imprese, sale il ricorso alla manodopera straniera che passa dalle 95mila assunzioni dello scorso anno, pari al 18,2% del totale, alle attuali 108mila, pari al 20,4%.
Questi dati non sono una novità, né riguardano solo il nostro Paese. Attualmente oltre tre quarti delle imprese dell’Ue incontrano difficoltà a trovare lavoratori qualificati e già nel 2021 in ben 28 attività lavorative (dall’edilizia all’assistenza sanitaria, dall’ingegneria all’informatica) si registravano carenze in termini di competenze.
Non a caso il 9 maggio 2023 ha preso il via l’Anno europeo delle competenze con lo scopo di sensibilizzare istituzioni europee, Stati membri, parti sociali, imprese e lavoratori dell’Unione a investire nella formazione e nello sviluppo delle competenze per superare la carenza di manodopera e responsabilizzare gli individui a partecipare attivamente alle transizioni in corso del mercato del lavoro attraverso la formazione continua.
Per perseguire l’obiettivo la Commissione promuoverà iniziative per migliorare il livello delle competenze e di riqualificazione; attività di analisi del fabbisogno di competenze; azioni per favorire un più agevole riconoscimento delle qualifiche, comprese quelle rilasciate al di fuori dell’Ue.
Centrale, in quest’ottica, appare la necessità di intervenire sulla Scuola, snodo essenziale tra formazione e richieste delle aziende. Qualcosa – da questo punto di vista – si sta muovendo.
A partire dall’anno scolastico 2023/2024, in Italia saranno circa 40.000 i docenti, tutor e orientatori, che supporteranno gli studenti di circa 70.000 classi dell’ultimo triennio. I primi 150 milioni di euro sono già stati stanziati per finanziare questa misura che consentirà agli studenti di avere percorsi personalizzati e inclusivi e di avviare una nuova alleanza fra scuola e famiglie. I tutor, in particolare: dovranno aiutare ogni studente ad acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità, supportando le famiglie nei momenti di scelta dei percorsi formativi e/o professionali degli studenti. Gli orientatori, in particolare, favoriranno, anche grazie alla piattaforma digitale unica per l’orientamento messa a punto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, l’incontro tra le competenze degli studenti, l’offerta formativa e la domanda di lavoro per consentire una scelta informata e consapevole del percorso di studio o professionale da intraprendere.
A breve dovrebbe inoltre arrivare in Parlamento un disegno di legge che conterrà la riforma degli istituti tecnici e professionali. Una riforma che darà concretezza all’idea del Ministro Valditara di legare sempre più la scuola con il mondo del lavoro. L’obiettivo del Ministero è far nascere appunto la filiera formativa tecnologico-professionale destinata ad affiancare in un’ottica di “campus” istruzione professionale statale, Ie Fp regionale e Its Academy.
Dopo una fase di elaborazione con le regioni, il mondo produttivo e i sindacati, il progetto dovrebbe prendere il via dall’anno scolastico 2024/2025.
I punti cardine del progetto sono quattro.
Prima di tutto l’attivazione dei percorsi quadriennali, che mira a rilanciare la sperimentazione delle superiori in quattro anni, anziché cinque. Sperimentazione che non è mai decollata e che anzi si è trasformata in un flop.
L’altro punto importante della riforma sarà l’apprendistato formativo e alternanza scuola-lavoro già dal secondo anno, che dovrebbe contare almeno fino a 400 ore complessive.
Uno degli aspetti maggiormente sottolineati in questi mesi dal Ministro Valditara sarà la quota di docenti provenienti dal mondo produttivo e professionale che serviranno a potenziare la didattica, “per offrire specializzazioni – ha spiegato Valditara – che il sistema scolastico da solo non riesce a mettere in campo, arricchendo così il piano dell’offerta formativa”.
Un dato è certo: è necessario accelerare il nuovo processo formativo per mettere le scuole in condizione di rispondere alle richieste che arrivano dal mondo produttivo.
Ad emergere è una nuova domanda di modernizzazione che viene dal Paese e che va coniugata organicamente con la Scuola, i territori, i processi di trasformazione produttivi, il sistema infrastrutturale. Il laisser faire, laisser passer (lasciar fare, lasciar passare) in una società complessa ed in trasformazione come l’attuale mostra tutta la sua inadeguatezza. Niente può essere perciò lasciato al caso.