Non c’è giorno che un editorialista, un corsivista, un curatore di rubrica coi lettori su un giornalone o nelle sue periferie conformi, non elogi la buona destra che non c’è. È una storia vecchia, che si acutizza ogni volta che nel nostro paese o nel mondo la maggioranza dei consensi va alla destra, per definizione cattiva. Il connotato principale di una buona destra per lorsignori, lo ripetiamo, è quella di essere minoritaria, perdente, subalterna all’establishment e alla sinistra, che ne è il suo braccio politico-ideologico; e i suoi migliori riferimenti sono sempre morti. E anche stavolta (l’ultima sul Corriere della sera l’altro giorno) il copione si ripete. Di solito i riferimenti positivi che si riescono a pescare tra i viventi sono reduci dalla disastrosa esperienza finale di Fini e ora si collocano nell’area del Pd. Curioso, no?
Ma non voglio scendere sul terreno della politichetta, dei casi personali e degli interessi passeggeri, e prima di tornare allo scenario politico presente, alle destre in tutto il mondo, vi chiedo: ma secondo voi qual è il tratto tipico e generale della destra, ciò che la caratterizza e la distingue, a livello di principio e di sensibilità popolare? A me pare evidente. Piaccia o non piaccia ogni destra popolare che ha vinto o è vincente è una variazione sul tema Dio, patria e famiglia. Variazione aggiornata o degradata, volgarizzata o modernizzata, comunque l’asse su cui ruota la destra nel mondo è quella. Poi ci possono essere destre più laiche che lasciano in secondo piano il connotato religioso, altre che attenuano l’aspetto nazionalista o altre che declinano in modo più soft i diritti civili. Il tema portante è la tradizione, il comune sentire, il realismo unito alla meritocrazia; poi le declinazioni possono essere di tipo conservatore o sovranista, social-riformatore e perfino rivoluzionario-conservatore. Ma se guardate alla realtà anziché al pozzo nero dei vostri desideri, la destra è quella, sono quelli i suoi punti fermi che la oppongono al politically correct dell’ideologia global. A me non dispiace una destra con quei connotati ma ho la preoccupazione opposta: quei temi sono troppo grandi, sensibili e toccano l’animo umano per ridurli solo a merce elettorale, slogan e gesto volgare. Vanno dunque salvati, lo scrissi in un libro intitolato proprio Dio patria e famiglia, dalla loro banalizzazione strumentale.
Ma i miei pensieri sono una cosa e la realtà è un’altra: e ogni destra al mondo che abbia conquistato il consenso dei popoli e il governo, sempre detestata e delegittimata da lorsignori, ruota intorno a quei principi messi su strada.
Dio si traduce in difesa della civiltà cristiana e dei suoi valori, senso religioso e rispetto del sacro; Patria si traduce in sovranità nazionale, etica comunitaria, rispetto della memoria storica e dell’amor patrio; famiglia si traduce in difesa della società naturale, priorità alle famiglie costituite da padre, madre e figli, denuncia dell’uso ideologico e penale delle tutele di omo, trans, e dintorni. Questa è la destra, signori, la destra reale. Poi ci sono modi degni e indegni di interpretarla, volgari e nobili, decenti o grossolani. Ma qui avviene la mistificazione o il fraintendimento della “buona destra”. Quell’asse portante sparisce nelle prescrizioni mediche della buona destra. E spariscono le traduzioni di quei principi nella realtà:
La buona destra di lorsignori dev’essere genericamente liberale, libertaria, europeista nel senso di questa UE, globale, moderatamente progressista, e moderna, ripudiando i temi anzidetti e le loro derivazioni. E deve accettare lo statuto di perdente. Una destra così è pensata su misura per l’establishment in cui lorsignori sono inseriti. È l’opposizione di sua maestà, ossequiosa al Canone Regio.
Ora, il principio primo di ogni destra, come di ogni sinistra, è che deve piacere a quelli che la votano e vi si riconoscono in lei. Non deve piacere a chi non la voterà mai o è dall’altra parte. Non mi sognerei mai di stabilire il perimetro entro cui la sinistra sia buona o no; posso criticarla duramente o no, ma la sinistra se la scelgono quelli che la fanno e la votano. Questa è la base elementare della democrazia e della libertà, non potete prescrivere voi il perimetro lecito della buona destra. L’importante è che ripudi la violenza, l’intolleranza e le tentazioni dispotiche e totalitarie; che, come è storicamente noto, possono sorgere a destra come a sinistra, o in ambito tecnoliberale, antipolitico e perfino sanitario (lo abbiamo testato di recente).
Ho un giudizio differenziato, a volte critico, se non di antipatia, verso alcuni leader di destra vincente, trumponi o trumpini nostrani: ma negli Usa come in Gran Bretagna, nei paesi di Visegrad come in altri grandi paesi d’Oriente e in Brasile, il consenso popolare su cui si fondano quelle esperienze di governo è su quell’asse portante.
Ma per lorsignori il rappresentante ideale della destra global è quel filosofo taroccato di nome Francis Fukuyama che ha scritto banalità cosmiche sulla fine della storia e oggi firma il manifesto dei 150 intellettuali liberal per frenare il politically correct, e intervistato da la Repubblica, aggiunge tre notazioni: a) il politically correct è positivo, bisogna solo frenare i suoi eccessi sennò si fa un favore a Trump; b) lui in America vota progressista, vota Biden perché la buona destra fa così; c) la terza, ridicola: il politically correct sorge in reazione a Trump, quando tutti sappiamo – e lo ammette pure lui – che Trump ha vinto proprio perché reagiva al politically correct. Invece, il filosofo-funzionario inverte la sequenza e attribuisce a Trump il male contro cui ha riscosso consensi: è come accusare l’autan perché ci sono in giro troppe zanzare. No, Fukù, ci sono troppe zanzare e perciò tanti comprano l’autan. (MV, La Verità 26 luglio 2020)