Ho visto sui giornali del 13 agosto la foto di Salvini che in bicicletta e a torso nudo torna al suo albergo di Forte dei Marmi insieme alla figlia. Sarei un ipocrita se non ammettessi che lo preferivo vestito con una delle sue innumerevoli felpe. In Versilia in questi giorni fa caldo, ma non posso fare a meno di ricordare una delle grandi lezioni di vita che ricevetti negli anni ’60.
L’abito fa il monaco
Avrò avuto sì e non undici anni. Faceva caldo anche allora. Ero uscito con i soli calzoncini dal Bagno Dora, a Viareggio, per comprare una pallina da pingpong nuova in una merceria che si trovava in Passeggiata a pochi metri. Giocavamo interminabili partite sul malconcio tavolo in compensato del bagno e in una delle mie acrobatiche “schiacciate” ero riuscito per l’ennesima volta a incrinarla.
Ero appena uscito che un vigile urbano, nella sua impeccabile divisa bianca, mi bloccò e mi ordinò di tornare al bagno. Tornai in cabina e indossai una maglietta. Quel vigile mi aveva insegnato che anche le forme hanno la loro importanza, che in città – anche una città di mare – non ci si può comportare come sulla spiaggia, che il decoro passa anche attraverso piccoli dettagli.
Oltre ai tamarri c’è di più
Rispetto Salvini da quando, per caso, assistetti a un suo comizio proprio a Viareggio, davanti al Margherita, dove da sempre nella città si svolgono i comizi più importanti. Un gruppo di attivisti dei centri sociali lo contestò e riuscì quasi a impedirne il proseguimento. Non potei fare a meno di ricordare che una scena non molto dissimile si doveva essere svolta nel 1915, quando Filippo Corridoni, sindacalista rivoluzionario convertitosi all’interventismo, teneva un comizio esattamente nello stesso luogo. E che uno dei giovani che lo difendevano si chiamava Lorenzo Viani, grande artista nonché vecchio anarchico convertitosi anche lui all’interventismo e tornato, per parafrasare il titolo di un suo romanzo, “alla patria”.
Però preferirei che, nella speranza di lucrare qualche preferenza, Salvini smettesse di rivolgersi al popolo dei “tamarri” e tornasse magari a indossare le felpe. O almeno le magliette, visto che onestamente in Versilia in questi giorni fa davvero troppo caldo.
Post scriptum “marinaresco”
Una volta per invogliare i giovani ad arruolarsi in Marina veniva esibito il motto “Patria e Onore”. Poi fu la volta del micidiale slogan “Entra in Marina, sarai un tecnico, girerai il mondo”. Una pubblicità che sarebbe andata bene per chi avesse voluto reclutare tecnici dell’Eni. Ora apprendo che, al termine del giuramento, una tenente di vascello ha invitato gli allievi della Scuola di Taranto a ballare con lei, sulle note di un nuovo tormentone estivo.
Pare che sarà punita: staremo a vedere. Da Patria e Onore al ballo del qua-qua.
A proposito di nudismo, mi avete fatto venire in mente una frase tratta da Nuovo Baltico di Alessandro Pavolini, una serie di reportages raccolti poi in volume. Una signora un po’ in là con gli anni, diceva a un’amica: “Guarda come sono fraschette le ragazze d’oggi. Non hanno pudore e vanno col vostume. Noi sulla spiaggia andavamo nude”. Tutto è relativo, e debbo confessare che se avessi visto la Verdini a seno nudo e Salvini invece in maglietta non avrei avuto nulla da ridire.
Resta il fatto che continuo ad augurare al “capitano” di tornare a indossare la felpa della Polizia di Stato. Da ministro dell’Interno.
L’uomo è l’unico animale che vestito ci guadagna. Infatti il mio bassotto cerca sempre di togliersi il cappottino che gli mettiamo d’inverno… Però non aspira a fare il presidente del Consiglio…
Leggendo i commenti seguiti al mio intervento,ritengo opportuno precisare che quando parlo di ignoranza elementare da parte di Salvini,riguardo alla Venezia Giulia, ciò che mi muove non è uno spirito campanilistico . Bensì è un’accusa di tradimento politico ed ideale verso i 350mila esuli ed i loro discendenti istriani,fiumani e dalmati. Essi provengono da quelle terre che hanno costituito per 2000 anni le province romane dell’Illyricum (dapprima provincia senatoria) modificata nel 27 a. c. in Prov. Imperiale da Ottaviano Augusto così come l’Imperatore Diocleziano costituì la Diocesi “Venetia et Histria” nel 290 d.c. Oggi,la Venezia Giulia è costituita a livello politico-amministrativo-fisico solo dalle Province di Trieste e Gorizia,perchè i suoi storici territori dell’Istria, Quarnaro con Fiume,della Dalmazia sono stati ceduti -dall’iniquo Trattato di Pace -alla Jugoslavia titina. Quindi,è contradditorio che Salvini (insieme alla Meloni) venga a Trieste presso la foiba di Basovizza ad onorare nella Giornata del Ricordo i nostri Caduti ,se poi si dimentica -o non sa – che le foibe individuate come strumento di eliminazione di Italiani sono oltre 300 .Queste si trovano per la maggior parte nel Carso sloveno ( e molte non possono essere esplorate per un divieto permanente delle autorità slovene) ,altre si trovano nell’Istria interna, altre nei Carsi fiumani e dalmati.Quindi, mi sembra come logica deduzione che egli capisca-una volta per tutte- che la Venezia Giulia non è solo una denominazione topografica ma resta una ferita aperta per le sue mutilazioni territoriali ed umane. Inoltre,capisca che se vuole essere un “Capitano” deve possedere adeguate conoscenze storiche a salvaguardia del nastro Confine Orientale. Ultimo strale politico : perchè non attacca la Lamorgese sul suo rifiuto di chiudere il confine con la Slovenia e la Croazia ? Perchè la Slovenia non ferma i clandestini asiatici che percorrono il suo territorio carsico che si trova alle spalle di Trieste ? Anzi,spesso li accompagna sollecita ad invadere la nostra città?
Non so, forse avresti voluto essere un uomo della Restaurazione e così via… Non è che la società o l’etica di ieri, agiografie a parte, fossero gran cosa. L’ essere umano è sempre lo stesso… Non c’è da allinearsi a nulla in particolare, credo, ma non cozzare contro i mulini a vento… Salutoni!
Igino, probabilmente nel mio rimpianto dell’Italia degli anni della mia infanzia e adolescenza, l’Italia degli anni Sessanta, c’è la nostalgia di un mondo in cui, pure fra molte ipocrisie, persistevano certi valori, anche estetici. Quando si andava al mare si sapeva di dover rispettare certi limiti e un caldo afoso non costituiva un alibi per lo sbracamento. E questo soprattutto in località prestigiose, come il Forte e, all’epoca, anche Viareggio, poi decaduta per il turismo di massa.
Oltre tutto, c’erano molte persone che avevano fatto la guerra, magari nel clima torrido del deserto di Libia, o magari nel gelo della Russia… Ai bambini si insegnava a non lamentarsi dei piccoli disagi “come donnicciole”, non si mettevano gli occhialini da sole a tre anni e ci si invitava a pensare a chi sta peggio; quando eravamo più grandicelli ci dicevano “pensa a quando partirai soldato”.
Molte cose non andavano bene, certo, ma c’era una maggior fiducia nel futuro, la vita costava ancora poco, c’era una maggiore dignità, da parte di tutti (parlo della mia esperienza in Toscana), le famiglie erano ancora unite e si usciva dalla scuola con diplomi che ancora valevano qualcosa. La prova: si facevano più figli, e non solo perché la pillola non era ancora diffusa: c’erano pur sempre i preservativi…
Ripeto, può darsi che riveda quegli anni lontani con le lenti della nostalgia, ma penso che un fondo di verità ci sia e che non sia soltanto una questione di magliette e di mutande.