Non vorrei sembrare eccessivamente “minimalista”, di fronte allo storico incontro, nella sede del Pd, tra Renzi e Berlusconi. Parlare però – come hanno fatto alcuni giornali – di “Fine della guerra” o di “Nascita della Terza Repubblica” mi sembra, con tutta franchezza, fuori misura.
Conoscendo il contesto e lo spessore dei protagonisti c’ è ancora tanta strada da fare.
L’incontro – è ovvio – fa buon gioco ad entrambi. A Renzi serve per riaffermare la propria leadership, forzando il confronto interno, incassando le imbarazzate reazioni dei bersaniani e scavalcando, senza metterlo in crisi, il Governo Letta. Berlusconi, dato per spacciato, trova nuovi spazi sulla scena politica, grazie al “partito dei carnefici”, riaffermando il bipolarismo e riperpetuando la propria centralità, malgrado su di lui pesi la condanna passata in giudicato e la decadenza da parlamentare.
La “strumentalità” dell’incontro e la “profonda sintonia” manifestata tra i due non rende però né facile, né scontato il cammino. Ci sono i problemi interni al partito di Renzi e c’è comunque la precarietà politica di Berlusconi, sempre nel mirino della giustizia, mentre rimangono aperte le questioni di sostanza verso quale riforma ci si vuole incamminare (riforma elettorale e non solo, visto il delicato tema delle autonomie locali e la questione, non secondaria, su “che fare” del Senato).
In questo quadro è tutto da verificare lo spazio ed il ruolo delle cosiddette “forze minori”, comunque essenziali per le rispettive coalizioni, da cui c’è da aspettarsi una qualche reazione, meno banale – ci sia concesso – dei proclami trionfalistici di Angelino Alfano.
Di fronte allo “storico incontro”, che tiene occupati i mass media e turba i sonni della sinistra, l’attendismo non paga. Anche perché, ben al di là delle riforme istituzionali, rimangono sul tappeto le grandi questioni economiche e sociali con cui, ogni giorno, gli italiani devono fare i conti. A cominciare dal tema del lavoro, del rilancio produttivo, delle tasse, della più generale modernizzazione del Paese, dei rapporti con gli altri partner europei. Su questi crinali si gioca la vera partita del cambiamento. E da qui bisogna perciò partire per lanciare messaggi forti e chiari verso il Paese reale, offrendo soluzioni credibili.
L’entusiasmo per lo storico incontro in Via del Nazareno può, in definitiva, dare fiato al governo ed essere utile, per diversi motivi, a Renzi e a Berlusconi, ma non affronta, né risolve i problemi di quanti del “modello spagnolo” o del bipolarismo, più o meno perfetto, non sanno che farsene. Più trasparente e rappresentativo sarebbe stato ipotizzare una costituente, eletta su base proporzionale, grazie alla quale aprire un ampio confronto sui modelli rappresentativi e sulle riforme istituzionali, spiegando agli italiani che solo da una coerente “rifondazione” dello Stato può aprirsi una nuova stagione politica ed una conseguente soluzione della crisi economica e sociale in atto, che, proprio per la particolarità del nostro contesto, si sovrappone alla crisi politico-costituzionale e necessita di “riforme” ugualmente radicali.
Ma sia Renzi che Berlusconi, impegnati ad inseguire le rispettive strategie, di questo, al momento, non sembrano volere parlare.