Ho appena inviato il mio articolo per il Borghese, nella sua ennesima rinascita, stavolta come mensile, sotto le insegne dell’editore Lucarini. Per questa gloriosa testata, mi sto occupando di televisione in chiave metapolitica: in questo numero, di prossima uscita, ho scritto dell’influenza che la tv ha esercitato sul calcio; ma non è di questo che volevo parlare. L’esser rientrato nella famiglia dei collaboratori del periodico fondato da Leo Longanesi, ha riacceso in me focolai di nostalgia che erano sopiti nella memoria.
Come in un filmino in superotto, di quelli con cui i nostri padri riprendevano gite e feste familiari, mi sono passate davanti agli occhi le immagini dei miei esordi, quando giovane e ingenuo più di quanto l’età avrebbe consentito, cominciai a frequentare la redazione di largo Toniolo.
Lì ho visto sfilare alcuni monumenti del giornalismo italiano, a partire, ovviamente, dal Direttore Mario Tedeschi e dalla mitica Gianna Preda; lì ho intrapreso il mio cammino di pubblicista, sotto le ali protettrici di chiocce che si chiamavano Claudio Quarantotto e, soprattutto, Luciano Cirri.
Quest’ultimo prese a considerarmi un po’ il suo figlioccio, m’iniziò ai misteri degli incipit e del come raccontare una notizia, mentre Claudio mi segnalava gli Autori che contano, molti dei quali figuravano nel catalogo delle Edizioni della stessa testata. Me ne stavo, come si dice, con due piedi in una scarpa, per ostacolare il meno possibile il fattivo andirivieni di quei colossi, ogni tanto frenando gli spontanei sobbalzi che mi procuravano le visite di collaboratori illustri, da Alberto Giovannini a Giano Accame, da Piero Buscaroli a Enzo Erra.
Quanto a Luciano, misi il naso anche nella sua vita privata: ricordo una magica serata nell’attico di via del Monte della Farina, a casa di Pat Stark, a cui, come si scriveva nei rotocalchi dell’epoca, Luciano era legato da “affettuosa amicizia”. Era una sera di maggio, e si era appena concluso un trionfale comizio di Almirante in piazza Navona: si parlava del sicuro successo del Movimento Sociale nelle elezioni della domenica successiva (e infatti il Partito avrebbe raddoppiato i suoi voti) e dell’onda lunga che avrebbe trascinato molti a votarlo anche nelle elezioni successive (qui Cirri sbagliava per eccesso d’entusiasmo, quando diceva “Presto ci sarà da vergognarsi di tutta quella gente che sarà saltata sul carro del vincitore”, perché poi l’ascesa del Movimento non andò oltre). Si gustavano – per me era la prima volta – i “marshmallows” della padrona di casa, star del “Giardino dei Supplizi”, e bicchieri di “J & B”, il whisky preferito di Luciano, che fumava e fumava, chiacchierava e chiacchierava, e beveva, lo sguardo scintillante dell’uomo di successo.
A questo proposito, stava andando forte il cabaret inventato da Luciano e da Castellacci e Pingitore, dove si esibivano Pino Caruso e Luisa De Santis, Oreste Lionello, Antonella Steni e Leo Valeriano, col contrappunto musicale del maestro Pino Roccon. Da quella cantina di piazza Rondanini, non lontana dal Borghese, lo spettacolo sarebbe emigrato nel prestigioso Salone Margherita, cambiando il suo nome in Bagaglino (avrebbe perso la ‘r’ dell’originario Bragaglino, per l’opposizione degli eredi del maestro): era il segno di invidie, emulazioni, contrasti che si sarebbero rispecchiati anche nella sfera politica e di cui mi sfuggiva il senso, tanto io ero comunque influenzato dalla riconoscente amicizia per Luciano, che sarebbe scomparso troppo presto.
“Pat” Stark (April 8, 1930 – June 19, 2020) was an American college football player and coach. Ma proprio a lui Luciano Cirri era legato da ‘affettuosa amicizia’ ed i rotocalchi dell’epoca ne parlavano liberamente? In un attico romano di via Monti della Farina (Farnesina, forse?). Qualcosa non mi convince…
Forse ho capito: Pat Starke, newyorchese di origine ebraica, non Stark….