“UFO 78” di Wu Ming è un po’ come quei vecchi gialli tradizionali inglesi nei quali, alla fine, il colpevole è sempre il maggiordomo. Questo non è proprio un giallo, anche se c’è un duplice omicidio da scoprire, e si parla soprattutto di astronavi aliene, rapimenti spaziali, del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro, della controcultura giovanile, del femminismo, della piaga dell’eroina alla fine degli anni Settanta e della nascita delle comunità hippie per i recupero dei tossici. Ma alla fine i cattivi (e colpevoli) sono sempre i fascisti.
Dev’essere una vera ossessione per il collettivo di scrittori (quattro o cinque, a seconda dei periodi e delle opere prodotte) che ha esordito a fine anni Novanta come Luther Blissett Project e in seguito ha assunto questo nom de plume, che in cinese significa “nessun nome”, producendo numerosi romanzi storici di successo. Un’ossessione “nera” non dissimile da quella di molti giovani di estrema sinistra vissuti proprio negli anni Settanta, che vedevano il pericolo fascista spuntare dappertutto e aspettavano ogni giorno l’inevitabile golpe militare promosso dai perfidi seguaci del Duce.
Questa evidente deformazione mentale porta il gruppo di scrittori a descrivere il “nemico” in forma stereotipata, per non dire macchiettistica, priva di qualsiasi spessore psicologico e in sostanza anche di aderenza storica. Non il fascista com’era nel 1978 (anno del secondo Campo Hobbit, tanto per citare en passant un evento lontano dall’immagine classica dei picchiatori e bombaroli), ma il fascista come i “compagni” pensavano che fosse. E tutto sommato come volevano che fosse: becero, violento, sadico, senza scrupoli e naturalmente asservito alle trame del potere occulto più reazionario.
Un peccato, perché “UFO 78”, pubblicato da Einaudi, è nel complesso un’interessante tentativo di recuperare parte della storia e della cultura popolare (ma politica al tempo stesso) degli ultimi anni del decennio di piombo, culminato appunto con il sequestro e l’uccisione del presidente della Dc da parte delle Brigate rosse. Un periodo nel quale divampa il terrorismo di destra e di sinistra ma allo stesso tempo prende forma una specie di evasione collettiva verso i paradisi artificiali (droghe, soprattutto l’eroina) e verso l’attrazione per i mondi alieni: sulla scorta del film di Spielberg “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, uscito a febbraio di quell’anno, il 1978 farà registrare il record di presunti avvistamenti di UFO e di navi extraterrestri. In quello stesso periodo “Il giornale dei misteri”, rivista di parapsicologia, scienza e natura, simbolismo, esoterismo, ufologia, cultura insolita e attualità, arriverà a vendere centomila copie. Come dice un personaggio del romanzo, «Gli UFO aiutavano gli italiani a scaricare la tensione, esprimevano un desiderio “di evasione”, di fuga dalla politica, dagli scontri ideologici, dalla violenza. Una voglia di disimpegno, voglia di sognare».
Ed ecco quindi comparire nelle pagine dei Wu Ming un mondo che oggi a noi può sembrare veramente “alieno”, fatto di gruppi di ufologi oltranzisti, di radio libere che ospitavano trasmissioni sulle apparizioni extraterrestri, di libri su fantarcheologia e civiltà di altri mondi e riviste che censivano gli “incontri ravvicinati” con i marziani, di studiosi che cercavano di coniugare marxismo e arrivo dei dischi volanti, di comunità hippie e fanzine dedicate alla musica alternativa. In questo scenario all’apparenza demenziale si muovono diversi personaggi, a cominciare dalla riuscita figura dello scrittore di fantarcheologia e mondi alieni Martin Zanka, ricalcata su quella reale di Peter Kolosimo (1922 – 1984), ex partigiano, comunista, giornalista e autore di veri best-seller di fantascienza e ufologia nella decade dei Settanta.
“Aldo Moro – è scritto nella scheda di presentazione del volume – è stato rapito e ucciso e in Italia cala lo stato d’emergenza, mentre le droghe sfondano ogni argine. Si alternano tre papi in Vaticano e prendono forma le ultime grandi riforme sociali e mentre tutto ciò accade sempre più italiani vedono dischi volanti e gli alieni imperversano nella cultura pop. Milena Cravero, giovane antropologa, studia gli appassionati di UFO in una Torino cupa e militarizzata. Martin Zanka si appresta a consegnare all’editore l’ennesimo best-seller sui viaggiatori intergalattici, ma è stanco del proprio personaggio ed è stanco di Roma. Intanto il figlio ventenne Vincenzo, ex eroinomane, vive a Thanur, una comune in Lunigiana, alle pendici di un monte misterioso, il Quarzerone. Luogo di miti e leggende, fenomeni inspiegabili e casi di cronaca mai risolti. L’ultimo risale a due anni prima: Jacopo e Margherita, due scout adolescenti, sono svaniti nei boschi e mai ritrovati”.
Intorno alla loro scomparsa, un vortice di storie e personaggi. Zanka si mette in testa di abbandonare marziani e civiltà aliene e di investigare su un fatto di cronaca vero, l’indagine è appassionante ma la soluzione, oltreché scontata, arriva un po’ presto, a cento pagine dalla fine. Come previsto è stato il maggiordomo.
Il solito pattume marxista e comunista.
Ho letto il libro, perché non ho paraocchi e so apprezzare un romanzo anche quando scritto da qualcuno che non la pensa come me, anzi, è proprio nemico politico. Il personaggio “fascista” (in realtà… “post-fascista” ante litteram) è proprio un fascista “del 1978” che viene dai campi Hobbit (qui ribattezzati Feste della Contea). Aveva una band di musica alternativa, ha una collezione di dischi che cerca di vendere (bisogna ammettere che le parodie dei nomi dei gruppi fanno ridere), ha un breve scambio di vedute sui campi Hobbit col negoziante di dischi, che è un altro personaggio importante e che accusa i campi Hobbit di essere emulazioni di Parco Lambro, al che il “nostro” risponde che pure Parco Lambro era un’emulazione di Woodstock. Blast? Mezzo blast. Il “nostro”, che si chiama Pardini, è un personaggio brillante e simpatico, anche nei suoi tratti più “fascisti”. È precipitato nella spirale dell’eroina, cosa che accadde a più camerati di quanto si ricordi (il sottoscritto ci perse un cugino di primo grado), e da lì gliene succedono parecchie. I colpevoli del delitto al centro del romanzo non sono proprio “i fascisti”, è più complicata di così e non si capisce a cento pagine dalla fine, quella è una mezza falsa pista. A essere descritti come beceri e sadici, a essere precisi, non sono tanto i fascisti “del 1978” ma CERTI fascisti «del 1972» e anche più attempati, di quelli che anteposero l’anticomunismo e la difesa dello stato borghese atlantista all’anticapitalismo e antiamericanismo, un errore che non solo io ritengo tragico oggi variamente ripensato. Se chiediamo agli antifascisti WuMing un’apertura intellettuale che nei nostri confronti non hanno, noi per primi dovremmo dimostrare onestà intellettuale e dimostrare che non siamo banali o banalotti parlando di quel che scrivono. Aggiungo che in nessun giallo il colpevole è il maggiordomo, è una caricatura buffa fatta a uso di chi non legge gialli, se accusiamo gli altri di procedere per stereotipi evitiamoli a nostra volta.