Antonio Iannone, senatore di Fratelli d’Italia e commissario regionale per la Campania del partito vicino a Giorgia Meloni. La pandemia ha messo in luce molti punti critici dell’attuale assetto istituzionale e ha sollevato molte polemiche sul fronte politico. Come giudica l’operato dei governi nazionali e regionali?
A mio giudizio l’emergenza sanitaria ha rimarcato criticità e problemi che già conoscevamo. È evidente che oggi in Italia sembra di avere più Stati in uno. Credo che la crisi Covid abbia evidenziato tutto ciò e lo abbia fatto al di là delle narrazioni propagandistiche da parte di alcuni governatori, uno su tutti, Vincenzo De Luca. Quanto è accaduto in Campania è emblematico: in primavera, quando l’Italia era già chiusa e il virus non era presente sul territorio in maniera incidente, De Luca ha letteralmente truffato i campani passando per il “salvatore”. La seconda ondata, poi, lo ha smascherato, dimostrando tutti i limiti dell’azione della Regione Campania che a oggi conta ancora 100mila casi di positivi attivi: un dato di poco inferiore a quello della Lombardia che, però, ha quasi il doppio degli abitanti.
Governo Conte e Regione Campania, in definitiva, mi pare proprio che abbiano fatto “scopa”. Per quanto riguarda il governo nazionale, voglio ricordare che a Palazzo Chigi c’erano quelli che parlavano di “modello Italia”. Ebbene, a oggi siamo tra le nazioni che piangono più morti in assoluto. Siamo secondi soltanto al Belgio che è molto piccolo e presto, se continuerà questa progressione che purtroppo si è confermata anche ieri, supereremo anche il Regno Unito. Se l’Italia è un modello gli altri Paesi saranno “top model”…
C’è il rischio che la crisi sanitaria possa produrre ulteriori disparità tra Nord e Sud?
Per noi meridionali il rischio è duplice: dal punto di vista sostanziale e da quello della percezione. Abbiamo un’economia che è più debole strutturalmente e naturalmente questo aumenterà ulteriormente il divario che già c’è. Inoltre, al Sud, proprio a causa degli annosi problemi che abbiamo, rischiamo di avere una percezione inferiore del disastro che succederà. E questo perché siamo più abituati ad “arrangiarci” rispetto al Nord. Ciò potrebbe comportare un altro rischio, quello della sottovalutazione delle difficoltà che verranno più avanti, specialmente in termini di ricaduta sociale. Al Mezzogiorno sarà anche più lenta la ripresa, quindi lo scenario ci appare davvero molto preoccupante in considerazione del fatto che il divario potrebbe aumentare, in futuro, in uno scenario di impoverimento nazionale.
Dove risiedono quelle carenze che, a detta di molti osservatori, impediscono a un cittadino meridionale di godere degli stessi diritti di chi risiede al Centro o al Nord?
E’ ovvio che al Sud, dove lo Stato non costruisce infrastrutture da anni e dove la vexata quaestio dei costi standard produce i suoi effetti peggiori, i cittadini non possano godere degli stessi diritti degli altri connazionali. Questa è una situazione figlia di uno squilibrio che persiste da anni. Noi di Fratelli d’Italia abbiamo detto chiaramente che non siamo contrari a una federalizzazione della Nazione. A patto, però, di portare prima il Mezzogiorno allo stesso livello del Settentrione e riformare l’elezione del Presidente della Repubblica, eletto direttamente dai cittadini proprio come elemento di stabilizzazione e “garanzia” dell’equilibrio del Paese e dell’effettiva unità nazionale. E, solo a questo punto, procedere alla federalizzazione del Paese. Sarà allora che, davvero, si potrà fare a gara a chi è più virtuoso. L’Italia è una sola, lo dico e lo diciamo – come Fdi – da patrioti perché noi non siamo né meridionalisti e nemmeno “settentrionalisti”. E proprio da patriota ritengo che la questione meridionale sia una questione nazionale.
Come immaginare una ripartenza per punti a recuperare il terreno perduto negli anni?
Il Mezzogiorno ha bisogno innanzitutto delle infrastrutture. Non si può pensare di poter fare impresa al Sud se ci vuole più tempo a raggiungere Roma da Reggio Calabria o da Salerno rispetto, per esempio, a qualsiasi altra città del Nord. Si capisce che così non ci sono le condizioni per fare impresa e garantire a tutte le aree del Paese le stesse chance di sviluppo. Per noi di Fratelli d’Italia questa era la priorità già da prima dell’emergenza sanitaria. Tanto che avevamo proposto di ripartire il fondo per le infrastrutture, superando il criterio “perequativo” del 30-35%, destinando la metà delle risorse al Sud.
Queste sono le scelte da fare, le responsabilità da assumersi. Il governo, però, ha scelto la via dell’assistenzialismo attraverso il reddito di cittadinanza, che troppo spesso finisce nelle tasche di chi non ha nemmeno bisogno davvero. Questa “cura” è peggiore del male.
Incombono le amministrative e in Campania si voterà in quattro dei cinque capoluoghi: Napoli, Salerno, Caserta e Benevento…
La questione delle candidature per i capoluoghi di provincia e di Regione è sui tavoli nazionali e all’attenzione dei leader. Si sono già tenuti diversi incontri per vagliare nomi e proposte. Il centrodestra è aperto alle espressioni della società civile anche in ragione delle “sentenze” elettorali che negli ultimi anni hanno dimostrato la differenza del voto amministrativo rispetto a quello politico.
Per quanto riguarda Fratelli d’Italia siamo disponibili a ragionare con tutti. A patto di partire da una piattaforma comune del centrodestra che non prescinda dal proporre agli elettori liste politiche e dalla condivisione di programmi e visioni che siano assolutamente alternative a quelle seguite dai governi, a ogni livello, guidati dalla sinistra. In questa chiave noi abbiamo fornito profili di area politica e culturale da sempre riconosciuto come appartenente al centrodestra e ora aspettiamo con molta tranquillità e determinazione.
Il timore è che si replichino i veti incrociati di pochi mesi fa, alle Regionali…
Né fughe in avanti né stroncature: chi volesse iniziare a giocare al totonomine sappia che farà un danno a tutta la coalizione. Tutti dobbiamo essere consapevoli del fatto che il centrodestra non è un singolo partito ma, appunto una coalizione. In linea generale, con tutte le difficoltà che pure riempiono le cronache, il centrosinistra, incentrato com’è sul partito “egemone” ha un fattore facilitante che nel centrodestra non c’è. Lo scenario oggi vede Fdi avvicinarsi moltissimo a quelle che erano e sono la percentuali della Lega. Ma, ripeto, noi non facciamo discorsi di bandierine: vogliamo mettere in campo i profili e candidati migliori, quelli che per storia politica e professionale possono offrire le migliori garanzie. Vincere è fondamentale ma è necessario governare.