Massimiliano Latorre, uno dei due fucilieri della Marina Militare coinvolti nella nota vicenda “Enrica Lexie”, si è sfogato con un post su Facebook per l’obbligo, ancora in vigore, di firmare un registro presso la caserma dei carabinieri. Sul fatto interviene l’Associazione Nazionale Sottufficiali d’Italia, che esprime sconcerto per l’obbligo di firma ancora a carico dei due colleghi e chiede l’immediata revoca del provvedimento e di tutte le altre restrizioni alla loro libertà.
“Dopo la decisione del Tribunale arbitrale internazionale dell’Aja, che a inizio luglio ha sancito l’incompetenza giurisdizionale dell’India a processare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, pensavamo che l’India non avesse più nessuna giurisdizione sui due fucilieri di Marina – dichiara Gaetano Ruocco, presidente nazionale dell’ANSI, l’associazione nazionale sottufficiali d’Italia – invece, a distanza di un mese, sono ancora costretti all’umiliante quotidiano obbligo di firma.
Il Tribunale internazionale ha sancito che il 15 febbraio 2012, i due Fucilieri di Marina hanno agito in qualità di funzionari dello Stato italiano, impegnati nell’esercizio delle loro funzioni e pertanto non processabili da altro Stato – prosegue Ruocco – l’obbligo di firma lede la dignità dei nostri colleghi e la serenità delle loro famiglie. Chiediamo, con forza, l’immediata revoca del provvedimento e di tutte le altre restrizioni alla loro libertà personale – conclude il presidente nazionale dell’ANSI – ed esprimiamo la nostra affettuosa vicinanza a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, due onesti servitori della Patria Italiana” .
Non saranno stati degli eroi, ma senz’altro sono stati delle vittime. Dell’ingenuità del comandante della nave, dell’arroganza dell’India, dell’impotenza di governi imbelli. Quanto all’obbligo di firma, non posso fare a meno di notare che con questo provvedimento se la cavano marocchini (e anche italiani) sorpresi a spacciare e scarcerati la sera stessa.
Quanto all’opportunità di un’associazione sottufficiali, ricordo che una volta erano ammesse solo le associazioni di militari in congedo, perché (a mio giudizio giustamente) i militari dovevano obbedire tacendo; l’unica tollerata era la “calotta”, che riuniva i subalterni di un reparto, e da un lato infliggeva bevute da pagare ai tenenti e soprattutto ai sottotenenti di complemento che avevano fatto qualche sciocchezza, dall’altro avanzava al comandante del corpo alcune lamentele.
Poi è venuta la legge sulla rappresentanza militare, e molte cose sono cambiate: presto avremo addirittura un sindacato dei militari, e il colonnello dovrà fare una trattativa con la commissione interna prima di mandare i soldati all’assalto. Ma questo è un altro discorso.