Del convegno di Roma su come pensare l’immaginario nazionale (i cosiddetti stati generali della cultura di destra, secondo la definizione di alcuni) si è parlato diffusamente sui mezzi d’informazione, ma quasi tutti i giornalisti si sono limitati a dar conto della sezione pomeridiana in cui è intervenuto il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, oltre ai tre organizzatori Alessandro Amorese, Emanuele Merlino e Francesco Giubilei. Pochi, pochissimi hanno informato sull’esito degli altri incontri, che pure hanno coinvolto circa settanta ospiti provenienti da ogni parte d’Italia.
Un peccato perché, come spesso accade, nella botte piccola si nasconde il vino buono e anche nel corso di una kermesse che è stata forzatamente condotta a tappe forzate (“speed date”, l’ha ribattezzata qualcuno: cinque minuti a testa per esprimere la propria idea e proposta) è venuta a galla un’effervescenza culturale che sarebbe grave lasciar cadere nel vuoto. Una delle richieste della base, infatti, è stata proprio di non consentire che il convegno dell’hotel Quirinale rimanga una passerella di nomi illustri (oltre a Sangiuliano hanno partecipato Pietrangelo Buttafuoco, Stefano Zecchi, Camillo Langone, Alessandro Giuli, Davide Rondoni, Francesco Borgonovo, Federico Palmaroli “Osho”, Angelo Mellone e il probabile futuro direttore generale della Rai Giampaolo Rossi), bensì diventi il primo passo di un processo di reale coinvolgimento di tutte le risorse (intellettuali, scrittori, giornalisti, poeti, artisti, organizzatori, associazioni culturali e fondazioni) in un progetto di rilancio della cultura non omologata al mainstream progressista.
Non per costruire una nuova egemonia targata “destra”, come è stato scritto nelle inevitabili sintesi giornalistiche: se c’è un dato comune che è emerso da molti interventi è proprio il riconoscimento del fatto che la sinistra non ha mai avuto una vera egemonia culturale, quanto meno negli ultimi decenni. Caso mai ha saputo esercitare un’egemonia nei posti di potere della cultura, così da dominare nella divulgazione culturale e soprattutto nella distribuzione delle risorse pubbliche destinate a editoria, cinema, teatri, associazioni e nei vari enti preposti all’organizzazione di attività culturali. Come ha sottolineato Buttafuoco, ma non solo lui, la destra di governo ora ha la priorità non di “occupare” posti, ma caso mai di liberare risorse e idee dalle incrostazioni ideologiche di chi ha imperversato per cinquant’anni e soprattutto dalle minacce totalitarie del pensiero politicamente corretto e della cancel culture in arrivo dall’anglosfera. Quindi se egemonia dev’essere, deve puntare alla libertà e alla pluralità delle proposte culturali, non all’imposizione di un modello univoco.
In questo senso sono state importanti le indicazioni arrivate dalla “base”, ad esempio dagli amministratori pubblici che si sobbarcano le iniziative sul territorio, dagli organizzatori culturali, dai soggetti impegnati a vario titolo nelle attività piccole, e talvolta piccolissime, che finora hanno avuto poco spazio e quasi mai il supporto di risorse pubbliche. «Gli Stati generali dell’area culturale ‘non conformista’», ha osservato Fabio Meloni, promotore del festival Ideario di Cagliari, «vanno trasformati in un evento in grado di programmare e progettare, che contribuisca anche a combattere quel diffuso ‘virus’ dell’individualismo esasperato, del giardino da proteggere, dell’autoreferenzialità, che finora non hanno consentito di ‘fare rete’».
Di qui la proposta concreta di dar vita ad un Forum «dove far incontrare e dialogare i diversi eventi culturali, fino ad ipotizzare la formazione di un circuito nazionale da promuovere in maniera capillare, e un Salone nazionale del libro ‘non conformista’. Oltre ad una particolare attenzione per la formazione degli operatori culturali». Con un occhio di riguardo agli amministratori locali, che sia pure in eterna lotta per far quadrare i bilanci, devono riuscire ad accantonare risorse per le iniziative culturali e avere la consapevolezza che non si tratta di soldi buttati. «Anche perché», ha sottolineato Adolfo Morganti, scrittore ed editore romagnolo, «persino nel più piccolo Comune amministrato dal Pd il denaro per organizzare la mostra fotografica di Frida Kahlo lo si trova sempre; mentre quelli di centrodestra spesso danno l’impressione di pensare alla cultura come un inutile orpello».
Al di là dell’interessante carrellata di opinioni e dell’esibizione di “cervelli” raffinati, il convegno dell’hotel Quirinale avrà svolto il suo ruolo solo se sarà servito a seminare in vista di frutti futuri che dovranno maturare sul territorio nazionale (non solo a Roma, quindi, e non solo all’interno della Rai, che pure rimane la principale azienda cultuale italiana). Altrimenti sarà stata soltanto una piacevole passerella utile a ottenere un paio di servizi nei Tg e di titoli ad effetto sui giornali. Troppo poco per le legittime ambizioni di chi ha scelto di ripensare l’immaginario nazionale.