La mia prima conversazione con Renato fu telefonica: all’epoca ero ancora un ragazzino,
giovanissimo militante politico di una neonata Fratelli d’Italia, e mi divertivo facendo interviste per un noto blog d’area. Fu la prima di una serie infinite di telefonate.
Qualche mese più tardi, lo conobbi personalmente ad un’Assemblea Regionale di Partito sulle rive di uno dei tanti laghi della Lombardia, dove mi ero imbucato senza essere invitato, con la complicità del mio Segretario giovanile di allora. Parlammo di Alain De Benoist e
scoprii – con una certa sorpresa – che anche lui era (stato) parabiaghese.
Renato è stato uomo di parte, di Partito e di Componente, aveva un carattere difficile, ma
anche e soprattutto una cultura ed un’intelligenza fuori dal comune. Era capace di mandarti
a quel paese in modo tale che tu fossi impaziente di partire per la tua – in verità, poco
gradevole – destinazione.
Nel 2015, affrontammo la campagna elettorale per le Elezioni Amministrative di Parabiago
e Renato diede una mano – oltre a lavorare per il Partito – a tutta la coalizione di
Centrodestra. Il nostro risultato fu – come quasi sempre nella nostra Città – al di sopra della
media nazionale, ma insufficiente per sbloccare il seggio in Consiglio Comunale.
Il Segretario del Partito – che era Assessore uscente – fece saltare il banco: il Partito lasciò
la coalizione e – dopo poco – lui lasciò il Partito in polemica. Ci ritrovammo soli, Renato ed
io, lui già costretto ad una vita sedentaria – smise anche di fumare – da più di un problema
di salute ed io – poco più che ragazzino – che avevo fatto fino a quel momento quasi solo
politica giovanile e poco sapevo delle complessità e delle insidie della politica locale.
Nonostante tutto, io ricostruii il Partito e lui – con la sua autorevolezza – lo riportò nella
coalizione. L’orizzonte era quello delle Elezioni Amministrative del 2020.
Renato Besana su Radio radicale qui
Intanto, io stavo crescendo, ero diventato prima Federale e poi membro dell’Esecutivo
Nazionale di Gioventù Nazionale. Renato – che, come detto, aveva un carattere difficile –
aveva un punto di vista lontano da quello del Partito – che era in piena fase euroscettica,
provando a rincorrere la Lega (ex) Nord di Salvini – perché Renato era un “rompicoglioni” e
diceva sempre e comunque la sua, incurante di quanto potesse essere scomoda.
La campagna elettorale del 2020 fu una delle più brutte a memoria d’uomo, eravamo
impreparati ed inesperti e – soprattutto – in tanti lavoravano contro di noi: la sua competenza
e il mio entusiasmo facevano paura. Eleggemmo due Consiglieri Comunali, io fui uno di
quelli.
Negli ultimi anni, discutemmo molto: io – forse per carattere e forse per età – sono
intransigente, lui – invece – aveva previsto l’apertura al Centro e la nuova stagione di
Governo. Ancora una volta, aveva ragione e io mi sento sempre più spesso “l’ultimo dei
Mohicani”, ultimo figlio di una madre ormai vedova.
Renato è stato un amico, un consigliere, un consimile e molto altro, l’unica cosa di cui sono
felice e di avere avuto l’opportunità di dirgli almeno una volta che gli volessi bene e che il
nostro rapporto trascendeva quello di due persone iscritte e militanti nello stesso Partito, di
lui ricorderò sempre le sue citazioni leggendarie sulla politica, ma le più divertenti sono
quelle sugli uomini (“la sua ignoranza non presenta lacune”, detto di un notabile della politica
locale, e il sempreverde “se non lo capisci da solo, è inutile che io te lo spieghi”).
Avevamo un caffè in sospeso, diceva che doveva darmi dei testi di Evola, di Rauti o qualcun
altro che riteneva che – ormai – stessero meglio nella mia libreria piuttosto che nella sua.
Lo berremo tra qualche – speriamo tante! – decina d’anni, in quell’angolo di cielo, che gli
Dei riservano a quelli come noi.
Te l’ho detto una volta, te lo ripeto ora: ti voglio bene. Ciao, caro e vecchio amico mio.
Il ricordo di Paola Frassinetti