Già nel precedente romanzo del detective italo argentino Josè Cavalcanti, Gian Luca Campagna aveva messo in luce una delle tragedie sudamericane che più gli stanno a cuore: il dramma dei desaparecidos e soprattutto dei neonati sottratti ai genitori guerriglieri e fatti adottare da altre famiglie. In “Il profumo dell’ultimo tango” (Historica, 2017) l’indagine di Cavalcanti ruotava proprio intorno a questo tema che, in un certo senso, si ripresenta anche nel nuovissimo “La scelta della pecora nera”, sempre pubblicato da Historica. Soltanto che questa volta sotto la lente dello scrittore di Latina non c’è il cruento regime dei militari di Buenos Aires, di cui si è detto e scritto molto, bensì un fenomeno assai meno conosciuto: la dittatura apparentemente più “soft” che resse l’Uruguay a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta.
Scritto su più piani temporali (primi anni Settanta, 1980 e periodo contemporaneo) il romanzo fila via veloce perché l’autore ha il merito di saper intrecciare episodi tragici e normale quotidianità in una prosa scoppiettante ed evocativa, non priva di parentesi leggere e persino divertenti. Al di là dei drammi storici, descritti con implacabile crudezza, intorno al protagonista si muove una bizzarra galleria di personaggi degni di un romanzo di Osvaldo Soriano, oppure di una commedia degli anni d’oro del cinema italiano. La citazione non è casuale, visto che lo stesso Cavalcanti paragona la sua “squadra” investigativa a una specie di Armata Brancaleone.
Nel romanzo c’è la Storia con la “s” maiuscola, quindi, e le storie di vite ordinarie che all’improvviso vanno a cozzare contro violenza e sopraffazione. Ma c’è anche un altro dei classici temi cari a Campagna: il calcio. In questo caso l’autore va a pescare negli archivi del passato niente meno che il “Mundialito”, torneo disputato a gennaio del 1981 che solo i meno giovani ricorderanno. Una sfida tra i vincitori di titoli mondiali (più l’Olanda) che avrebbe dovuto sancire il trionfo popolare del dittatore Aparicio Mendez e invece, almeno in Italia, passò alla storia perché per la prima volta le partite vennero trasmesse non dalla Rai ma da dalle reti berlusconiane. Il quale Berlusconi, viene ricordato nel romanzo, all’epoca godeva di ottime relazioni con i regimi sudamericani grazie anche ai buoni uffici della loggia P2.
Quindi in “La scelta della pecora nera” c’è la Storia, ci sono le storie umane, c’è il fùtbol ma naturalmente non mancano grandi bevute, sigarette fumate a raffica, rimpianti d’amore e torride scene di sesso, come nella miglior tradizione del canagliesco eppur nobile detective Josè Cavalcanti. E naturalmente c’è un’indagine poliziesca, il mistero di una donna ricca e indipendente scomparsa senza lasciare traccia; una storia che comincia a Còrdoba, in Argentina, e si conclude dall’altra parte del Rio de la Plata, a Montevideo.
Dev’essere un bel libro. Non so se l’autore a Montevideo ci sia vissuto in quegli anni già lontani. Quindi, prima di poterlo leggere,sono un po’ diffidente. La sinistra locale ed internazionalista si è inventata una spietata dittatura militare che non coincide con i miei ricordi personali e con le frequentazioni di quel periodo (a tutti i livelli, compresi i politici in disgrazia ed detenuti politici) e successive… Il Mundialito dell’80 l’ho vissuto da vicino, con i giornalisti e giocatori italiani, in ricevimenti, conversazioni ed allo stadio, e posso assicurare che non doveva affatto contribuire alla fama popolare di Aparicio Méndez, un anziano politico ‘blanco’ conservatore (nell’80 aveva già compiuto 76 anni) che l’ultima cosa a cui tenesse era proprio la popolarità…. Semmai il Mundialito (l’Inghilterra non volle essere presente, ma fu sostituita dall’Olanda) serviva ai militari per mostrare la ‘normalità’ dell’Uruguay al mondo… Comandavano allora i militari, non degli assassini spietati, e non certo Méndez…che era solo il volto civile del regime, dopo la rinuncia di Bordaberry nel 1976…