Mettiamo da parte per un attimo la vicenda Fedez, fermandoci però al contesto: che è pur sempre quello del concertone del Primo maggio. Un tempo rito di massa conclusivo della giornata dedicata ai lavoratori, oggi resta soltanto un tabernacolo senza la benché minima traccia di sacramento. In tale senso, appaiono drammatiche le parole di Fulvio Abbate, intellettuale eretico di una sinistra che stenta a riconoscersi: “Oggi il primo maggio si identifica con il cosiddetto Concertone che viene appaltato ad una società esterna che si occupa di eventi spettacolari – ha detto a Lo_Speciale – Tranne qualche presenza atipica costituita da qualche gruppo che canta Bella Ciao, il tutto si traduce nel clone di un Sanremo qualsiasi”.
Conformismo
Un festival come un altro, insomma, che non intercetta alcun mercato musicale alternativo. Ecco ancora Abbate: “Il Concertone non ha nulla di atipico o di anticonformista rispetto al sistema del mercato, altrimenti dovrebbe lanciare ben altri messaggi dando spazio almeno a realtà emergenti dal punto di vista linguistico, creativo, estetico. Ormai il Primo maggio – continua – ha assunto unicamente un aspetto ludico ed erotico. Prima che scoppiasse la pandemia era in pratica utilizzato per richiamare tutti i giovani in una piazza a ballare e divertirsi senza alcun collegamento ideologico con la questione del lavoro”.
Serve un cambio di scenario
Per uscire da questo loop servirebbe un colpo di scena. Anzi, di scenario. Quale? Che sia l’Ugl a organizzare il suo Concertone (magari un concertino, tanto per iniziare). Qualcosa di nuovo, post-ideologico e connesso con i veri problemi del mondo del lavoro attuale. Primo a capire che il problema delle delocalizzazioni merita risposte di sistema, che le condizioni dei riders avessero superato ogni umana tollerabilità assieme a quelle degli operatori dei call center, il sindacato guidato da Francesco Paolo Capone potrebbe aprire una breccia generazionale. Basta volerlo.
Il campo dei diritti
Perché Fedez o non Fedez, in Italia si muore ancora di lavoro. Secondo Il Sole 24 Ore, nel 2021, il bollettino si è aggiornato quotidianamente di almeno due nuove vittime. Diritti sociali e diritti civili non devono essere per forza di cosa concorrenti o in conflitto tra loro: sarebbe una ricetta ridicola. Il punto è però che non si devono neanche sovrapporre su di un palco che dovrebbe dar voce ad altro, soprattutto quando la pandemia sta lasciando sul campo macerie enormi.
@fernandomadoonia