Sono le Fiandre ad accogliere la prova conclusiva della settimana iridata, con l’attesa prova in linea maschile: almeno secondo le previsioni della viglia, lo status di grande, oltre al Belgio di Evenepoel e van Aert, favorito d’obbligo, appartiene ovviamente ai Paesi Bassi, come pure all’Italia di Davide Cassani (all’ultimo impegno da C.T. della Nazionale, ruolo che ricopriva dal 2014), che schierava tra le proprie fila il Campione europeo Giacomo Nizzolo; un occhio di riguardo anche per la Danimarca e la Francia, la formazione che, a posteriori, saprà smuovere di più e meglio le acque della contesa.
Il percorso
Il percorso, 268.3 km da Anversa a Lovanio, con oltre 2500 metri di dislivello da percorrere, sembrava quello delle classiche da Campagna del Nord: dopo un primo tratto in linea, quasi completamente pianeggiante (circa 50 km), i corridori si confrontano con un articolato sistema di due circuiti, il primo dei quali è anche la sede dei due giri finali, nonché del traguardo.
In totale, i muri, tra pavé e asfalto, da percorrere sono quarantadue.
L’evoluzione della prova
La gara è realmente molto dura sin dalle prime battute, grazie alla severità e alla selettività del percorso che infatti renderanno la competizione viva ed effervescente per tutta la giornata, senza grandi tatticismi.
La prima fuga di giornata si concretizza trascorso appena un quarto d’ora, consentendo ad otto corridori (Hernandez, Colombia; Burbano, Ecuador; Kochetkov, Russia; Nisu, Estonia; Magnusson, Svezia; Gamper, Austria; Townsend, Irlanda; Sainbayar, Mongolia) di mettersi così in mostra; addirittura il Belgio mette davanti a tirare Tim Declercq già ai meno 244: i primi fuggitivi di giornata non supereranno i sei minuti di vantaggio, anche perché è chiaro fin dal principio che i belgi non avrebbero tollerato nessuna azione da lontano.
Un primo momento cardine è nella caduta che avviene poco prima che si entri nel circuito “fiammingo”, caduta nella quale restano coinvolti Pedersen ma soprattutto gli Azzurri Matteo Trentin e Davide Ballerini: questi ultimi riescono faticosamente a rientrare ma sfortunatamente, proprio in quel contesto, la corsa riceve uno scossone, cogliendo in fallo l’Italia.
Nonostante manchino ancora 177 km da percorrere, la miccia l’accende il francese Benoit Cosnefroy, sulla cui ruota si portano Evenepoel e Magnus Cort Nielsen; la Francia fa riportare sul terzetto anche Demare, l’attivissimo velocista che il C.T. Voeckler utilizza in funzione di supporto al capitano Alaphilippe.
Corso il rischio di venire tagliata fuori, l’Italia deve sacrificare De Marchi e Trentin per costruire un riaggancio, che ha buon esito ai meno 133, anche se ormai il gruppo si ricrea e si sfilaccia senza soluzioni di continuità: trascorsa una fase di studio, la nuova scintilla viene mossa dal teutonico Politt (quando mancano 90 km); Evenepoel ancora una volta si sacrifica all’inseguimento, trascinandosi dietro altri nove atleti, tra i quali Andrea Bagioli, Dylan Van Baarle.
Bagioli allunga, e con lui Evenepoel, van Baarle, Madouas, Powless ma è soprattutto alle loro spalle che Alaphilippe comincia a dare spettacolo, si muove, si porta davanti e sul pavé (ai meno 58), dà un nuovo strappo, fondamentale nella creazione del nuovo gruppo di testa formato da diciassette uomini, tra i quali pressoché tutti i big (eccezion fatta per Sagan, Kristoff, Matthews), i quali ai meno 45 restano gli unici a giocarsi le medaglie iridate, giacché dietro mollano.
L’Italia (che nei diciassette ha Bagioli, Nizzolo e Colbrelli) contribuisce a tirare, Alaphilippe prova di nuovo ad uscire ma Colbrelli lo neutralizza ai meno 49, il Belgio, pur avendo agito da corazzata col ruolo di “stopper”, sacrifica Evenepoel, che dopo aver lavorato per van Aert si stacca ai meno 26 (col sennò del poi, vista le rispettive condizioni, non sarebbe stato peregrino optare per una inversione dei compiti).
Il quarto e decisivo scatto: il colpo del K.O.
Arrivati i battistrada sui 360 metri della salitella del Wijnpers, la Francia prova ancora a rompere gli indugi: ai meno 21.4 km, sfruttando il forcing fatto dal compagno Valentin Madouas, Alaphilippe ci riprova, si muove e cambiando decisamente ritmo, cerca di fare il vuoto.
Questa volta l’azione sembra riuscire, si crea un “buco”, anche perché Colbrelli non replica in prima persona la precedente chiusura, Bagioli praticamente si ferma e van Aert, che non ne ha, si fa decisamente sorprendere, tant’è che un ultimo tentativo di ripresa viene guidato da Nizzolo, Powless (U.S.A.), Stuyvens (Belgio) e Colbrelli, con Alaphilippe che ne approfitta apparentemente per rifiatare.
Quando poi il plotoncino di testa imbocca i 230 metri dello strappetto della Salita di Sant’Antonio (con punte dell’11%), non appena la strada sale, Julian Alaphilippe si muove ancora, ai meno 17.4 e questa volta l’affondo è senz’appello: i metri di vantaggio sugli ex compagni di fuga diventano subito venti, anche perché nessuno, a causa della stanchezza, è realmente in grado di rimediare.
Il francese a quel punto, andatosene in progressione, si presenta già da solo al suono della campanella che simboleggia l’inizio dell’ultimo giro del circuito, quando restano 15.6 km da percorrere.
Nonostante i reiterati tentativi di ricucire il distacco, soprattutto da parte di van Baarle e Stuyven, che con lo statunitense Powless avevano portato via un terzetto all’inseguimento dell’atleta transalpino, terzetto al quale presto si aggrega anche il danese Valgren, Alaphilippe sarà in grado di incrementare il proprio vantaggio.
Gli ultimi chilometri, “colorati” dalla grinta e dalla tenacia che disegnano le smorfie del volto, sono un continuo e costante rilancio dell’azione, in uscita da ogni singola curva, fino al traguardo in solitaria, alla vittoria a braccia alzate.
Per l’alfiere della Deceuninck-Quick Step dunque, arriva in terra belga il secondo successo consecutivo al Mondiale, un successo che lo ripaga della cocente delusione legata al secondo posto nella Liegi-Bastogne-Liegi, edizione 2021, conclusa dietro Pogacar.
Gli onori alla vittoria per distacco della Francia con Alaphilippe, in 5h 56’ 34”, con 32” di vantaggio sui più diretti concorrenti, vengono fatti dagli altri due atleti sul podio: l’argento va all’olandese van Baarle, il bronzo al danese Michael Valgren .
La grande delusione di giornata è invece il Belgio: solamente 11° van Aert, i padroni di casa non ottengono neanche una medaglia, fermandosi ai piedi del podio con Stuyvens, (4°), generoso ma partito troppo presto, nella scia di Powless al momento di lanciare la volata dei battuti, scoprendo il fianco ad van Baarle e Valgren; quinto lo stesso Powless.
Qui casa Italia
Per gli Azzurri, è inutile negarlo, la kermesse domenicale non è priva di rammarichi: gli italiani hanno corso discretamente bene, hanno sofferto, hanno saputo reagire, si sono assunti le loro responsabilità, inserendo ben tre uomini nel drappello che alla fine si sarebbe giocato l’intera posta in gioco; eppure, le cadute di De Marchi e Trentin, l’incapacità di seguire quantomeno Stuyvens per cercare almeno una medaglia, la decima posizione conclusiva (staccato di un 1’18” dal vincitore) di un Colbrelli che pure era in grande condizione, sono solo i pilastri di una domenica non così positiva.
Il C.T. Cassani avrebbe meritato certamente un “arrivederci diverso”, chiudendo, almeno nelle attività maschili su strada, con un argento mondiale (Harrogate 2019) e le vittorie europee, seguite all’argento di Viviani del 2017, nelle edizioni che vanno dal 2018 al 2021.
L’Italia comunque si posiziona prima nel medagliere generale della competizione, con un bronzo (nella staffetta a squadre mista) e gli ori di Ganna (prova a cronometro uomini Élite), Filippo Baroncini (uomini Under 23) ma soprattutto la meravigliosa e straordinaria impresa di Elisa Balsamo, straordinaria vincitrice della prova in linea femminile Élite.