Leonardo da Vinci è una delle personalità più significative del nostro Rinascimento. In lui hanno trovato sintesi esemplare le tensioni spirituali ed intellettuali che animarono quell’età, quel Nuovo Inizio della storia europea, connotata da un recupero dell’Antico, ma esposta anche sul moderno. Finora, la maggior parte dei contributi esegetici dedicati al grande Vinciano, si sono intrattenuti sull’apporto fornito dal suo genio allo sviluppo della scienza. Una recente monografia, sposta l’attenzione sui profondi legami che l’artista ebbe con le idealità del neoplatonismo riemerse, per volontà di Cosimo dei Medici, nell’Accademia di Careggi, in cui operarono Marsilio Ficino e Pico della Mirandola. Ci riferiamo al volume di Dalmazio Frau, L’Angelo inquieto. Scienza e magia in Leonardo da Vinci, edito da Iduna (per ordini: associazione.iduna@gmail.com, pp. 131, euro 14,00).
Il libro merita una prima positiva menzione in quanto, come sottolineato da Mariano Bizzarri nell’ informata prefazione, nelle sue pagine l’autore: «ha saputo coniugare la sensibilità dell’artista (Frau è innanzitutto pittore) […] alla erudizione dello studioso versato in discipline esoteriche» (p. 11). Inoltre, Frau, fin dalla premessa, prende le distanze dalle letture proposte da mistagoghi contemporanei, quali Brown de Il Codice da Vinci. Il Vinciano non fu a capo di confraternite segrete, di sette atte ad ordire complotti contro l’ordine imposto all’Europa da Santa Romana Chiesa. Egli fu: «“uomo universale” e mistico pittore del Mistero con un linguaggio artistico totalmente simbolico ancora in gran parte da decifrarsi» (p. 19). In questa affermazione si condensano gli intenti di Frau che non ha la pretesa di elargire facili e definitive verità storiche al lettore, ma mira a suscitare dubbi e curiosità relativi ad una personalità complessa, che non può, sic et simpliciter, essere schiacciata sui canoni interpretativi della vulgata scientifica.
Allo scopo, ecco l’autore ricostruire, con spiccato gusto per il particolare, che mai scade nel pettegolezzo a sfondo sessuale, connotante di sé più di qualche lavoro biografico, i momenti della biografia del genio, la cui esistenza fu scandita da irrequietezza spirituale, ragione dei suoi continui spostamenti in Italia ed in Europa. Determinante risultò, per la formazione del pittore ma anche dell’osservatore dei fenomeni naturali, la frequentazione della bottega del Verrocchio. Il Vinciano intese l’arte quale: «conoscenza che consente a chi la pratichi di comprendere le leggi che governano e regolano la natura» (p. 21). Memore del Vasari, Frau ricorda che l’artista, fin da giovane suscitò attorno a sé un alone ambiguo di magia e incantamenti, in quanto avvertiva il mondo quale grande macchina naturale: «mossa da forze […] e regolata, nei suoi perfetti congegni, da una mente eccelsa che ha predisposto ogni cosa secondo le leggi della matematica» (p. 26). Frau si pone, pertanto, in sequela con Vuilliad che, per primo, all’inizio del secolo scorso, e alla luce di uno studio accorto, aveva colto motivi ermetici negli scritti e nella produzione artistica del Vinciano. La stessa biblioteca di Leonardo, da quel che se ne conosce, raccoglieva una serie di volumi attestanti il suo interesse ermetico-neoplatonico.
Tale prossimità si evince dall’analisi delle pitture leonardesche, a cominciare dalla Madonna del gatto. In realtà, non si tratta di una vera pittura, ma di due studi che chiariscono come l’artista abbia messo in atto un processo identificativo con il piccolo felino, scaltro ed imprendibile. Il gatto risulta enigmatico come la Sfinge, portatore di domande e conoscenze legate all’occulto. La sua figura è stata variamente interpretata e caricata di significati, sia salvifici che diabolici. Leonardo lo lega alla Vergine, identificandolo all’elemento mercuriale, sfuggente, che il Bambin Gesù cerca di trattenere. Il felino: «altri non sarebbe che la manifestazione dell’[…] Eterno Femminino» (p. 37), in un’esegesi nella quale elementi pagani e cristiani si sovrappongono. Il momento apicale del volume va colto nell’esegesi della prima versione della Vergine delle Rocce, custodita al Louvre. Quattro personaggi occupano la scena: la Vergine, il Bambin Gesù, San Giovanni Battista e un Angelo, rappresentati senza aureola. La scena si sviluppa dinamicamente tra rocce, acqua e coinvolge persino l’osservatore della pittura. La lettura di Frau è tradizionale e simbolica. La grotta che ospita l’incontro tra Giovanni, il precursore del Cristo, il Bambino e la Vergine è un meta-luogo, vale a dire un luogo dello natura in cui irrompe la sovra-natura. La caverna è spazio di iniziazione, è simbolo equivalente al cuore e alla montagna e allude alla materia prima che le potenze numinose attivano. La Vergine, in essa, designa il Principio femminile della manifestazione.
Il percorso iniziatico è suggerito dalla sorgente d’acqua che indica: «un moto che procede dal basso verso l’alto» (p. 48). In sintesi: «La caverna è il nuovo Eden dove l’elemento terra s’incontra con l’aria, l’acqua e il fuoco, e il mondo minerale con quello animale, vegetale e spirituale» (p. 51). L’identificazione dell’Angelo è incerta, potrebbe essere sia l’ «ortodosso» GabriEl, sia UriEl. Resta il fatto che il dipinto evidenzia la valorizzazione dell’aspetto femminile del cosmo, mentre il paesaggio esplicita le tappe del percorso iniziatico. L’osservazione della natura è sempre risultata centrale in Leonardo: lo condurrà, perfino, a mettere in atto una serie di sfortunate esperienze di volo ed a progettare le «ali di pipistrello», che Bob Kane, disegnatore di Batman, riprenderà molti secoli dopo. L’ermetismo del grande artista si mostra, infine, nei dipinti dei Poliedri: «Siamo alla metà del 1400 e Leonardo si colloca all’interno di quel vasto filone che [..] per il tramite di Luca Pacioli […] andrà riscoprendo la tessitura nascosta del mondo» (p. 13).
In tale ambito egli recuperò l’idea di Geometria qualitativa che è: «assimilata all’attività divina che crea e ordina i mondi» (p. 79). Attraverso i poliedri si entra nel cuore della creazione divina, nella struttura che, muovendo da Pitagora, Platone definì matematico-geometrica della Realtà. Una Geometria sacra, come nelle intenzioni del francescano Luca Pacioli, connessa con la musica: «dal momento che i rapporti che contraddistinguono le proporzioni tra poliedri inseriti nella sfera possono rifarsi a quelli della scala musicale pitagorica e vengono posti sotto il nome di “armonia delle sfere”»(p. 95). Conclusivamente, Leonardo mirò a realizzare la divina coincidentia oppositorum, la ricomposizione dell’Androgine, consapevole che l’alchimia altro non è, se non imitazione del lavoro della Natura.
*L’Angelo inquieto. Scienza e magia in Leonardo da Vinci, di Dalmazio Frau, edito da Iduna (per ordini: associazione.iduna@gmail.com, pp. 131, euro 14,00)