La guerra civile di Libia vista dalla Russia. Il film Shugaley porta su celluloide (o meglio ancora: sulla banda larga, dato il film si può vedere, in inglese, su YouTube) la storia di un sociologo e del suo traduttore che, inviato nel paese nordafricano per capire le dinamiche del conflitto nell’ex dominio di Gheddafi, finiscono dritti in cella.
I fatti raccontati nel film, diretto dal regista Denis Neymand, assicurano di ispirarsi a una storia vera, appunto quella dello studioso Maxim Shugaley e del suo interprete che si ritrovano ad attraversare un Paese devastato, diviso e lacerato tra bande, gruppi di potere e di azione militare e paramilitare, interessi locali e internazionali, religione, immigrazione e religione. Le tesi della pellicola sono, chiaramente, quelle dei russi. La visione secondo Mosca del quadro attuale che regge le sorti di uno degli Stati strategici del Mediterraneo attorno al quale ruota un bel pezzo degli equilibri politici e geopolitici.
Il film intende ricostruire il mosaico delle forze in campo sullo scacchiere nordafricano e restituisce il quadro della situazione così come percepita e interpretata dagli analisti del Cremlino. In pratica, anche la Russia si affida al soft power per comunicare al mondo le sue ragioni. Come fanno tutti nel mondo, dagli Usa alla Cina. Tranne l’Europa, ma questa è un’altra storia.
Insomma, Shugaley – che (finalmente…) presenta una fotografia che non ti aspetteresti da un film russo – è un film che chi segue l’evolversi degli eventi geopolitici (e maneggia bene bene l’inglese) non può non guardare. Non fosse altro per avere chiaro il quadro delle ragioni sostenute da Mosca e capire quale è la visione e che ne ha una delle potenze in gioco, la Russia.