“Il cambio è epocale, bisogna essere all’altezza”: non è la prima volta che Gianfranco de Turris, pone, con chiarezza e determinazione, il tema del ricambio di classe dirigente rispetto ai risultati elettorali del centrodestra. Questa volta la situazione è oggettivamente diversa, visto il successo di Fratelli d’Italia. E’ la prima, vera, vittoria di una destra-destra. Proprio per questo – come ha scritto (su Barbadillo) de Turris – è proibito sbagliare, nel delicato equilibrio tra competenza e appartenenza: “Un fedelissimo ma incompetente non deve essere accettato. Un competente di sinistra non può essere scelto solo per far vedere come si è pluralisti o nella speranza di non essere attaccati: ‘loro’ non lo farebbero mai, anzi non lo hanno fatto mai”.
Oltre le “competenze”, c’è però di più. E l’occasione è buona – nell’effervescenza post elettorale – per parlare anche dell’annosa e mai risolta questione del rapporto tra centrodestra e cultura. Qualche appello si è visto in campagna elettorale. Si eviti – ad urne aperte – di fare cadere l’attenzione.
Dietro le priorità programmatiche, ben oltre le grandi, fondamentali riforme di struttura, è urgente anche pensare alle “retrovie”, le retrovie politiche e culturali, che debbono “incalzare” (e difendere) le scelte strettamente amministrative e veicolarle a livello di opinione pubblica, guardando ben oltre la quotidianità. Ed allora, al di là delle prime linee dell’emergenza (dei primi cento giorni del nuovo governo) l’invito è che si lavori finalmente per costruire salde casematte ideali, per individuare zone franche di confronto e di elaborazione metapolitica, non smobilitando quel consenso costruito con l’ultima campagna elettorale.
Se è fuori discussione che non ci appartiene, non appartiene alla nostra tradizione culturale, l’idea dell’intellettuale organico, strumento propagandistico del Partito-Principe, è anche vero che non ci è estranea l’idea dell’impegno rispetto ad un nocciolo forte di valori di riferimento (ma anche di scuole di pensiero e di un “comune sentire”), intorno a cui ritrovarsi.
“Organici” dunque nei confronti di un’Idea e quindi capaci anche di andare là dove inevitabilmente il Partito non può andare, di sperimentare nuovi percorsi e di dare nuove prospettive interpretative e progettuali ad una comune “visione della vita e del mondo”.
Quindi cultura dell’appartenenza e dell’identità, ma anche cultura che sa “mettersi in gioco”, che sa misurare le proprie capacità verso una realtà in continua trasformazione, cultura che sa interpretare, ma anche innovare, evitando di svolgere una semplice opera di “testimonianza” o, nei casi migliori, di una rilettura critica della realtà-modernità, sulla scia di una nobile tradizione anticonformista, che individuava proprio nella modernità il “vulnus” rispetto al vecchio-vero Ordine.
La vera sfida è l’azione creativa: la capacità-possibilità non solo di rileggere il mondo, ma anche di informarlo alle nostre idee, di “viverlo” attraverso la reinvenzione letteraria, poetica, artistica. Non parlo, per caso, di capacità-possibilità. Se infatti gli eccessi di una “lettura” troppo spesso politologica hanno determinato il primo aspetto (la capacità), le indubbie contingenze critiche non hanno certo favorito l’espandersi della presenza creativa (le possibilità).
Occorre allora cambiare il terreno di gioco. In particolare: cinema, televisione, teatro, arte, musica. cultura di massa, cultura popolare, non necessariamente dequalificata, che certamente condiziona il sentire collettivo, che “orienta” le opinioni, che può “informare”, cioè “dare forma”, ad una collettività, anche intorno a valori nuovi, a nuovi modelli identificativi o meglio ancora al recupero di un’identità profonda.
E’ problema di “mezzi”, ma anche, nello stesso tempo, di una consapevolezza nuova. Perciò non può bastare la pura e semplice memoria. Nel contempo è necessario perseguire, con coerenza, un più alto e maturo progetto anticonformista, in grado di collegare le tante presenze disperse, mettendosi-mettendole in gioco sul piano della contemporaneità, della sfida creativa, dell’ interpretazione-reinvenzione della collettività nazionale.
Una cultura autenticamente anticonformista deve dimostrare di avere, oggi, la capacità di raccogliere questa sfida, insieme simbolica e politica, dando sostanza progettuale e gambe a questa domanda di rappresentazione.
Portiamo perciò la fantasia “al potere” – ci passi l’espressione un po’ marinettiana – senza il timore di confrontarsi anticonformisticamente con il “potere”, ma incalzandolo con la forza creativa delle idee. Se non ora quando ?
Veloci considerazioni:
1 l astensionismo sta diventando endemico e strutturale
2 I voti della Meloni arrivano praticamente da un travaso ( teoria dei vasi comunicanti?) dalla Lega ed in parte da Fi ( pochi quelli nuovi conquistati da novello entusiasmo o disperati tanto da essere pronti a provare la Meloni a questo giro)
3 Se dall’ altra parte avessero avuto più intelligenza politica , più coerenza ” antifascista” e si fossero presentati meno divisi il film sarebbe stato un altro
Solo Francesco Guccini ha , evidentemente, letto Carl Schmitt e ha dichiarato che era costretto a votare a Bologna Casini pur di fermare l’ onda nera.
Questo dimostra l’insipienza di certi argomenti e della sinistra
Buon per il Cdx ma non è stata e non deve essere una apoteosi
4 Ho la sensazione che tutti i discorsi su una politica culturale, su un necessario cambio di passo nei rapporti tra intellighenzia e politica , pur necessari e doverosi per mille motivi, resteranno inevitabilmente e nuovamente disattesi per la tragicità dei tempi che viviamo. Troppo facile ed a portata di mano la giustificazione che le priorità sono altre
5 Si vedrà alla prova del quotidiano governo la coesione del Cdx. Gli elementi perturbanti , sia esterni che organici alla coalizione, sono parecchi e non faciliteranno le decisioni necessarie
Decisioni che molti vorrebbero radicali , controcorrente e significative di un ritorno effettivo del primato della politica
Se ciò non avvenisse nulla cambierebbe e si vedrebbero in giro solo facce stranite di delusione
Facce che si sommerebbero a quelle stranite dei sinistrorsi di queste ore ( magra e fugace soddisfazione per noi)
Detto questo sono contento per la Meloni che come donna e come madre merita questa grande soddisfazione dopo i sacrifici di una vita di militanza
Speriamo che lo scetticismo di tanti possa smentirlo con i fatti
Lo meriterebbe questo nostro disgraziato Paese
Vorrei esprimere anch’io qualche punto! Solamente 2 semplici,semplici e senza avvalermi di fantasie Mephistofoliane..
1 credo che in realtà sia lega e FI hanno usato FDI per sopravvivere,infatti se si sarebbero alleati differentemente avrebbero sicuramente preso meno voti.Ora sono in una posizione favorevolissima,traslocando non solo metteranno in difficoltà la Meloni ma avranno tutto il supporto benevolissimo,fraterno della sinistra…
2 Francamente non si è visto una grande violenza mediatica anti FDI,come sa’ fare la sinistra per avvalersi del loro modo di concepire la democrazia e tirare a campare..Non è che hanno voluto fare vincere la Meloni per poi distruggerla politicamente con i suoi soliti sotterfugi..scioperi,movimenti di piazza,mobilitazione ETC.la Meloni è stata bravissima ed innegabilmente lo è, ha usato le sue qualità per trainare tutti gli altri alla vittoria.Credo però questo modo Gandiano di fare politica in Italia non funziona.La sinistra ha tutto per continuare ad avere il potere vero,i voti contano ma purtroppo contano di più tutto il resto,il strutturale sociale..