
Ad avere complicati rapporti coi russi nel 1956 era l’Ungheria, non l’Ucraìna. Per il resto l’Europa era già allora composta da due serie di protettorati relativamente poveri. In Italia dunque ciò che veniva dagli Usa affascinava: i cioccolatini Hershey’s, le caramelle Life’s Savers, i jeans Roy Rogers e Wrangler, i guantone da baseball, le felpe sovrastampate delle università… C’erano allora rari viaggiatori americani, innamorati dell’Italia, e molti ragazzini italiani incantati dall’America. E non solo ragazzini, se su di loro Steno girava Un americano a Roma con Alberto Sordi e se Renato Carosone cantava Tu vuo’ fa’ l’americano. Colonizzazione culturale, si dice oggi; sogno americano, si diceva allora.
Nel 1956 Elvis Presley era un ventunenne di Memphis, Tennessee, ma cominciava a essere famoso nel mondo. Era bello e la sua voce elettrizzava o accarezzava. I suoi concerti scatenavano erotismo, ovvero erano sovversione. Fu presto noto come “Elvis the Pelvis”, ovvero Elvis il Bacino (nel senso di zona pelvica) e inviso alla polizia. Andò a fare il militare nella Germania del 1958, poi girò a Hollywood una ventina di film, tra i quali Il delinquente del rock and roll di Richard Thorpe e Cafè Europa di Norman Taurog (con Juliet Prowse, incantevole sudafricana scoperta da Macario e Gino Landi).

Presley morì quarantaduenne nel 1977. In quasi mezzo secolo non è stato dimenticato, tanto che due film biografici gli sono stati dedicati negli ultimi tempi. Dopo il notevole Elvis e Nixon di Lisa Johnson (2016) esce ora Elvis di Baz Luhrmann, interpretato da Austin Butler come protagonista e da Tom Hanks come Tom Parker, suo impresario, pubblicitario, secondo padre e altre cose meno belle: disertore, apolide, parassita…
L’ondata di documentari o biopic dedicati agli astri della musica pop (John Lennon, Ray Charles, Johnny Cash, Freddy Mercury, David Bowie, Beatles…) è necrofilia e l’indice di un tempo, il nostro, senza veri idoli contemporanei. Sono film dove la suggestione deriva dalla musica e poi dalla ricostruzione d’ambiente (il Tennessee del film è in realtà il Queensland).

Australiano, Luhrmann è sceneggiatore, regista e produttore che ha costruito una vicenda che dura un’ora di troppo, sebbene paia convinto di Austin Butler come interprete. Infatti lascia briglia sciolta a Tom Hanks. Più che Elvis, il titolo del film dovrebbe essere Tom [Parker]. Anche iI lato biografico nom convince. Le reali simpatie politiche di Presley sono infatti rimosse. Presley vi è fatto apparire progressista non per le sue parole, ma sottolineando oltre misura il suo dolore per l’assassinio di Martin Luther King proprio nel Tennessee ; e quello per l’assassinio di Robert Kennedy a Los Angeles, avvenuto mentre si registrava uno speciale tv andato poi in onda il 3 dicembre successivo, dimostrando che Elvis Presley non era tramontato.
*Elvis di Baz Luhrmann, con Austin Butler, Tom Hanks, Woody Harrelson, Shaquille O’Neal, 150’. Nelle sale dal 22 giugno