* Al dibattito sugli orizzonti di un’area culturale a destra in Italia, si è registrata finora una sostanziale assenza di interventi da parte di giovani pensatori, giornalisti, scrittori che hanno ricevuto una educazione sentimentale tra ‘tempeste d’acciaio’ e lezioni spirituali da samurai. Indagare le motivazioni del rumoroso silenzio di tanti aspiranti “maitre à penser” non è la priorità. Questo scritto è il primo di una serie di contributi, liberi e non conformisti, che saranno pubblicati su Barbadillo.it. ***
Sono passate settimane dall’appello di Veneziani sul Secolo. Molte emozioni, qualche parola, poche idee. Solo Franco Giorgio Freda, su Libero, forse perché lui stesso esempio massimo di Libertà, ha scritto quel che andava scritto: la destra doveva stare. Ferma e bella. Non è stata. E’ andata, con tutto il resto. Itaca si è inabissata.
Non è un caso che Veneziani ritrovi fiato oggi, alla terza o quarta edizione, chi se lo ricorda più, de La Rivoluzione conservatrice in Italia; male della destra post-fascista questa immensa voglia di dialettica, frenesia dell’attualismo, ossessione dell’oggi nel futuro immediatamente prossimo: Veneziani manco se ne vergogna dei capitoli passati su An, sul Berlusconi Cesare spengleriano, sulla rivoluzione del ’94. E’ normale per un intellettuale dialogare coi fatti; basta aggiungere un capitoletto nuovo, toglierne di vecchi. Ideologia italiana. Siamo intellettuali, mica “creatori di popoli novelli”.
Itaca è andata. Finita. C’è chi lo dice per snobismo, come Cardini. “Io di là non ci passerei comunque”. C’è, chi come me, lo dice guardando gli uomini. “Manca il materiale umano”. Storica frase della destra radicale. Manca la vitalità, il coraggio, manca biologia ma soprattutto spirito. Manca selezione. Manca tutto. Da quando Cacciari ha convinto i nostri intelligenti intellettuali che le rivoluzioni non erano da fare, che erano “pensiero negativo” e non superamento attivo del nichilismo, il nulla ci ha travolto, portandoci al buio della volontà, dunque di ogni cosa.
Ciò che servirebbe oggi è il ritorno ad un’antica usanza delle popolazioni italiche indoeuropee; in tempi di carestia, di decadimento, di crisi assoluta, i giovani nati in primavera, appena adulti, venivano benedetti e spediti in marcia verso nuovi territori. Non era determinante l’arrivo, se non in termini di habitat. Il Ver Sacrum selezionava, forgiava, rendeva ancor più forti i legami della tradizione. Una tradizione di fondazione. Dunque, se tra noi, esiste un qualche leone che non sia tornato cammello, che prenda coraggio, diventi fanciullo. Fondi qualcosa. Qualcosa di Inattuale, di Cattivo, di Forte e di Vitale. Qualcosa che sia, nei fatti, la risposta al balbettìo sofistico dei Cacciari al potere.