ItalRugby lascia alla Scozia l’ultimo posto (con relativo Cucchiaio di legno) del Sei Nazioni, ma sulla prestazione globale nell’intero torneo pesa la disfatta contro il Galles. Che sembra avere aperto una vera e propria crisi all’interno del gruppo azzurro.
Discorso diverso invece, per la palla ovale in rosa. Allo stadio Plebiscito di Padova la partita tra Italia e Galles, valida per l’ultima giornata del Sei Nazioni femminile (anche in questa categoria vinto dall’Irlanda) ha infatti visto le Azzurre imporsi per 22-5.
Per la prima volta la nostra Nazionale è così salita sul podio, al terzo posto, grazie alle tre vittorie che hanno anche assicurato qualificazione ai Mondiali 2017. Merito di un gruppo solido e ben strutturato, di un allenatore in grado di esaltare le qualità delle ragazze e di un movimento che, pur tra qualche difficoltà economica, sta crescendo giorno dopo giorno.
E guai a considerarlo uno sporadico exploit, si dice convinto il collega Daniele Pansardi. Perché il tris di successi e il terzo posto finale sono figli di una crescita graduale come dimostrano i numeri dal 2007, anno dell’ingresso dell’Italia nel campionato: solo due volte le Azzurre sono rimaste a bocca asciutta, nella prima edizione giocata e nel 2009. Per il resto, l’Italdonne ha sempre conquistato una vittoria, mentre dal 2013 almeno due.
La sapiente mano di Andrea Di Giandomenico, insomma, è arrivata dove nessuno era mai riuscito prima. Il condottiero dell’Italia, insieme a Tito Cicciò, si è tolto addirittura la soddisfazione di mettersi dietro le campionesse del mondo dell’Inghilterra, oltre a sconfiggere per la seconda volta consecutiva in casa una Francia apparentemente imbattibile, nella partita più emozionante dell’intero Torneo azzurro. L’impresa è un bel punto di ripartenza, che, tradotto, significherebbe anche un interessamento delle tv allo strapotere fisico della wonderwoman Flavia Severin, della leadership di capitan Silvia Gaudino, della qualità della mediana Barattin-Schiavon, della creatività delle varie Beatrice Rigoni, Maria Magatti e Manuela Furlan, quest’ultima sempre più affermata come uno dei migliori estremi in circolazione.
È il trionfo anche di un movimento in continua espansione, e tanti applausi anche a Maria Cristina Tonna, responsabile federale dell’attività femminile. “Dieci anni fa – ha raccontato l’ex azzurra a Simone Battaggia de La Gazzetta dello Sport – le giocatrici erano poco più di 1000, ora siamo oltre le 7000″. Certo, i problemi economici tra i vari club, anche di serie A, non mancano, ma l’impressione è che l’entusiasmo all’interno del settore in rosa del rugby italiano possa sopperire a qualunque mancanza.
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