Mi ero ripromesso di non intervenire sulle questioni sollevate dai “no-vax”, l’ennesima riprova che la politica è ridotta ai minimi termini, sommersa com’è dall’economia, dalle preoccupazioni sanitarie, dalle inadeguatezze nella gestione dell’ordine pubblico. Sono arrivato a rimpiangere perfino le manovre sottobanco, i trasformismi, l’avidità superficiale nel guadagnarsi consensi, le mediocrità dell’odierna “politica politicante”; ma l’atteggiamento di una minoranza così cospicua in numeri assoluti – due terzi della popolazione adulta – nei confronti della convivenza civile mi spinge a dire la mia, in aggiunta al coro assordante e alle voci dissonanti che debordano da tutte le forme di discorso pubblico, a partire dai talk show televisivi.
La prima questione che mi sgomenta è quella della sfiducia diffusa, radicata e motivata con argomentazioni irrazionali. La massa di coloro che dicono “no” al vaccino e alla sua certificazione (ma prima ancora all’Alta Velocità, al nucleare, alle trivelle, all’installazione delle condutture del gas, agli stessi vaccini obbligatori già in vigore) dichiara, anzi grida la propria sfiducia nei confronti delle Istituzioni tutte, da quelle scientifiche a quelle politiche a quelle mediatiche. Ora, è vero che in passato la politica – e non solo in Italia – non ha brillato sempre per la sincerità dei suoi assunti: basti pensare alle bugie spacciate in occasione della seconda guerra irakena dal presidente Bush e dai suoi collaboratori (nonché dai suoi alleati europei, Blair in prima fila) o all’ingloriosa caduta del primo ministro Aznar, sorpreso a mentire sulla matrice del sanguinoso attentato islamista alla madrilena stazione di Atocha, in un primo tempo attribuito agli indipendentisti baschi. Tuttavia, lo stesso contratto sociale, sul quale si basa la convivenza e l’intero impianto normativo di ogni comunità, è fondato sulla reciproca fiducia, almeno nella sua fisiologia; poi ci sono le infrazioni di dettaglio, sia da parte dei cittadini che da parte di componenti dell’apparato statuale, ma esse non arrivano ad inficiare il clima di fondo (e comunque, per porvi rimedio, ci sono i tribunali).
Nel caso specifico dei “no-vax”, questa sfiducia viene sbandierata, ormai con ossessiva ripetitività, su tutte le piazze, reali e virtuali, al punto da compromettere la libertà altrui (d’impresa, di svago, di movimento). Il dato emergente consiste poi nel fatto che, dalla sparuta minoranza dei cosiddetti movimenti antagonisti, questo chiassoso malessere va tracimando, come si diceva, in strati numericamente non trascurabili della popolazione.
L’innesco dato dalla pandemia – addirittura negata da taluni – e dai vaccini, ha dato fuoco, con ogni evidenza, a più diffusi disagi: non è un caso che la composizione sociologica di questi grandi gruppi di manifestanti veda al primo posto, al seguito di un ristretto manipolo di intellettuali dissidenti, masse di individui caratterizzati da basso reddito e da insufficiente scolarizzazione.
A proposito di dissidenza, vorrei ricordare che il termine apparve con i casi isolati di scienziati e intellettuali che si battevano, il più delle volte clandestinamente, contro l’occhiuto, asfissiante potere sovietico. Si trattava di una dissidenza che minava le basi di quella società e di quell’assetto politico, e i suoi alfieri erano portatori di una visione del mondo e della vita in radicale contrapposizione rispetto quella dominante, ispirata al comunismo ateo.
Ecco, parlare di dissidenti rispetto a un vaccino – e alla sua ineludibile certificazione: come potrebbe bastare, in questo caso, un’autocertificazione? – in una società come la nostra, indurrebbe ad un’alzata di spalle, se il fenomeno non stesse assumendo la portata di un movimento dalle conseguenza difficilmente prevedibili (e governabili). Ci si agita, da Trieste a Milano a Roma, nel nome di una fantomatica libertà, che sarebbe violata da questi pretesi conati di “dittatura sanitaria”: e volendo trascurare le punte più grottesche delle motivazioni di questi movimenti – la grafite o il 5G inoculati col finto vaccino o le mutazioni genetiche indotte attraverso il medesimo – che sia in questione una limitazione delle libertà individuali e collettive è indubitabile; del resto, l’acme è stato toccato in occasione del “lockdown”.
Il punto però è un altro: vogliamo renderci conto che tutta la nostra esistenza di “animali sociali” (e metropolitani) è vincolata e al tempo stesso protetta da tutto un reticolo di controlli e lacciuoli? Dal supermercato al bancomat, dal casello autostradale agli acquisti via internet, dal cellulare all’elettronica delle nostre auto, dalle innumerevoli telecamere che costellano le nostre strade e piazze alle prenotazioni di biglietti del cinema, dello stadio e così via, ogni passo delle nostre giornate è monitorato (senza parlare dell’accesso ai nostri conti, ammesso in una quantità di casi). E tralasciamo la sfilza di vaccinazioni obbligatorie già in essere per mandare i nostri figli a scuola. Si dice che questi vaccini “anti-Covid” sono sperimentali? Che produrranno chissà quali danni in un futuro indeterminato? Ma forse altri vaccini recenti – in primis, quelli contro la poliomielite o quello contro altre forme influenzali indotte da virus e paragonabili al Covid-19 – potevano vantare uno spiegamento di risorse economiche e scientifiche impiegate, con miliardi di somministrazioni, come questi in atto?
Certo, sappiamo bene quali siano i limiti di questi vaccini e quali incertezze – forse troppo pubblicizzate… – abbiano caratterizzato, almeno agli inizi della pandemia, gli scienziati e, a seguire, i politici e gli operatori dei media; ma alla base di ogni valutazione dovrebbero esserci talune evidenze: di Covid si muore (o si passa attraverso le torture dell’intubazione); di vaccino si rischia, in un caso su… un milione (per modo di dire), come si rischia per la più banale operazione di tonsillectomia o di appendicectomia, ma anche per la più inattesa e letale forma d’intolleranza a questo o quel farmaco, addirittura a questo o quel cibo. Senza contare che, se è vero che il vaccino non protegge al 100%, è anche vero che, in caso di contagio del vaccinato non si rischia la vita e non si occupano gli ospedali.
E trascuriamo anche l’argomento della solidarietà verso gli altri, specie i più fragili, quelli che vedono allontanarsi e diradarsi controlli e terapie per tumori, diabete, deficit renali e cardiocircolatori, per l’occupazione di corsie ospedaliere e terapie intensive da parte di contagiati dal virus (situazione inevitabile in assenza di vaccini, ma colpevole oggi).
Insomma, che comunità nazionale è la nostra, insensibile ai guasti di una politica che, come minimo, nulla ha fatto per ridurre le disuguaglianze pre e post-covid e che si balocca con presunti diritti civili di minoranze, trascurando quelli reali delle maggioranze? E che opposizione è quella di forze politiche che si vorrebbero “anticonformiste” e libertarie e che indulgono a mali di pancia di piazza, nella speranza miope di guadagnare qualche voto (magari perdendone ben di più su altri fronti)? Se non altro, il maledetto Coronavirus ha messo allo scoperto malanni che covavano nella nostra società ben da prima: sapremo far tesoro di questa brutale lezione?
Bisogna colpire i membri della mafia della globalizzazione che hanno creato, per i loro interessi, tutto il casino del Covid. Andare dove ci sono i magazzini di Amazon con le automobili e fare in modo di bloccare il traffico. Così Amazon non potrà consegnare le sue merci.
“92 minuti di applausi!!!” cit.
Complimenti, con un pezzo così si può legittimamente aspirare al Corrierone. E’ davvero così strano nutrire sfiducia nei confronti di un governo che vanta ancora un ministro della salute come Speranza ? Per quanto mi riguarda, è strano il contrario.
Bene, perfettamente allineati al mainstream nella maniera più acritica e banale possibile. Un cavalierato all’autore, prego.