Luna di miele già finita tra il presidente cileno Gabriel Boric e l’ampia maggioranza di cittadini che alle elezioni dello scorso marzo gli ha permesso di trionfare contro il candidato di destra Kast? Sembra di sì, visto che dopo l’inattesa batosta al referendum per l’approvazione delle nuova costituzione (il 62% ha votato “no”, lasciando in vigore la vecchia carta redatta da Pinochet) stanno arrivando altri nodi al pettine per il giovane presidente di sinistra.
A sette mesi dall’inizio del suo mandato, che durerà fino a marzo 2026, solo il 27% dell’opinione pubblica lo approva, mentre il 65% lo disapprova, secondo un recente sondaggio del società Cadem. E secondo gli analisti cileni, questo accade in parte per gli annosi problemi strutturali del Paese, in parte per gli errori compiuti dal governo Boric nei suoi primi mesi di attività, primo fra tutti il tentativo frettoloso di far approvare una nuova carta costituzionale non abbastanza discussa e soprattutto non condivisa con le altre forze parlamentari. Ora Boric dovrà affrontare due temi che da anni scuotono l’opinione pubblica cilena: la riforma delle pensioni (uno dei detonatori che nel 2019 fece scoppiare la rivolta popolare contro il governo di centrodestra di Piñera) e i gravi problemi di ordine pubblico che infiammano la regione meridionale dell’Araucania, dove da tempo è in atto una guerriglia a favore dei diritti degli indigeni Mapuche.
Il progetto di riforma pensionistica arriverà in Parlamento a breve e sarà un ulteriore banco di prova per il governo di sinistra. L’attuale modello pensionistico risale al 1980, ai tempi della dittatura di Pinochet, e si basa sul risparmio obbligatorio da parte dei lavoratori che viene gestito dalle AFP (sistema di fondi privato), anche se dal 2008, grazie al governo della socialista Bachelet, esiste anche una pensione di base solidale che consiste in un contributo statale per le persone più povere. Secondo i dati diffusi da Boric, attualmente in Cile il 72% delle pensioni è inferiore al salario minimo ed il 25% dei pensionati riceve una pensione al di sotto della soglia di povertà, mentre le AFP percepiscono enormi profitti, anche quando i risultati dei fondi sono negativi. Il suo disegno di legge prevede un sistema di pensionamento misto, composto da contributi statali, dei datori di lavoro e dei lavoratori, e la creazione di un ente pubblico di gestione dei fondi per mettere fine all’esclusiva dei privati.
Il secondo problema riguarda l’escalation di violenza nelle zone meridionali del Cile, dove da alcuni anni le rivendicazioni della popolazione Mapuche, sostenute anche da elementi dell’estrema sinistra, hanno imboccato la strada della rivolta, in alcuni casi dell’aperta guerriglia. Nella regione dell’Araucania, la più povera del Paese, gruppi politici e sociali indigeni chiedono da anni la restituzione delle terre “ancestrali” sottratte e cedute negli anni Ottanta a famiglie private e grandi imprese, tra le quali alcune multinazionali straniere. La scorsa settimana Boric si è recato per la prima volta nella zona ed è stato accolto da violente proteste: ci sono stati blocchi stradali e attacchi incendiari a camion e treni. «Se pensano di intimidire me o questo governo, si sbagliano di grosso», ha commentato il presidente durante una conferenza stampa, parlando per la prima volta di «atti di natura terroristica» e paragonando gli incendi dolosi (sono bruciate una scuola e una chiesa) «ai nazisti che bruciavano sinagoghe negli anni Trenta e alla dittatura militare cilena che bruciava libri nel 1973». Ha inoltre annunciato la creazione di due centri di supporto per le vittime della violenza nella regione e l’aumento della sorveglianza sulle principali rotte di trasporto nell’ambito della lotta al furto di legno, oltreché maggior controllo degli armamenti e sul miglioramento della sicurezza alimentare.
Dichiarazioni che hanno disorientato buona parte del suo elettorato, che invece sostiene apertamente la protesta dei Mapuche. Un cambio di rotta che però Boric ha parzialmente mitigato annunciando anche l’insediamento di una commissione che dovrà esaminare le rivendicazioni territoriali delle comunità indigene e proporre sistemi per saldare il debito che lo Stato cileno ha con le popolazioni locali. Inoltre, pur mantenendo lo stato di emergenza nel territorio araucano, il presidente ha ribadito che non applicherà la legge antiterrorismo come invece era accaduto durante le amministrazioni Bachelet (socialista) e Piñera (conservatore). È evidente la strategia di Boric di separare le rivendicazioni dei Mapuche dalle pratiche di lotta delle frange radicali, a costo di giocarsi il sostegno di quella parte della sinistra che finora ha apertamente simpatizzato per la guerriglia. E magari di riguadagnare consenso tra i cileni più moderati, che hanno bocciato la nuova costituzione anche perché dava fiato alle richieste indigene più estreme.
La svolta moderata del presidente Boric ovviamente gli sta alienando le simpatie dei gruppi radicali di sinistra, gli stessi che all’inizio hanno sostenuto la sua carriera politica e accompagnato la sua ascesa al potere. Nelle scorse settimane migliaia di manifestanti sono tornati a riunirsi in Plaza Italia a Santiago (che in occasione delle grandi proteste del 2019 era stata ribattezzata Plaza Dignidad) per criticare il governo del presidente Boric, accusandolo di reprimere la protesta sociale con lo schieramento in città di migliaia di poliziotti e “carabineros”. Nel corso dei tafferugli contro i manifestanti sono stati usati gas lacrimogeni e idranti, tanto da spingere alcuni esponenti di sinistra ad attaccare esplicitamente il presidente. Carmen Soria, figlia di un diplomatico assassinato dalla dittatura nel 1976, ha detto: «Io sono in Plaza Dignidad e voi (il governo) siete una vergogna. Ci state facendo reprimere dalla polizia con spray al peperoncino e idranti. Siete uguali al governo di Piñera».
«L’attuale governo e i suoi dirigenti si sono illusi che per risolvere i problemi fosse sufficiente sostituire l’élite alla guida della nazione – commenta il professor Juan Pablo Luna dell’Universidad Catòlica, un politologo considerato vicino al presidente – ma in realtà la questione politica più importante è la lontananza dalla gente e lo sradicamento sociale che anche il Frente Amplio (la coalizione presidenziale, ndr) condivide con gli altri partiti. Oltre a una visione piuttosto ingenua sulla superiorità morale con la quale la nuova dirigenza è arrivata alla Moneda. In realtà la società cilena non si può governare con Twitter o con i social network e neppure con annunci di presunti progetti di legge; Boric sta capendo che la gradualità è importante per poter legittimare i cambiamenti politici più profondi».
Spero venga cacciato dal popolo a calci in culo, non dai militari, che nel 1973 fecero un martire di quell’inutile amico di Castro di Allende…