E’ dedicato in gran parte ai 75 anni delle stragi americane di Hiroshima e Nagasaki il nuovo numero di Nova Historica, la rivista di storia contemporanea diretta da Massimo Magliaro e Roberto Rosseti e edita dalla casa editrice Pagine di Roma.
Gli autori di questo “focus” raccontano “l’impero delle bombe democratiche”, ricostruiscono le origini e gli sviluppi del Progetto Manhattan dal quale prese le mosse l’operazione bellica più sanguinosa della Storia umana, illustrano la particolarità di Nagasaki colpita non per inesistenti scopi militari ma per sfregiarne la sua originale cattolicità, fanno rivivere le decine e decine di bombardamenti che devastarono l’Italia, colpendone in particolare obiettivi civili, da Montecassino a Gorla, e quelli che rasero al suolo la Germania, in particolare Dresda, e indugiano sul rapporto fra eticità e guerra e sul fallimento dell’Onu, nato proprio negli stessi giorni delle atomiche con la finalità di garantire la pace mondiale, obiettivo che invece l’Organizzazione ha clamorosamente fallito, visto che in nessun periodo della Storia sono scoppiati tanti conflitti come nel dopoguerra.
Questi contributi hanno le firme di Roberto Pecchioli, David Irving, Pietro Cappellari, Francesco Lamendola, Gregory P. Pavlik, Claude Barthe, Paolo Toppi, Massimo Magliaro, Caroline Delmas.
Vengono pubblicati anche molti versi che Ezra Pound ha dedicato nei “Cantos” alle opere d’arte ferite o distrutte dalle bombe “liberatrici” nel nostro Paese.
Dopo questo “focus” particolarmente documentato e ricco di una accurata iconografia, Primo Siena ricorda il primo Movimento sociale, l’intenso dibattito interno giovanile, i Congressi, le riviste culturali, l’emergere di figure che si sarebbero affermate in tutti i campi di attività negli anni avvenire; Nazzareno Mollicone termina la sua Storia del Sindacalismo nazionale raccontando la nascita dell’Unione generale del lavoro; Massimo Weilbacher illustra la costruzione corporativa nell’Austria di Dollfuss e Spann, nel Portogallo di Salazar e nella Spagna precedente alla guerra civile e al Franchismo; Renzo de’ Vidovich racconta la verità dell’incendio del “Balkan” su cui, proprio in questi giorni, tante falsità sono state dette sia da fonti italiane sia da fonti slovene; e Roberto Rosseti torna sulla strage di Bologna (che è stata oggetto del “focus” del numero precedente di Nova Historica) intervistando l’on. Federico Mollicone, di Fratelli d’Italia, promotore di una iniziativa parlamentare bipartisan per chiedere che venga fatta luce sui tanti lati (ancora) oscuri delle indagini e dei procedimenti giudiziari.
Una ampia sezione della rivista è dedicata alla storia recente del Medio Oriente: si parla di due leaders amati dai rispettivi popoli e che diverse, ma convergenti, mani assassine hanno eliminato per evitare che quella regione così importante dal punto di vista geopolitico e geoeconomico si avviasse verso equilibri meno precari e più giusti, senza il ricatto dei rispettivi fondamentalismi: Bachir Gemayel eletto presidente legittimo del Libano e ucciso da una micidiale attentato poco prima che assumesse le sue funzioni istituzionali (parlano la vedova, Solange, il suo successore alla guida delle Forze libanesi, Samir Geagea, ed un suo stretto collaboratore e amico, Abu Nader) e Ahmad Massoud, eroe dell’Afghanistan che piegò l’Armata Rossa obbligandola a ritirarsi ma che pagò con la vita la sua vocazione patriottica e il suo coraggio politico e ideale.
Dopo la rubrica “Date/Uomini/Idee/Eventi” (nella quale si parla di Ledesma Ramos, del raid aereo Roma-Tokyo, delle Termopili, degli oligarchi al potere nel Terzo mondo e del tradimento consumato da Stalin verso i prigionieri sovietici caduti nelle mani delle truppe dell’Asse), Mario Barnardi Guardi, nella sua rubrica “Scaffale”, commenta le ultime opere su Niccolò Machiavelli. Nella rubrica “Letti per voi” questa volta non ci sono recensioni ma una lunga bibliografia che comprende testi “controcorrente” destinati a chi vuole approfondire i temi legati al razzismo e allo schiavismo che tanta polemica strumentale hanno suscitato negli Usa e nel mondo dopo la morte di George Floyd, testi che dimostrano come lo schiavismo più spietato è stato quello arabo-islamico.
Nell’”Antologia”, la rubrica che chiude ogni numero di Nova Historica, è pubblicato un brano del filosofo ungherese Thomas Molnar dedicato alla contraddittoria vocazione imperiale degli Usa.
Nel 90mo anniversario della bonifica delle paludi pontine l’inserto fotografico di 16 pagine a colori è dedicato alle 147 città fondate da Mussolini tra il 1925 (Predappio Nuova) e il 1939 (Mussolinia di Sicilia), una gigantesca impresa che ancora suscita ammirazione .
Il fascicolo (a. XVII, n. 72) è di circa 200 pagine.
L’atomica fu buttata soprattutto per spaventare Stalin… Ma alcuni ebrei residenti negli USA diedero presto all’URSS i segreti dell’atomica. Alla quale sarebbe ugualmente pervenuta, più tardi però, grazie agli scienziati tedeschi catturati al termine della WWII…
Non sono certo filo-americano, ma a costo di scandalizzare molti amici non ho difficoltà ad ammettere che al posto di Truman anch’io avrei dato ordine di sganciare l’atomica. Senza la tragedia di Hiroshima e Nagasaki il Giappone non si sarebbe arreso, si sarebbe difeso atollo per atollo, città per città; i morti sarebbero stati molti di più anche fra i nipponici. Inoltre l’esercito statunitense si sarebbe dissanguato mentre uomini e mezzi avrebbero dovuto essere disponibili in Europa , dove si faceva sempre più minacciosa la pressione sovietica.
Dimostrando di possedere un’arma micidiale, inoltre, Truman fece capire a Stalin che doveva rinunciare alle sue mire su Berlino e anche sull’Europa occidentale e mediterranea, favorite dalla quinta colonna dei partiti comunisti molto forti in Italia, in Grecia, in Francia. Nel caso di una guerra con armi convenzionali l’Urss disponeva di una superiorità militare schiacciante e difficilmente gli Stati Uniti avrebbero sacrificato ancora i loro uomini in un nuovo conflitto.
Un’altra considerazione: noi eravamo (stati) alleati della Germania. Pensiamo davvero che Hitler si sarebbe comportato diversamente, se fosse arrivato prima nella corsa all’atomo? Mi sono domandato spesso perché, invece di difendersi disperatamente dall’invasione angloamericana in Francia, non abbia spostato il grosso delle truppe sul fronte orientale, per fermare o rallentare l’invasione sovietica. La spiegazione è che voleva conservare il controllo della costa atlantica per poter lanciare le V2 con testate nucleari contro Londra. Solo la distruzione in Norvegia, da parte di partigiani e agenti britannici, del laboratorio in cui si preparava l’acqua pesante sventò questo piano, che avrebbe fatto dell’Europa il campo di battaglia di una guerra atomica, con conseguenze inimmaginabili, visto che alla bomba atomica stavano arrivando anche gli statunitensi. Londra, Parigi, Berlino, e magari Roma avrebbero potuto fare la fine di Hiroshima e Nagasaki. Del resto la propaganda fascista parlava delle “armi segrete” tedesche e Hitler ripeteva spesso: “Dio mi perdoni gli ultimi minuti di guerra”.
Un discorso a parte merita la questione di Fermi, che lasciò l’Italia dopo le leggi razziali, nonostante che Mussolini lo stimasse moltissimo: nei taccuini di Yvon de Begnac si legge che avrebbe voluto farlo presidente dell’Accademia d’Italia. Fermi non era ebreo, ma lo era la moglie Laura Capon, e la sua scelta fu comprensibile. E’ una delle tante conseguenze del tragico errore delle leggi razziali. Meno comprensibile è il fatto che abbia contribuito alla realizzazione dell’atomica statunitense:, che, se non ci fosse stato un 8 settembre, sarebbe potuta essere utilizzata contro la sua Patria. Anche per questo io non gli intitolerei strade e scuole.
In definitiva, io eviterei il vittimismo. I giapponesi non erano delle mammole e il loro trattamento dei prigionieri di guerra fu inqualificabile: l’allegra marcetta del Ponte sul fiume kwai non deve ingannare. Se avesse avuto l’atomica per primo, Hitler nostro alleato non si sarebbe fatto scrupoli di sorta. Nel 1945 il vero problema era lanciare un segnale a Stalin. Piangiamo dunque le vittime di Hiroshima e Nagasaki, che per altro non furono superiori a quelle dei bombardamenti al fosforo su Tokyo, tant’è che l’atomica non fu sganciata sulla capitale perché la città era già stata devastata. Ma non dimentichiamo che non fu il solo né il più grande orrore dell’ultima guerra. La bomba atomica ci ha regalato un equilibrio del terrore; senza avremmo avuto un terrore senza equilibrio.