L’Italia che vuole essere Italia. E se ne va in Africa. Con i soldati che cantano scendendo verso il fiume. Con il tenente, voce narrante, che attraversa gli altopiani africani. In un romanzo che è sincero. Troppo. Perché non nasconde nulla. Vizio, debolezza, rimorso. Lo scrittore non vuole insegnare nulla. Il personaggio del tenente non alza mai la voce. Il suo è un tempo umano, troppo umano. Intorno i comandanti si fanno portare l’insalata con un volo d’aereo. E un maledetto dente infiammato spinge avanti l’ufficiale tra le piane etiopiche. Poi, però, il militare incontra la ragazza, la possiede; ma la notte costruisce imprevisti e il tenente spara, uccide; uccide la ragazza africana di “profonda bellezza.”
Nel ritrovato romanzo di Flaiano, ‘Tempo di uccidere’, ristampato da Adelphi, il centro tematico è il rimorso: la giovane donna uccisa per disgrazia. E quella donna con “la purezza del suo sguardo” incrocia l’avventura di un italiano. Ma il rimorso corrode, anche se c’è la consapevolezza per cui “il prossimo è troppo occupato coi propri delitti per accorgersi dei nostri.” Ed è una consapevolezza scorretta, flaianesca, di fronte agli uomini che non cambiano mai.
Flaiano in fondo ci dice che la civiltà non si esporta. “La civiltà è solo un’opinione.” Forse per questo le anime belle non amano lo scrittore, sceneggiatore e drammaturgo abruzzese. Lui è assolutamente ironico. Afferma di credere nelle guerre “preparate melodicamente”. Giacché le guerre esigono le belle canzoni per la truppa al fine di evitare note di “pessimismo e sfiducia.” Allora ecco la battuta flaianesca, “Ho l’impressione che ‘Faccetta nera’ abbia molto contribuito a riempire gli ospedali di ‘feriti in amore’.”
Ennio Flaiano rappresenta un altro Novecento letterario. Scrive il romanzo degli italiani in Africa per accontentare Leo Longanesi, l’editore di Destra, e mettere nelle libreria un po’ di pagine anti-moraviane e queste pagine tuttavia vincono il premio Strega, nel 1947, battono ‘La romana’ di Moravia. Ennio allora ripete che non si aspettava questo successo letterario. Dice a tutti che “è un malinteso.” Oggi prima di tutto ricorda a noi, che rileggiamo le sue pagine, come il momento tragico rimane la scoperta di se stessi, “quello che noi siamo”, quello che eravamo, italiani smarriti tra le boscaglie degli altopiani africani schiacciati da polvere e luce bruciante.
*Ennio Flaiano, ‘Tempo di uccidere’, a cura di Anna Longoni, Adelphi, pagg. 329, 19 euro
Flaiano,meraviglioso ho letto melampus,romanzo poetico.
Bravi voi di barbadillo che ritrovate flaiano,
Ciao!