In tempi di guerra vicina, una frase del pensatore tradizionalista Guido De Giorgio mi ricorda come il Guerriero altro non sia che “il mago dei ritmi”. Lo fu di certo Ernst Junger la cui vita rassomiglia ad una sinfonia fatta di ritmi colti in anticipo e messi in spartito, atto per atto. Mi giunge così ironica una certa disputa che ne riguarda, per l’appunto, le scelte d’intuizione.
Una certa nostra destra conservatrice, esteticamente dotata e non priva di mezzi d’espressione, per quanto russofila e contraria al grande reset, si sta facendo portatrice di una versione del “passaggio al bosco” un tantino bucolica, classista, decadente. Tradotto: “Si salvi chi può, con un bel bicchiere di brandy in mano”.
Un’altra destra, invece, tanto rivoluzionaria quanto razionalissima e realista, forse più realista del re, per quanto si professi operaista (da l’Operaio jungeriano) titanica e futurista, si frustra, risentita, difronte alla jungerianissima “Mobilitazione Totale”, prometeica e forse eraclidea, della Terza Roma. Finendo per preferire Blackrock a Putin, la guerra per procura alla guerra guerreggiata.
Fosse in vita Junger individuerebbe quale forza sta sollevando Anteo, chi starebbe dando vita a Prometeo, chi ad Epimeteo. Sapendo riconoscere i ritmi magici del Guerriero. Al momento, da bravi italiani ci si divide fra fratelli per far piacere a Papà e Mamma.
Ma che senso hanno queste parole ‘in libertà’, senza una tesi vera, un ragionamento, una riflessione non superficiale? Anche perchè ogni settimana vengono qui publicati un paio di articoli su Jünger, scrittore e personaggio che non mi piace, tra l’altro…
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