Cinquant’anni fa nasceva a Roma l’Istituto di Studi Corporativi (Isc) , tra i più significativi e longevi istituti collaterali del Movimento Sociale Italiano. L’atto di costituzione porta infatti la data del 2 ottobre 1972. L’inaugurazione venne celebrata al Grand Hotel Palatino di Roma il 30 ottobre 1972. Un anno prima era stata la “Rivista di Studi Corporativi” a svolgere una sorta di lavoro preparatorio, propedeutico alla creazione dell’Istituto, fondato, nel segno del superamento della concezione classista, sulla base dell’idea della rappresentanza politica per categorie e competenze.
Proprio per il valore di questa esperienza e per la sua centralità nel dibattito sull’identità missina, l’Isc conserva, ancora oggi, un valore particolare per comprendere le ragioni profonde di una certa “destra all’italiana” ed il ruolo di un ceto intellettuale che intorno ai temi della socialità e dell’ “alternativa” politica, diede, nel corso dei decenni, significativi, originali contributi.
Al centro la dottrina corporativa, vista – come scrisse Gaetano Rasi, che ebbe un ruolo fondamentale nella vita dell’Istituto e della rivista ad esso collegata – “non soltanto quale risposta alla crisi delle vecchie concezioni – ossia non solo quale rimedio alle insufficienze dello Stato liberal-democratico – bensì quale concezione specifica per esprimere la nuova società della partecipazione diffusa e delle decisioni decentrate nell’ambito della programmazione unitaria e per realizzare la nuova economia, prodotta dalle tecniche avanzate e dalle comunicazioni in tempo reale”.
Nessun richiamo “nostalgico” perciò, e niente a che fare, con le banalizzazioni ancora correnti, secondo cui il corporativismo è associato alla difesa particulare degli interessi di gruppo, professionali e lavorativi: una battaglia non facile nella “guerra delle parole”, che ha segnato ed ancora segna la nostra vita politica e culturale, ma che, proprio per la serietà e volontà dei protagonisti e per il valore delle risposte date ad una crisi sistemica della democrazia italiana, conserva un interesse attuale. Se non altro, in via di principio, a livello di ricostruzione delle vicende che hanno segnato la storia dell’Isc e del “sogno” di un’alternativa che, per decenni, pervase una parte significativa della destra italiana.
Di questo “sogno” – proprio nell’anno che ricorda il cinquantenario della nascita dell’Isc – si è ora fatto carico Rodolfo Sideri, studioso attento del movimento delle idee tra Ottocento e Novecento, collaboratore della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, nonché membro del Consiglio direttivo del Centro per la filosofia italiana. Con il suo “Sognando l’alternativa. Storia dell’Istituto di Studi Corporativi” Sideri ha svolto un’indagine accurata, lavorando soprattutto sui documenti (a cominciare dal ricco archivio dell’Istituto conservato presso la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Roma) nell’intersecarsi, non banale, con la Storia del Msi, con le elaborazioni politiche dei suoi esponenti, con l’autentico “attivismo” culturale che segnò la storia dell’Isc.
Nella puntuale ricerca di Sideri emergono i rapporti interni al gruppo dirigente missino (non sempre unanime nel riconoscere la necessità dell’alternativa corporativa); il ruolo di Giorgio Almirante, tornato alla guida del partito dopo la scomparsa di Arturo Michelini ed impegnato ad enfatizzare gli aspetti politici ed economici in grado di dare al Msi una maggiore visibilità; la ricca elaborazione culturale sulle tematiche politico-economiche, che – come ebbe a riconoscere Piero Ignazi, studioso ben lontano dalle tesi dell’Isc – produsse “materiali di ricerca e di dibattito culturale, che benché ‘ortodossi’ si staccano dalla piattezza delle formule nostalgiche”. In quest’opera un ruolo importante ebbero, oltre a Rasi, Ernesto Massi, figura di spicco della “sinistra nazionale”, docente universitario e presidente della Società Geografica Italiana; Diano Brocchi, sindacalista nazionale e teorico della “democrazia corporativa”; Franco Tamassia, docente universitario, insieme ad una numerosa pattuglia di giovani studiosi e giornalisti.
Oltre gli aspetti dottrinari e storici, con richiami al mazzinianesimo, al Giovanni Gentile di Genesi e struttura della società, alla Dottrina Sociale della Chiesa, al corporativismo irrealizzato degli Anni Trenta, l’Istituto svolse un ruolo importante sui grandi temi della contemporaneità (dall’europeismo al nucleare, dal problema demografico al regionalismo, dalle riforme istituzionali alla politica estera), impegnandosi, nel contempo, nella formazione dei quadri e dei dirigenti del Msi-Dn, con un occhio particolare rivolto ai giovani, anche attraverso borse di studio e premi, assegnati a numerosi laureandi.
Di questo costante lavorio, il saggio di Sideri è una ricostruzione puntuale, documenti alla mano, fino all’epilogo dell’Isc, messo in liquidazione nell’ottobre 1994, per il sostanziale sganciamento del Msi-Dn, anche a seguito dei mutati orientamenti dottrinari del partito, con conseguenti, gravi problemi economici per l’Istituto. L’alternativa al sistema era ormai lontana, almeno nell’immaginario della destra di fine Novecento. “Non per questo – scrive Sideri – la storia dell’Istituto di Studi Corporativi può essere liquidata come la storia di un fallimento”. Le elaborazioni culturali che esso produsse valgono come esempio e come stimolo, particolarmente oggi in una fase di passaggio epocale, in Italia e nel mondo intero. Per mantenere alto il dibattito politico-culturale. Per continuare a “sognare”. Senza però perdere di vista la realtà – come insegnava la scuola corporativa.
*“Sognando l’alternativa. Storia dell’Istituto di Studi Corporativi”, di Rodolfo Sideri (Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2022, pagg. 255, Euro 27)