“Avevo compiuto diciotto anni ed ero stanco dei disordini. Non importava quante pietre tirassi, non riuscivo mai a sconfiggerli, gli inglesi ritornavano sempre. A diciotto anni e mezzo mi unii ai Provos e andai a combattere il potere di un impero”. (Bobby Sands)
Nei giorni scorsi il presidente americano Joe Biden è stato in vista a Belfast e in Irlanda del Nord: qui una corrispondenza dal Regno Unito.
Il padrone di casa è irlandese purosangue. Ne va fiero e dice che farà anche la prova del Dna per dimostrarlo. Buon sangue non mente, pensa. La mamma ultracentenaria, con gli occhi color lavanda, era cattolica, il babbo protestante, non hanno mai conosciuto screzi per la differente appartenenza religiosa. “Quando andavo al paese in vacanza in Irlanda mi chiedevano subito da che parte stavo”. dice. “Da nessuna, rispondevo, io sono irlandese, tanto basta”.
Uno dei migliori film di questi ultimi anni è “Belfast” del geniale Kenneth Branagh, non prende le parti di nessuno, non perora cause partigiane. La pellicola è un atto d’amore verso la sua terra, indimenticata e sull’assurdità di un eterno conflitto. Per spiegare il ginepraio delle contese fra cattolici e protestanti e individuare le cause del dissidio occorrerebbe l’enciclopedia, solo qualche cenno qui di seguito serve ad anticipare la complessità della sofferta relazione fra cattolici e protestanti.
La rivolta irlandese del 1641 inizia come un tentativo di colpo di stato della classe sociale cattolica irlandese che tentò di prendere il controllo dell’Irlanda, retta dal Regno d’Inghilterra, per ottenere maggiori concessioni per i cattolici. Fallito il colpo di stato la ribellione si risolve in conflitti etnici tra gaelici irlandesi e cattolici inglesi e tra protestanti irlandesi e presbiteriani scozzesi. Una polveriera che presto deflagra provocando le Guerre confederate irlandesi. Alla base i timori dei cattolici di un’invasione dell’Irlanda delle forze anti-cattoliche del Lungo Parlamento inglese e dei covenanters scozzesi, che sfidano l’autorità di Carlo I re d’Inghilterra, Scozia ed Irlanda. I ribelli pensavano che un’alleanza con Carlo avrebbe aiutato l’inizio di una guerra civile che avrebbe scardinato il dominio inglese in Irlanda…
Qui la ribellione scoppia nell’ottobre del 1641 seguita da mesi di violento caos prima che gli aristocratici cattolici irlandesi ed il clero formassero la Confederazione Cattolica Irlandese nel 1642. A rimettere le cose a posto, si fa per dire, ci pensa Oliver Cromwell che sconfigge i cattolici irlandesi ed i realisti.
L’Irlanda ottenne la piena indipendenza nel 1937, in precedenza aveva lo status di dominion all’interno del Commonwealth britannico, quando una nuova Costituzione abolì lo Stato Libero Irlandese e diede vita all‘Eire come nazione sovrana. L’Irlanda del Nord, a partire dal 1922, diventa una regione autonoma del Regno Unito e sino al 1972 il governo, con sede a Stormont, viene retto dal Partito Unionista, legato ai protestanti, l’Orange Order. I cattolici, qui lamentano pesanti discriminazioni ai loro danni. La loro forza elettorale diluita, il sistema elettorale manipolato… Denunciano discriminazioni nell’assegnazione delle case popolari, difficoltà nel trovare lavoro e cadono spesso vittime dello Special Power Act, che permette l’arresto senza convalida giudiziaria. Nel capitolo “ieri” c’è stato un ribelle cattolico, poi eroe, infine martire, poeta e scrittore, stroncato in galera dallo sciopero della fame. Protagonista delle insurrezioni per l’indipendenza irlandese Robert Gerard Sands. Bobby nasce in un quartiere protestante. Fin da piccolo avverte il disagio di vivere in una comunità appartenente a un credo religioso diverso dal suo, disagio che presto diventa minaccia reale, obbligando la famiglia a cambiare casa più volte per i soprusi patiti e ,le minacce ad opera dei protestanti. Morirà dopo esser stato eletto nel parlamento di Londra per il Sinn Fein dopo un lungo sciopero della fame, il 5 maggio 1981.
La tensione di questi giorni
Ieri, e oggi, aprile 2023: Scrive Luigi Mastrodonato su lifegate.it: “L’Irlanda del Nord è tornata a vivere momenti di tensione, dopo che alcuni uomini mascherati hanno attaccato un veicolo della polizia a Derry. L’episodio è avvenuto durante una manifestazione per l’anniversario dell’insurrezione irlandese contro i britannici nella Pasqua del 1916. Ma il 10 aprile era anche il 25esimo anniversario della firma degli Accordi del Venerdì Santo tra l’Irlanda e il Regno Unito, che hanno posto fine ai cosiddetti troubles, la guerra civile tra gli unionisti e i repubblicani. Un trattato che non ha mai fatto cessare del tutto le tensioni, con la questione nordirlandese molto lontana da essere risolta.
Proprio in questi giorni in Irlanda del nord bazzica Joe Biden che tenta di essere imparziale e che un paio di anni fa aveva fatto bacchettare Boris Johnson per le tensioni sulla Brexit, che mettevano in pericolo il processo di pace nell’Irlanda del Nord.
Su yahoo.com il presidente Usa in visita in Irlanda: “…Come amico, spero che non sia troppo presuntuoso affermare che ritengo che le istituzioni democratiche stabilite nell’accordo del Venerdì santo rimangano fondamentali per il futuro dell’Irlanda del Nord. È una decisione che dovete prendere voi, non io, ma mi sembra che siano correlate. Un governo efficace che rifletta il popolo dell’Irlanda del Nord e sia responsabile nei suoi confronti, un governo che lavori per trovare insieme modi per risolvere problemi difficili, avrà opportunità ancora maggiori in questa regione…Difendere la pace e rifiutare la violenza politica deve essere l’obiettivo”.
“Joe Biden ha fatto penzolare una carota da 5 miliardi di sterline davanti ai leader dell’Irlanda del Nord con la promessa di rilanciare l’economia del paese con investimenti statunitensi se la condivisione del potere verrà ripristinata”. Dicono i media inglesi.
Sull’Evening Standard del 12 aprile Nicholas Cecil annota: “…in un discorso al campus della Ulster University di Belfast, Biden avrebbe dovuto lanciare la prospettiva di maggiori investimenti statunitensi nell’Irlanda del Nord ma senza “condizioni”, come il ripristino della condivisione del potere”.
Il deputato unionista democratico intransigente Sammy Wilson ha subito messo in guardia il presidente, che è orgoglioso della sua eredità irlandese, dal venire nella provincia per “tenere conferenze” ai leader politici sulla democrazia. Accusando Biden di essere “estremamente partigiano”, ha detto a Talk TV: “Non accetterebbe alcuna interferenza negli affari dell’America da parte di organismi o governi stranieri”. L’Assemblea per la condivisione del potere di Stormont, istituita nell’accordo di pace, non è operativa a causa di una protesta del Dup sugli accordi commerciali post-Brexit… Ma la leader dello Sinn Fein Mary Lou McDonald ha sottolineato che Biden potrebbe portare “energia, scopo e urgenza” per far funzionare nuovamente Stormont, dove il suo partito ricoprirebbe la carica di vertice. A Dublino, Biden era già stato salutato come “il presidente più irlandese dai tempi di John F. Kennedy”. Parlando ai giornalisti prima della sua partenza, egli ha affermato che la sua massima priorità era “assicurarsi che gli accordi irlandesi e l’accordo rimangano in vigore, e mantenere la pace”.…L’Evening Standard del 12 aprile titola in prima pagina: “Il caos getta un’ombra sulla visita di Biden a Belfast”. Liam Coleman il 13 aprile su Metro: “Il presidente Joe Biden non è ‘anti-britannico’, ha affermato la Casa Bianca”. Nel testo: “Il presidente americano che ha spesso parlato delle sue origini irlandesi ha sollecitato un ritorno alla condivisione del potere nella regione… Il presidente ha detto alla folla “Il vostro futuro è il futuro americano”, un po’ di retorica non guasta, mentre l’Evening standard del 13 aprile un articolo di Nicholas Cecil titola: “Ci sono poche possibilità di un accordo di libero scambio con l’America prima delle prossime elezioni, dice Hunt”.
Il fuoco cova da secoli sotto la cenere della martoriata Irlanda e ricomincia a erompere incendiando auto della polizia, proprio come è accaduto il 10 aprile a Derry.