Una volta denunciavano colpi di Stato e strategie della tensione, ora tengono d’occhio feste di compleanno e aree pedonali. La fase senile dell’antifascismo sembra essere all’insegna del minimalismo condominiale: dietro ogni rotonda può celarsi un rigurgito squadrista, meglio tenere alta la guardia. Da “fascisti, carogne, tornate nelle fogne” a “ragazzi’, te lo buco sto’ pallone”.
Di questo antifascismo da portinaie il neosindaco di Roma Ignazio Marino rappresenta l’incarnazione politica e culturale.. Le sue reazioni isteriche alla contestazione organizzata da Alemanno in occasione della festa per la pedonalizzazione di via dei Fori imperiali la dicono lunga. Lasciamo da parte l’ex sindaco di Roma e i suoi tentativi di ritrovare una credibilità e una popolarità sulle macerie della destra, capitolina in particolare. Concentriamoci, invece, sulla reazione di Marino. Che è quella che segue: “Apprendere che rappresentanti, che provengono da una storia culturale che risale al fascismo, come Gianni Alemanno e il senatore Augello, che hanno avuto percorsi di vita ispirati a quelli della dittatura, oggi, in un momento in cui Roma festeggia loro si comportano in un modo che dimostra la loro diversità culturale”.
Non sappiamo se il “percorso” di Alemanno e Augello sia quello descritto da Marino, ma il percorso stradale appena pedonalizzato dal sindaco dalla “storia culturale del fascismo” vi deriva davvero. Ed è proprio da quella “diversità culturale” che nascono personalità come Giacomo Boni, il più grande archeologo italiano di sempre, già fascista convinto, che nel Foro romano scoprì il Lapis niger, la Regia, il Lacus Curtius, i cunicoli cesariani, la cisterna arcaica a thòlos sul Palatino, i ricchi ambienti della “Casa dei Grifi” e della cosiddetta “Aula isiaca” al di sotto del palazzo imperiale di età flavia.
Dalla stessa “diversità culturale” nasce quel Corrado Ricci a cui è dedicato il largo che fa da limite alla nuova area pedonale, che fu un altro archeologo di prim’ordine, collaboratore dello stesso Boni nonché firmatario del Manifesto degli intellettuali fascisti del 1925. Entrambi – Ricci e Boni – furono tra i frequentatori di Ezra Pound nel lungo soggiorno italiano del poeta.
Ma Marino preferisce altri interlocutori degli States, come la fantomatica “collega chirurga americana” di cui ha parlato alla stampa e che dopo aver visto 25 anni l’area del Foro domandò all’imbarazzato Ignazio: “Come vi è venuto in mente di mettere al centro di questo luogo una striscia di cemento?”. Eccoli, i veri riferimenti di Marino sindaco: non i cittadini romani, né tanto meno Roma come idea di civiltà, ma i ricchi turisti americani. Riusciremo mai a liberarci dalla sudditanza verso questo esercito di occupazione culturale? Con politici come Marino no davvero.
Evidentemente il neosindaco di Roma ha nostalgia della Roma prefascista in cui le pecore pascolavano fra le rovine, il Colosseo era circondato di baracche, il tutto in un’atmosfera decadente e “pittoresca” tale da far sognare ricchi villani smaniosi di Grand Tour, nella speranza che la visione delle rovine li mettesse nell’animo giusto per allungare qualche dollaro agli sciuscià locali. E’ l’italietta liberale, con una destra e una sinistra rispettabili, senza troppi grilli per la testa, senza velleità di protagonismo internazionale. Tu chiamala, se vuoi, “diversità culturale”.