A Maggio 2020 è arrivato in libreria, per i tipi di Bompiani, il secondo volume del Signore degli Anelli nella traduzione di Ottavio Fatica. Ecco cosa ne pensa Marco Leonardi, storico medievalista e studioso di Tolkien.
Professore, lei ha già avuto modo di occuparsi della nuova traduzione del The Lord of The Rings in lingua italiana. Quali differenze, se ce ne sono, ravvisa tra La Compagnia dell’Anello e Le Due Torri uscite nella traduzione di Ottavio Fatica?
“Nelle intenzioni del traduttore perugino, il comune denominatore ai due libri, usciti a distanza di poco meno di un anno, potrebbe riassumersi nella parola “inversione”. Il traduttore mira infatti a realizzare una traduzione del testo tolkeniano in italiano che, letteralmente, “volge al contrario” il testo originale rispetto alle traduzioni preesistenti. Operazione tanto legittima quanto discutibile. Tuttavia, il secondo volume presenta delle differenze rispetto al primo. Stavolta il Fatica sembra voler fare tesoro degli appunti mossigli, a vari livelli, dai lettori della Compagnia dell’Anello da lui tradotta”.
Si spieghi.
“Vede, la nuova versione in lingua italiana del The Two Towers, è molto più attenta agli arcaismi e al contesto storico-letterario che ispirarono Tolkien nella sua creazione. Un esempio concreto? Nella «Parte 1» (trad. discutibile dall’inglese volume: lo ‘scivolamento interpretativo’ di una «Parte 1», «Parte 2» e «Parte 3» verso la considerazione dell’opera come una trilogia è dietro l’angolo!) l’intervento di Boromir al «Consiglio di Elrond» viene ‘purgato’ dal tono tragico ed epico proprio del testo originale. La spietata manifestazione del Male nei pressi del regno di Gondor, per sfuggire al quale Boromir fu capace di sopportare, «completamente solo», un viaggio sfibrante e pericolosissimo di oltre centodieci giorni (Tolkien scriveva, non a caso, «a hundred and ten days I have journered all alone»), portava Boromir a fare un sogno di difficile interpretazione, pieno di allusioni ad un non meglio definito «Giudizio» (da Tolkien reso con «That Doom is near at hand»)”.
Come li rende Fatica?
“Tutti questi aspetti vengono quasi ‘semplificati’ dal traduttore, quasi si trattasse di orpelli inutili, capaci solo di infastidire il lettore: il viaggio affrontato da Boromir «completamente solo» viene ammorbidito in «da solo», il «Giudizio» viene delimitato a «Giorno del Giudizio». La tendenza a demitizzare il testo originale tolkeniano appare invece lenita ne Le Due Torri. L’eroica morte di Boromir, trafitto dalle frecce dei sanguinari orchi, veniva onorata dai canti di Aragorn e Legolas. Una descrizione all’insegna di tratti quali «Il capo così fiero, il viso così bello […]» sembrano quasi voler recuperare quell’amore per la poesia e l’arte retorica di dantesca memoria che così tanto affascinava il professore oxoniense. Pur senza mai arrivare ai vertici poetici della traduzione fornitaci dalla Alliata a partire dall’edizione Astrolabio del 1967, un mutamento di sensibilità tra le due «parti» (adoperiamo nuovamente tale parola con ‘buona pace’ di Tolkien!) è innegabile”.
In quale misura, l’uscita della nuova traduzione de Le Due Torri inciderà sul dibattito relativo alle traduzioni del Signore degli Anelli, oggigiorno molto sentito in Italia?
“L’uscita dell’ultima traduzione del Fatica, al pari della precedente, alimenta un dibattito che pone una serie di quesiti tanto alla platea dei tolkeniani di vecchia guardia quanto ai neofiti. In qualità di lettore assiduo del Signore degli Anelli, quale lo scrivente è dagli anni della prima adolescenza, sottoporrei al dibattito odierno questioni che reputo ormai inderogabili: come intendiamo rapportarci al testo originale e alle volontà espressamente manifestate dallo stesso Tolkien, vuoi nelle sue lettere, vuoi nella sua «Guida alla nomenclatura»? Quale traduzione del «Signore degli Anelli» vogliamo presentare al pubblico odierno, che in larga parte non ha mai letto le precedenti traduzioni del «Signore degli Anelli»? Tutti ricorderanno, inoltre, la grande attenzione riservata dallo stesso Tolkien ad ogni singolo aspetto dei suoi libri, dalla scelta della sovraccoperta ai disegni interni, dalle carte che riproponevano la mappatura della «Terra di Mezzo», alla resa grafica del libro”.
Cosa intende?
“Basterebbe solo vedere le ultime due copertine delle edizioni pubblicate nel 2019 e nel 2020 e leggerne le didascalie esplicative per chiedersi: ma quale rapporto intercorre tra un mondo fatto di boschi, fiumi, laghi e distese verdi con la «Superficie di Marte ripresa dal Mars Reconnaissance Orbiter (MRO)»? Anche l’uscita dell’aprile 2020 lascerà, a modo suo, una traccia in questo dibattito. Il mio auspicio è che ogni lettore possa avere la possibilità di effettuare un confronto tra le varie edizioni dell’opera uscite in traduzione italiana nel corso di questi cinquantatré anni (1967-2020), al fine di formulare un giudizio critico e ben documentato sulle edizioni che hanno proposto, nella «lingua del sì», il capolavoro tolkeniano”.
Lei quali passi intraprenderebbe per una piena e consapevole fruizione del The Lord of The Rings in lingua italiana?
“Nel mondo globalizzato di oggi, Il Signore degli Anelli rappresenta un unicum: esso è, allo stesso tempo, sia uno dei frutti più belli ed elaborati della cultura europea del Novecento, sia un punto di riferimento irrinunciabile per la cultura «pop» della società in cui viviamo, con i suoi milioni di estimatori sparsi ai quattro angoli della terra. Al giorno d’oggi, un’edizione in traduzione italiana dovrebbe essere organizzata su più livelli o piani d’intervento, capaci di coinvolgere, quasi esistesse una nuova Compagnia dell’Anello (di cui ciascuno di noi potrebbe fare parte), tanto lo specialista quanto il neofita”.
Che cosa vuole dire?
“Sul piano prettamente specialistico, i tempi sono maturi, a mio avviso, per una edizione critica de Il Signore degli Anelli, provvista di testo originale a fronte e note esplicative. Una simile scelta permetterebbe ad ogni conoscitore di verificare con i propri occhi in quale misura la traduzione aderisce, con rigore metodologico ed affidabilità, al testo tolkeniano. E, soprattutto, alla visione del mondo sottesa al testo medesimo. Sul piano della ricezione mediatica ‘a banda larga’, sarebbe auspicabile promuovere una traduzione on line nella quale ogni internauta, blogger, youtuber, etc… possa intervenire direttamente con la sua traduzione, le sue correzioni, i suoi suggerimenti sul testo”.
Una sorta di WikiTolkien?
“«Di fatto, in tutta la storia dell’umanità l’opera svolta dalla cultura è consistita nel setacciare e far sedimentare granelli di perpetuità dalla fugacità delle vite umane e dalla transitorietà delle azioni umane, nell’evocare durata dalla fugacità […]»: ricordare il monito espresso da Zygmut Baumann nella sua Modernità liquida non sarà inopportuno per rinverdire, agli immemori di turno, le finalità auspicate da Tolkien per l’opera Il Signore degli Anelli. Finalità che ogni traduzione dovrebbe riverberare”.
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@fernandomadonia