Se fossi stato il presidente del Parlamento Europeo, quando Zelensky si è presentato a parlare nel più alto consesso del Vecchio Continente con un maglione girocollo, avrei fatto quello che il presidente della Repubblica Sandro Pertini fece con Bettino Craxi quando, il 4 agosto 1983, gli si presentò in jeans per ricevere l’incarico di primo ministro: l’avrei rimandato a cambiarsi. O, visto che probabilmente una giacca, una cravatta e una camicia non fanno parte del bagaglio del presidente ucraino, gliele avrei procurate io. Con tutte le spese inutili del Parlamento europeo, un migliaio di euro per fornire all’ex (?) comico un guardaroba decente sarebbe stato una spesa tutt’altro che ingiustificata e comunque, fra i tanti lobbisti che proliferano fra Strasburgo e Bruxelles, non sarebbe stato difficile trovare uno sponsor.
Sono sempre stato convinto che l’abito faccia il monaco, e infatti il declino della Chiesa cattolica è cominciato quando i sacerdoti hanno cominciato a smettere prima la talare, poi anche il più pratico clergyman. Presentarsi a un consesso, ma anche a un circolo privato o a un salotto in cui si è stati invitati con un abito casual è indice di scarso rispetto per l’ospite. Quando vedo, nei ristoranti dei grandi alberghi, turisti americani in calzoncini corti serviti da camerieri in giacca e cravatta, mi domando se la dea Fortuna non abbia sbagliato nel distribuire le sue grazie. Oltre tutto, mentre nei ristoranti sono i clienti a lasciare la mancia, all’Europarlamento è stato Zelensky a chiedere un pourboire consistente non solo in qualche miliardo in armi, ma nell’ingresso del suo Paese nell’Unione Europea.
Gli errori di Putin e l’antipatia per Zelensky
Non dico questo per simpatia per Putin (che ha sbagliato, e pagherà e sta già pagando caro il suo errore), né solo per un’antipatia di pelle nei confronti di Zelensky. Certo quest’ultimo, con il suo considerarsi sempre in credito col mondo, col suo farci sentire in colpa se non accondiscendiamo alle sue richieste, con le sue pose napoleoniche (similitudine, mi rendo conto, di cattivo auspicio per chi è in guerra con la Russia), non mi resta simpatico, come non mi rimaneva simpatico Pertini, che in nel suo pretendere da Craxi un abbigliamento più formale però aveva ragione. Ma la mia avversione per quanti si rendono liberi di snobbare le regole del galateo istituzionale, specie quando sono ospiti, è, come va di moda oggi, bipartisan. Quando, nel richiedere al Parlamento ungherese i pieni poteri per la pandemia, Orban si presentò dinanzi ai deputati incravattati con la camicia aperta alla Robespierre, espressi le mie perplessità nel mio L’anno del coccodrillo. Diario di un confinato per pandemia. Uno dei miei livres de chevet è l’Elogio della cravatta del conte Giovanni Nuvoletti (e pazienza se lo è anche di Luigi Di Maio, che l’ha citato nel suo discorso di addio ai pentastellati).
Naturalmente, quella della cravatta non è solo una questione estetica. Dietro il maglioncino di Zelensky ci potrebbero essere altri sottintesi, che sarebbe un errore sottovalutare. Uno di essi potrebbe essere questo: “Io combatto, io rischio la vita, e non ho tempo per certi formalismi come voi che state qui a fare i balocchi”. In realtà, non credo che Zelensky si trovi in prima linea, anche se bisogna riconoscergli il merito di non essere fuggito il 24 febbraio di un anno fa, quando gli americani gli offrirono asilo. E poi non è detto che per fare la guerra non si debba avere una tenuta decente: gli inglesi conquistarono mezzo mondo con uniformi eleganti e magari poco pratiche, basti pensare a una scena chiave di un grande film come Zulu, quello del 1964 con Michael Caine.
Detto questo, il fatto che quella dell’armata russa non sia stata una passeggiata militare e che sia fallito il progetto di Putin di fare dell’Ucraina uno Stato satellite, si è rivelato provvidenziale per noi europei; un po’ meno purtroppo per le centinaia di migliaia di vittime civili e militari del proseguimento della guerra. Se la sfera d’influenza russa fosse arrivata al confine con la Polonia, sarebbe bastato un qualsiasi incidente di frontiera, uno Ual Ual del XXI secolo, per scatenare, in seguito al meccanismo delle alleanze, la terza guerra mondiale. L’attuale posizione di stallo potrebbe invece rendere possibile prima un armistizio, poi una pace fondata sul riconoscimento dell’autonomia dei territori russofoni e su attendibili garanzie della neutralità ucraina. Ma finché Zelensky riceverà, gratis et amore Dei, carri armati, sistemi antimissile e magari aerei da combattimento, questo rimarrà improbabile.
Sotto questo profilo le recenti affermazioni di Berlusconi, secondo cui il presidente Usa dovrebbe promettere a Zelensky un piano Marshall per la ricostruzione del suo Paese, ma al tempo stesso negargli ogni ulteriore soccorso nel caso intenda proseguire a oltranza la guerra, rivelano un’indubbia saggezza. Non si tratta di imporre una scelta all’Ucraina, che è uno Stato sovrano; si tratta soltanto di prospettare la revoca di aiuti che non le spettano in base ad alcun trattato e che rischiano di comportare un allargamento del conflitto, rovinoso in primo luogo per i suoi abitanti.
Sarebbe un ricatto, sia pure addolcito dalla promessa di qualche miliardo di dollari? Può darsi. Resta il fatto che, finché Zelensky continuerà con i suoi propositi di un duello all’ultimo sangue con il gigante russo, con le sue richieste di un tribunale internazionale per crimini di guerra, con i suoi ricatti morali all’Occidente, è difficile ipotizzare soluzioni diverse. E, a furia di continuare a prosternarsi davanti alle sue felpe e ai suoi girocollo, l’Europa rischia di ritrovarsi in mutande.
Bell’articolo. Concordo
Sull’abbigliamento militare degli inglesi e britannici ho qualche dubbio, almeno per la WWII. Da Montgomery in giù andavano per lo più in bermudas e scamiciati. Il generale Farlane si presentò al Re Vittorio Emanue lII così. Vabbè ch’era un piccolo sovrano sconfitto, ma …noblesse oblige! (gli inglesi, nel fondo, sono i cafonastri hooligans più che i nobili che uscivano da Eton, dove imparavano non molto a livello di sapere, ma un po’ di educazione sì, sia pure a base di six of the best della cane..). Poi, una cosa è l’autopromozione propagandistica (da Lord Brummel in giù, passando per ‘Zulu’ e Sean Connery, che neppure sapeva maneggiare bene le posate), un’altra la realtà, obviously….
Ennesimo inconsistente articolo che prova a “personalizzare” l’invasione russa dell’Ucraina per confondere le acque.
Come se dovessimo aiutare l’Ucraina perchè ci piace Zelensky e NON piuttosto perchè è stata invasa dalla Russia.
Come se il punto fosse come si veste Zelensky o che mestiere facesse prima di diventare Presidente dell’Ucraina e NON che i Russi hanno violato l’integrità territoriale di uno stato sovrano per installare con la forza un regime a loro amico o, in subordine, annetterne una parte.
Sembra che il problema sia chi che prova a difendere l’integrità territoriale dell’Ucraina e NON chi vuole distruggerla.
Lo ripeto. E’ per questo che dobbiamo sostenere l’Ucraina: per far fallire i piani di chi vuole cambiare la carta geografica dell’Europa con i tanks. Se Putin raggiunge questo obiettivo, dopo l’Ucraina toccherà ad altri.
Ma se per arrivare ad un cessate il fuoco, ad un armistizio e magari alla pace, si dovrebbero riconoscere i territori russofoni e garantire la neutralità dell’Ucraina, potremmo ben dire che la responsabilità massima di questa guerra è di tutti quelli che non hanno voluto ascoltare le “condizioni” ante conflitto di Putin inducendolo all’errore ?
CARLO Noi non siamo alleati dell’Ucraina e non è nostro compito raddrizzare le gambe ai cani. Un intervento lecito sarebbe stato quello dell’Onu, come quando l’Iraq aggredì il Kuwait. In questo caso, però, tale intervento è reso impossibile dal veto della Russia, che come potenza vincitrice della seconda guerra mondiale ha il diritto di veto. Nutro seri dubbi sulla liceità di questo procedimento, che cristallizza i rapporti di forza di quasi ottant’anni fa, ma le cose per ora stanno così.
Quello cui dobbiamo mirare sono due obiettivi: impedire che la Russia si avvicini troppo ai confini dell’Unione Europea e avere una Ucraina neutrale, come Stato cuscinetto fra Est e Ovest. Per questo secondo me un suo ingresso nell’Ue e soprattutto nella Nato sarebbe rovinoso: rischieremmo di precipitare per la logica delle alleanze in un terzo conflitto mondiale, contro una potenza che detiene un temibile arsenale nucleare. Per questo mi sembra giusto far capire a Zelensky che è giusto arrivare a un armistizio e poi a una pace, sacrificando qualcosa, alternando il bastone (la minaccia di sospendere gli aiuti) alla carota (la promessa di un piano Marshall). In questo ha ragione Berlusconi, di cui non sono mai stato un ammiratore, ma che in questo caso ha interpretato il sentire comune della maggioranza degli italiani.
Carlo, rispetto la tua posizione, ma permettimi due puntualizzazioni. La prima è che l’Ucraina non è poi così sovrana. Del resto l’unica trattativa che possa produrre degli effetti concreti sul campo è tra Washington e Mosca. La seconda è una domanda: ok sostenere l’Ucraina ma fino a che punto vorresti spingerti ? Pensi che una guerra totale con la Russia possa giovare all’Italia e all’Europa ? In ultimo, ripeto, non bisogna mai dimenticare cosa ha portato all’invasione. La responsabilità è quanto meno condivisa.
L’Ucraina storicamente non esiste. È Russia. Molta più storia ‘propria’ hanno un ‘infinità di Stati e regioni, a partire da Sicilia e Sardegna. È una infame e cinica guerra per procura, mossa da Washington all’Europa in primo luogo, per evitare che l’Europa occidentale possa pontare sulle risorse energetiche del suolo russo. Vecchia geopolitica, of course.
Non ‘pontare’, pardon, ma ‘condividere le risorse energetiche’.
Carlo. Il tuo ragionamento è uguale a quello di Zelensky. Non solo nessuna originalità, ma zero consistenza, girala come vuoi.
Carlo. Hai la vocazione del ‘poliziotto del mondo’? Ti ispiri a Roosevelt o allo scorreggione Biden?
Concordo con l’autore Interessante