«Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione»
Il tema del viaggio è uno degli archetipi ricorrenti nella letteratura di tutti i tempi. Affine ad esso è quello della passeggiata, la dolce sorella del viaggio. La passeggiata indica un andare a piedi per diletto, per svago, senza fretta, e implica un tragitto più o meno breve che consta generalmente di un’andata e di un ritorno.
La favola bella
E qui incontriamo subito un capolavoro, quella che, a nostro avviso, per la squisita musicalità dei suoi versi, per le sue suggestioni e la sua struttura poetica è da considerarsi senz’altro tra le più belle poesie del Novecento italiano, La pioggia nel pineto di Gabriele D’Annunzio. La poesia, di cui riportiamo la prima delle quattro strofe di cui è composta, fa parte dell’Alcyone, l’opera della maturità poetica di Gabriele D’Annunzio pubblicata nel 1903. Il poeta immagina di trovarsi, in una giornata d’estate, con la donna amata, alla quale dà il nome di Ermione, in una pineta della Versilia e di essere sorpreso dalla pioggia. Qui in una sorta di ebbrezza i due amanti si immedesimano piano piano nella natura fino a perdere la propria individualità. I due motivi fondamentali che la lirica svolge sono il sentimento panico della natura e l’amore-gioco attraversato da una punta di malinconia (“la favola bella” che illude gli amanti). Una tecnica magistrale e un ritmo incalzante costruito su 128 versi liberi brevissimi, insieme a frequenti e sparse rime ed assonanze, rende sapientemente le sensazioni prodotte dalla pioggia che cade. A poco a poco alle parole umane si sostituiscono i suoni della natura e la poesia «esprime quell’adesione pagana e sensuale alla vita tipica non solo dell’uomo, ma anche dell’epoca» ((Anna Mattei).
Con l’Alcyone il Novecento si apre, poeticamente, nel segno della grazia e d’una possibile agognata armonia con la natura. Purtroppo questo stato non durerà a lungo. Dietro l’angolo preme già un’insana volontà di potenza che si manifesterà nelle guerre mondiali e nel predominio della tecnica e dell’economia di cui ancor oggi soffriamo.
(fine 1^ parte)