Il pensiero meridiano è l’idea che il Sud abbia non solo da imparare dal Nord, dai Paesi cosiddetti sviluppati, ma abbia anche qualcosa da insegnare e quindi il suo destino non sia quello di scomparire per diventare Nord, per diventare come il resto del mondo. C’è una voce nel Sud che è importante che venga tutelata ed è una voce che può anche essere critica nei riguardi di alcuni dei limiti del nostro modo di vivere, così condizionato dalla centralità del Nord-Ovest del mondo. Io credo che il Sud debba essere capace di imitare, ma anche di saper rivendicare una misura critica nei riguardi di un mondo che ha costruito sull’ossessione del profitto e della velocità i suoi parametri essenziali. Noi pensiamo che i Paesi del mondo siano divisi tra sviluppati e quelli in via di sviluppo e che i secondi debbano diventare come i primi. Questo è impossibile sul piano generale, perché il reddito medio dei Paesi sviluppati sarebbe impossibile a generalizzarsi, impossibile soprattutto perché ogni Paese ha una sua storia attraverso la quale può interpretare lo sviluppo, costruendolo sulla base di quelle che sono le sue esigenze, di quella che è la sua storia, la propria voce. Cantare con la voce degli altri è una falsità. Bisogna cantare con la propria e soprattutto rivendicare alcuni elementi che appartengono al Sud. Io in genere do un grande significato al tema della lentezza. Non è vero che il mondo è più perfetto man mano che diventa più veloce. Ci sono alcune dimensioni che sono possibili solo nella lentezza, dall’amore alla conoscenza. Pensare che tutto possa essere compresso, reso più rapido e veloce, è un’illusione che produce una serie di patologie. Ecco, il Sud ci può aiutare a percepire le patologie che nascono da un modello nel quale lo sviluppo e la ragione non hanno più un criterio di misura, sono diventate sregolate, prive di possibilità di governo”.