Scrive António Mega Ferreira, noto critico e scrittore portoghese:
«Mi sembra ogni volta più priva di consistenza la visione strettamente letteraria che tende a ridurre la personalità di un uomo a un “corpus” poetico o saggistico, per mirabile che esso si riveli» [FERREIRA, 1986: 38].
In queste parole di Mega Ferreira, estrapolate dal volume, da lui curato, Fernando Pessoa. O comércio e a publicidade, è facile cogliere un bonario rimprovero a quegli studiosi che per lungo tempo si sono cristallizzati nell’immagine di un Pessoa biograficamente privo di interesse; e a tal punto da essere stato definito, anche in considerazione del suo essere “plurimo”, come «l’uomo mai esistito». Nulla di più semplicistico del continuare ad accreditare tanto questa quanto l’altra immagine, che va di concerto, di un Fernando Pessoa che assolutamente non si accettava, un ripudio tale di se stesso e della sua vita “reale” da scatenare – come dire? – a compensazione, secondo tale prospettiva, il processo eteronimico, l’inventarsi biografie parallele.
La progressiva acquisizione di nuovi dati biografici e la (ri)pubblicazione, dentro e fuori del Portogallo, Italia inclusa, di ulteriori testi, editi e inediti, a partire dagli anni ottanta, consentono oggi di mettere in discussione sia queste sia altre immagini e credenze concernenti non solo il Pessoa uomo ma anche il Pessoa pensatore – quello, per intenderci, sia degli Scritti di sociologia e teoria politica (1994) [cfr. PESSOA, 1994] e di Politica e profezia. Appunti e frammenti. 1910-1935 (1996) [cfr. PESSOA, 2018], i due volumi da me curati e che riportano i testi socio-politici e mitico-profetici pessoani, sia di Economia & commercio – impresa, monopolio, libertà (2000) [cfr. PESSOA, 2011], il volume, sempre da me curato, che riporta di Fernando Pessoa tutti i suoi scritti e le sue annotazioni di contenuto economico, commerciale e pubblicitario.
Scrive António Quadros che
«nonostante la Poesia, la Letteratura, la Verità trascendentale, che sempre cercò attraverso differenti cammini, o il Portogallo – con i suoi miti, il suo destino, la sua politica – fossero i grandi motivi della vita e dell’opera del poeta, il certo è che egli aveva un’eccellente formazione economistica» [QUADROS, s. d.1: 16].
Com’è noto Fernando Pessoa trascorse gli anni dell’adolescenza, dal 1896 al 1905, a Durban, in Sudafrica, nell’allora colonia britannica di Natal, dove il patrigno, l’ufficiale di marina João Miguel Rosa, era stato nominato console.
A Durban, frequentò prima la “Convent School”, una scuola elementare privata, gestita da suore irlandesi – completandovi in soli tre anni il ciclo di studi quinquennale – e poi la “High School”, che nulla aveva da invidiare, già all’epoca, a un qualsiasi altro liceo britannico, in particolare per la non comune personalità del suo headmaster, il professore W. H. Nicholas (1). In questa istituzione pubblica Fernando Pessoa riuscì in poco più di due anni a portare a termine i quattro anni scolastici del primo ciclo, per poi sostenere, nel giugno del 1901, lo “School Higher Examination” – che dava accesso al secondo ciclo, biennale –, nel quale, nonostante avesse due anni meno dei suoi compagni di classe, fu tra i pochi a ricevere la menzione di “first class” [cfr. JENNINGS, 1984: 35 e 189].
Non sono ben chiari i motivi del perché, al suo ritorno in Sudafrica da una lunga permanenza, con tutta la famiglia, nel Portogallo continentale e nelle Azzorre (dall’agosto del 1901 al settembre del 1902), non si riscrisse alla “Durban High School”.
Hubert D. Jennings – autore di un fondamentale studio sul periodo sudafricano di Fernando Pessoa – avanza, tra le varie, l’ipotesi che il poeta, rientrato ad anno scolastico oramai iniziato, avesse pensato di completarlo alla “Commercial School”, sempre di Durban, e che, una volta iscrittovisi, fosse stato persuaso, forse dall’allora direttore, il professore C. H. Haggar, a continuare lì gli studi commerciali ancora per un anno; preparandosi nel frattempo, durante le ore diurne e pomeridiane – poiché la scuola impartiva anche un corso serale, quello a cui s’iscrisse Pessoa – per l’esame di ammissione all’università [cfr. IBIDEM: 40].
Ritengo molto più plausibile la tesi di Alfredo Margarido, che attribuisce i motivi del cambio di scuola e quindi d’indirizzo di studi da parte del poeta a una «strategia familiare dei Rosa». Il patrigno, scrive Margarido,
«non era intenzionato a far ritorno in Portogallo, cosicché si attivò per inserirsi nella società coloniale del Sudafrica. Fernando Pessoa, però, diversamente dai suoi fratellastri, era nato a Lisbona e non era né suddito né cittadino britannico, il che riduceva di molto le sue possibilità professionali. […] per i giovani elementi della borghesia locale c’erano solo tre strade possibili: o la funzione pubblica [ma solo per i cittadini britannici], o gli impieghi commerciali, o le libere professioni, che richiedevano una formazione universitaria impossibile da acquisire in Sudafrica, dove ancora non esistevano università. […] Orbene, se Fernando Pessoa non poteva essere funzionario pubblico, neppure disponeva di fondi sufficienti per iscriversi a un’università britannica» [MARGARIDO, 1987: 108].
Quel che più conta in tutto questo, tuttavia, è che tale cambio di orientamento scolastico del poeta non può, come nota ancora Alfredo Margarido,
«essere stato adottato e imposto dalla famiglia senza prima discuterne con il diretto interessato, che aveva allora 14 anni. La sua precocità intellettuale sembra avvalorare la partecipazione diretta a una scelta che avrebbe segnato in maniera quasi definitiva l’orientamento della sua vita professionale» [IBIDEM; IDEM, 2011: 232-234].
Il certo è che Fernando Pessoa sostenne e superò, alla fine del 1903, il “Matriculation Examination” come allievo della “Commercial School” (4). In questa istituzione, «familiarizzando con le leggi del mercato e con i principi liberali della scuola inglese, sotto l’influenza tutelare di Adam Smith e di Stuart Mill» [QUADROS, s. d.1: 16], il poeta aveva acquisito una competenza commerciale che, unita a quella linguistica – eccellente in inglese, più che buona in francese –, gli avrebbe assicurato un’indipendenza economica, pur se modesta, per il resto della vita.
Una volta rientrato definitivamente in Portogallo, nel settembre del 1905, s’immatricolò (ottobre 1906) alla Facoltà di Lettere dell’Università di Lisbona. Fu, tuttavia, un’esperienza di breve durata, un solo anno, se non meno: forse a causa della sua educazione britannica, che faceva di lui uno straniero agli occhi propri e altrui, di un’estrema timidezza, della poca propensione a comunicare, se non con quei colleghi che conoscevano l’inglese; o perché gli studi regolari universitari erano da lui visti come una specie d’irreggimentazione, inquadrati entro schemi d’insegnamento troppo rigidi e che in qualche modo gli impedivano di speculare sui temi che più lo appassionavano.
Una volta abbandonati, e per libera scelta, gli studi universitari, si mise alla ricerca di un’attività o occupazione che avesse a che fare con il commercio e che, a un tempo, non impegnandolo in modo continuativo, possibilmente gli permettesse di realizzare i tanti progetti, già avviati o in programma, nei vari campi di suo interesse – letterario, filosofico, sociologico, politico, esoterico, ecc.
Già nel giugno del 1906 si era interessato a un annuncio pubblicato sul «Diário de Notícias» da una società francese, la “Entreprise Générale”, che necessitava di un rappresentante per il Portogallo. E fu sempre attraverso un annuncio di giornale, letto dal barbiere nel corso dell’estate del 1907, che venne a conoscenza della messa in vendita di una tipografia a Portalegre, città situata a circa duecento chilometri dalla capitale. Eccitato dall’idea di diventare imprenditore, investì gran parte di una piccola eredità lasciatagli dalla nonna paterna Dionísia, spentasi nell’agosto di quell’anno, nell’acquisto di tutti i macchinari. Si recò di persona sul luogo per seguire da presso le operazioni di smontaggio e imballaggio. Alla fine del 1907, con questi macchinari, cui se ne aggiunsero altri acquistati in Spagna, installati a Lisbona in un locale situato nel centralissimo Bairro da Glória, fondò la “Empresa Ibis, Tipografia e Editora, Oficinas a Vapor”. Un’iniziativa tuttavia fallimentare, poiché la tipografia, forse per mancanza di clientela o per cattiva gestione, fu costretta a chiudere alcuni mesi dopo la sua apertura.
Da qui la decisione di lavorare come «corrispondente in lingue estere presso ditte commerciali» [cit. in QUADROS, 1986 (“Nota biográfica”, Lisbona 30 marzo 1935, di Fernando Pessoa): 252-253 (252)]. Una professione – la sua vera e unica professione – che Pessoa avrebbe esercitato, ininterrottamente fino al 1935, l’anno della morte, in una ventina di aziende, in maggioranza di import/export, tra cui la “Olisipo Lda.”, da lui fondata insieme con lo scrittore e giornalista Augusto Ferreira Gomes e con l’ingegnere Geraldo Coelho de Jesus (6).
A partire dal 1925 lavorò anche nel settore della pubblicità, propagandando prodotti e coniando slogan. Vi sono due esempi, in particolare, che attestano la sua grande creatività in campo pubblicitario. Il primo è rappresentato da un testo – a mo’ di racconto e pieno di humour, alla tipica maniera americana – volto a promuovere una vernice per automobile della ditta Berry/Loid (7). Il secondo è un breve slogan, inventato tra il 1927 e il 1928, per pubblicizzare in Portogallo la Coca-Cola, di cui la “Moitinho d’Almeida Lda.” – ditta presso la quale il poeta lavorò dal 1923, se non prima, fino all’anno della sua morte – aveva ottenuto la rappresentanza. Lo slogan, vera e propria paronomasia, così recitava: «Primeiro estranha-se. Depois entranha-se» («Prima sorprende. Poi si manda giù»). L’allora direttore dell’ufficio della sanità di Lisbona dispose d’immediato il fermo della distribuzione del prodotto e il suo sequestro, ritenendo che quello slogan coniato da Pessoa – scrive Moitinho de Almeida figlio –
«segnalasse la tossicità del prodotto, poiché allorquando viene detto che in un primo momento sorprende e poi si manda giù è precisamente quel che accade con gli stupefacenti, ai quali, sebbene presi la prima volta solo con sorpresa, il paziente finisce per assuefarsi. Naturalmente, mio padre subì un enorme danno con la proibizione della Coca-Cola e la conseguente cessazione della rispettiva rappresentanza in Portogallo» [ALMEIDA, 1982].
La Coca-Cola sarebbe riapparsa sul mercato portoghese solo una cinquantina d’anni dopo, all’indomani della fine della dittatura.
Siamo qui nel campo della cosiddetta pubblicità d’autore, visto che la réclame – i futuristi insegnano – non di rado era considerata, nel corso degli anni venti e trenta in particolare, una vera e propria forma d’arte. Cosicché Pessoa era all’epoca in ottima compagnia, e non solo in Portogallo. Negli Stati Uniti vi era Francis Scott Fitzgerald (che, rientrato dalla guerra, trovò lavoro a New York presso un’agenzia pubblicitaria); in Germania, Frank Wedekind, Erich Maria Remarque e, perfino, un anticapitalista viscerale come Bertolt Brecht (che pubblicizzò – in una poesia in tre strofe – nel 1928, in cambio di un esemplare in omaggio, un nuovo modello d’automobile della Steyr austriaca, con «sei cilindri e trenta cavalli»); in Russia, Vladimir Majakovskij (con la réclame dei grandi magazzini GUM di Mosca); in Italia, Matilde Serao (autrice di un elegante volumetto, fin dalla copertina in stile liberty, Fascino muliebre, volto a pubblicizzare esclusivamente i prodotti farmaceutici e igienici della A. Bertelli & C., tra cui la celebre, e tuttora in commercio, crema di bellezza Venus), i futuristi (da Marinetti a Soffici, da Depero a Bontempelli) e, soprattutto, Gabriele d’Annunzio, «il poeta pubblicitario per eccellenza» [cfr. SORGE, 2000]. Questi e tanti altri “insospettabili” artisti, poeti, romanzieri e intellettuali sono stati, così come Fernando Pessoa, “contaminati” dalla pubblicità. E tutti essenzialmente a scopo di lucro: o per arrotondare i loro magri diritti d’autore o – come nel caso eclatante di d’Annunzio e, in parte, dello stesso Pessoa – per far fronte ai debiti (8).
Nel gennaio del 1926 – con un bagaglio, oramai ventennale, di esperienza e conoscenze acquisito in campo economico-commerciale, supportato da basi teoriche di certo superiori alla media degli intellettuali portoghesi suoi contemporanei – Fernando Pessoa fondò a Lisbona, insieme con il cognato Francisco Caetano Dias, la «Revista de Comércio e Contabilidade». Oltre la metà dei testi di questo periodico mensile – di cui uscirono sei numeri e che, nelle parole di Alfredo Margarido,
«rappresenta ancora oggi in Portogallo uno dei rari momenti di riflessione sistematica consacrata all’organizzazione economica e, in maniera particolare, al suo versante commerciale, seppure non sia trascurato quello industriale» [MARGARIDO, 2011: 232] –
furono scritti dallo stesso Pessoa. Come ho già avuto modo di riferire (mi scuso per l’autocitazione):
«Estremamente suggestivi ed “esemplari”, non di rado percorsi da quella vena di humour e di eccentricità cui il poeta ci ha abituato anche quando discute di argomenti politici e sociali, questi testi mantengono tuttavia inalterato tutto il loro interesse. Piuttosto si deve convenire come alcuni di essi siano pensati e scritti con rigore, a dimostrazione di un Pessoa in possesso non solo di una buona formazione commerciale ed economica ma anche di adeguate conoscenze nel campo dell’analisi finanziaria e di mercato, poiché osservatore sempre attento di fatti e mutamenti tanto nazionali quanto internazionali» [DE CUSATIS, 2011: 21].
Note
(1) W. H. Nicholas, di ascendenza ispano-irlandese, rettore della “Durban High School” dal 1896 al 1909 e morto nel 1918, ebbe un ruolo decisivo nella formazione intellettuale di Fernando Pessoa. Suo professore di latino, è molto probabile – come lascia intendere Hubert D. Jennings – che Nicholas possa essere servito da modello per la creazione dell’eteronimo Ricardo Reis – quel Ricardo Reis che, nelle parole del suo stesso demiurgo, era «un latinista per educazione ricevuta e un semi-ellenista per educazione sua propria» [cit. in QUADROS, 1986 (“Carta de Fernando Pessoa a Adolfo Casais Monteiro, Lisboa, 13 de Janeiro de 1935”): 224-231 (229)]. Cfr. JENNINGS, 1984: 127-132.
(2) Il primo dei quattro esami organizzati dall’Università di Città del Capo [cfr. IBIDEM: 35, nota 8].
(3) Una delle prove dell’esame, la stesura in un’ora di un breve tema in inglese, dava diritto allo studente che aveva conseguito il risultato migliore di ritirare il “Queen Victoria Memorial Prize”, un premio istituito dalla “Young Jewish Guild of South Africa” e che consisteva in sette sterline da spendere in libri scelti dal vincitore. Quell’anno il premio fu vinto da Fernando Pessoa [cfr. IBIDEM: 39, nota 22].
(4) Il “Matriculation Examination” era il secondo dei quattro esami organizzati dall’Università di Città del Capo. Così come avviene grosso modo con il nostro attuale Esame di Stato, esso comportava, una volta superato, il rilascio oltre che di un diploma di scuola media superiore anche di un certificato d’ammissione all’università. A quell’epoca, tuttavia, la “Cape Town University” non impartiva corsi (solo nel 1918 diventò una “formal university”). La sua sola funzione, a seguito di un accordo con la “London University” di allora, era quella di gestire l’insegnamento di scuola media superiore, impartito altrove, e di avallare, tramite un sistema di esami progressivi, l’accesso a una istituzione universitaria metropolitana. L’organizzazione del primo corso – ossia, il primo anno di baccellierato – nella specializzazione scelta da coloro che si apprestavano a studiare in Inghilterra era demandata ad alcuni istituti presenti in zona, tra cui la “Durban High School”. Fu qui che Fernando Pessoa s’iscrisse “in Arts” (l’altra specializzazione era “in Science”), riportando negli esami del dicembre 1904 i voti più alti dell’intero Natal. Non venne premiato, tuttavia, con il “Natal” (o “Home”) “Exhibition” – una borsa annuale di tre anni, concessa al miglior candidato della colonia nel cosiddetto “Intermediate Examination” per frequentare un’università inglese. La spiegazione risiede probabilmente nel fatto che il poeta non era in possesso della cittadinanza britannica [cfr.: IBIDEM: 33-41, 188 e 190-191; BRÉCHON, 1996: 65-67 e 76-77; CRESPO, 2014: 65-66].
(5) Si veda la riproduzione della minuta della lettera di risposta (non si sa se spedita o non) di Pessoa in SOUSA, 2010: 23.
(6) Per una lista delle aziende commerciali, con relative informazioni, presso cui Fernando Pessoa lavorò, cfr. IBIDEM: 26-74.
(7) Pubblicato postumo, con il titolo O automóvel ia desaparecendo, nella rivista lisbonese «Folhas de Poesia» (n. 3, settembre 1958, pp. 22-23) e ora riportato in QUADROS, s. d.1: 97-98.
(8) A proposito di d’Annunzio, Paola Sorge scrive che «eternamente in bolletta, il poeta pescarese non poteva non cedere alle lusinghe degli industriali che per avere una sua parola facevano pazzie. Ancora si favoleggia sulla somma astronomica che ricevette per aver battezzato i magazzini Bocconi, distrutti da un incendio e rinati nel 1918, con il nome beneaugurante “La Rinascente”» [SORGE, 2000: 60].
Bibliografia di riferimento
– ALMEIDA, L. P. Moitinho de, 1982. Fernando Pessoa e a Coca-Cola. In «JL – jornal de letras, artes e ideias» (Lisboa). Ano II, n. 28, de 16 a 29 Março: 21.
– BRÉCHON, Robert, 1996. Estranho Estrangeiro. Uma biografia de Fernando Pessoa [tit. orig.: Étrange étranger: une biographie de Fernando Pessoa, Parigi 1996]. Tradução de Maria Abreu e Pedro Tamen, Quetzal Editores, Lisboa.
– CRESPO, Ángel, La vita plurale di Fernando Pessoa [tit. orig.: La vida plural de Fernando Pessoa, Barcellona 1988], 2014. Nuova edizione tradotta, curata e annotata da Brunello N. De Cusatis. Edizioni Bietti, Milano.
– DE CUSATIS, Brunello, 2011. Introduzione. In PESSOA, Fernando, 2011. Economia & commercio – impresa, monopolio, libertà, ed. cit.: 9-23.
– FERREIRA, António Mega (organização, introdução e notas), 1986. Fernando Pessoa. O comércio e a publicidade (incluindo textos inéditos. Cinevoz / Lusomedia, Lisboa.
– JENNINGS, Hubert D., 1984. Os dois exílios. Fernando Pessoa na África do Sul. Fundação Eng. António de Almeida / Centro de Estudos Pessoanos, Porto.
– MARGARIDO, Alfredo, 1987. Escolhas profissionais, propostas e teorias económicas de Fernando Pessoa. In «Anthropos» (Barcelona). Luglio-agosto: 107-123.
– MARGARIDO, Alfredo, 2011. Postfazione. L’«evoluzionismo commerciale» di Fernando Pessoa. In PESSOA, 2011. Economia & commercio – impresa, monopolio, libertà, ed. cit.: 227-278.
– PESSOA, Fernando, 1994. Scritti di sociologia e teoria politica. A cura di Brunello De Cusatis. Settimo Sigillo, Roma.
– PESSOA, Fernando, 2011. Economia & commercio – impresa, monopolio, libertà. Introduzione, traduzione e note di Brunello De Cusatis. Prefazione di Alfredo Margarido. Nuova versione riveduta. Edizioni dell’Urogallo, Perugia.
– PESSOA, Fernando, 2018. Politica e profezia. Appunti e frammenti. 1910-1935. A cura di Brunello N. De Cusatis. Nuova edizione riveduta. Edizioni Bietti, Milano.
– QUADROS, António (Organização, introduções e notas de), s. d.1. Obra em prosa de Fernando Pessoa. Páginas de pensamento político, Publicações Europa-América, Lisboa, 2 voll.: II [– 2. 1925-1935].
– QUADROS, António, s. d.2 (Introduções, organização e notas de). Obra em prosa de Fernando Pessoa. Ficção e teatro. O Banqueiro Anarquista. Novelas policiárias. O Marinheiro e outros. Publicações Europa-América, Lisboa.
– QUADROS, António, 1986 (Introdução, organização e notas de). Obra em Prosa de Fernando Pessoa. Escritos íntimos, cartas e páginas autobiográficas. Publicações Europa-América, Lisboa.
– SORGE, Paola, 2000. Pubblicità d’autore. Prefazione di Alberto Contri. Presentazione di Antonello Perricone. Rai-Eri, Roma.
– SOUSA, João Rui de, 2010. Fernando Pessoa. Empregado de escritório. 2.ª edição, revista e aumentada. Assírio & Alvim, Lisboa.
[Questo articolo è una rielaborazione della mia «Introduzione» al volume, da me curato: PESSOA, Fernando, 2011. Economia & commercio – impresa, monopolio, libertà, ed. cit.: 9-23.
Tutte le traduzioni dei testi e dei riferimenti critici riportati sono a mia cura].