“Barbadillo” è uscito con una nuova veste grafica e Michele De Feudis mi chiede di scrivere qualcosa sul significato delle riviste per la mia generazione, e anche per quelle che l’hanno preceduta. In fondo anche un sito internet è una rivista, anche se ci ho messo molto tempo a convincermene.
Io di solito rifuggo da un certo genere di “compitini”, per paura della banalità, e, quanto ai restyling editoriali, sono convinto che il declino dell’Inghilterra abbia conosciuto una notevole accelerazione da quando il “Times” smise di pubblicare gli annunci economici in prima pagina. Però sarei un ingrato se non scrivessi nulla, sia con “Barbadillo”, sia con quanti mi hanno preceduto e con la loro opera hanno fatto sì che divenissi nel bene e nel male quello che sono.
Il mito di Prezzolini e Papini
La mia generazione è nata nel mito di Giuliano il Sofista e di Gianfalco, ovvero di Giuseppe Prezzolini e di Giovanni Papini (perché quest’ultimo scelse tale pseudonimo confesso di non ricordarlo, ma debbo ammettere che è bello; Prezzolini invece scelse di firmarsi così perché aveva simpatia per l’imperatore apostata, mentre non amava San Giuseppe, che considerava “il becco dello Spirito Santo”). A loro naturalmente aggiungo Ardengo Soffici, forse il più grande dei tre, al cui Giornale di Bordo debbo anche il titolo della mia rubrica. Uno dei miei pochi motivi d’orgoglio della mia lunga e tormentata carriera pubblicistica è di avere scritto sulla terza pagina della “Gazzetta Ticinese”, su cui Prezzolini, esule volontario a Lugano, pubblicava una rubrica toscanamente battezzata “La Bruschetta”. I miei primi articoli retribuiti, su “Intervento”, furono saggi sulla “Conquista dello Stato” di Malaparte, “L’Italiano” e “Omnibus” di Longanesi.
Ho conosciuto, sia pure troppo tardi, Barna Occhini, che fu redattore capo dell’ultimo “Frontespizio”, direttore di “Italia e Civiltà” e infine di “Totalità”. Ho goduto della stima del professor Adolfo Oxilia, che in questo dopoguerra fondò e diresse “L’Ultima”, la rivista su cui incrociarono le penne, insieme all’ultimo (appunto) Papini ex “repubblichini” assetati di assoluto come Attilio Mordini, che è stato il mentore spirituale di Franco Cardini, e futuri maîtres à penser della sinistra cattolica come Mario Gozzini e padre Balducci.
Ho avuto il privilegio di frequentare Paolo Ricci, figlio di Berto, timido come un ginnasiale d’altri tempi e orgoglioso come un hidalgo del ricordo del padre che non aveva mai conosciuto, e sono stato sul punto di scrivere la prefazione allo Scrittore italiano, il più importante libro del fondatore e direttore dell’“Universale”; dico che sono stato sul punto perché Marcello Veneziani, all’epoca direttore delle edizioni Ciarrapico, riuscì a ottenere la prefazione da Indro Montanelli (era il 1984 e la cosa fece scalpore), per cui io fui “dirottato” a introdurre la riedizione del Ritratto d’Europa di Salvador de Madariaga.
E poi ho partecipato anch’io a quello Sturm un Drang in corpo 8 con cui ogni generazione marca le distanze da quella che l’ha preceduta. E questo in parte mi accomuna al mondo di Barbadillo, in parte me ne allontana. Perché fra un sito internet e una rivista di carta, anche la più sbrindellata ed effimera, la più povera di mezzi e la più ricca di refusi, c’è una piccola differenza: la differenza fra il virtuale e il reale.
Genesi delle riviste di carta
So che i lettori più giovani non mi capiranno, ma non posso farci nulla. Appartengo, me ne rendo conto, a un mondo che è ormai trascorso. Pubblicare una rivista per i ragazzi della mia generazione era qualcosa di materiale, di fisico, di tattile. Significava cercare una stamperia, contrattare il prezzo, leticare con il proto di corpi e giustezze, sporcarsi le dita con il piombo sul balcone del tipografo che componeva a mano i titoli prelevando i caratteri disposti sulla cassa del compositoio con un ordine che era pressappoco lo stesso del tempo dei Manuzio e dei Giunti e ordinare i cliché “a tratto” o “a retino”. E poi correggere le bozze, grondanti di refusi, stando attenti a non costringere per una parola cambiata il linotipista a ricomporre un intero capoverso. Prima ancora, voleva dire picchiettare caratteri “pica” sui tasti di una macchina da scrivere, stando attenti a non pigiare troppo per non forare la matrice, e poi vedere uscire da un ciclostile che s’inceppava sempre i nostri articoli grondanti d’inchiostro male asciugato e di apocalittiche profezie.
Ci sentivamo emuli di Papini e Prezzolini, quando iniziavano a Firenze l’avventura del “Leonardo” in una stanza d’affitto di un Palazzo Davanzati non ancora divenuto un museo, o del Maccari del primo “Selvaggio”, “battagliero fascista”, sovvenzionato da un vinaio di Colle Val d’Elsa, o dell’“Universale”. La “ventura delle riviste”, prima che il titolo di un libro di Augusto Hermet e un capitolo di storia della letteratura, fu per noi un’esperienza esistenziale. Ci sentivamo emuli di Ricci e di Rosai, ma anche di Lucien de Rubempré e in fondo le tipografie dove erano stampate le nostre prime riviste non erano molto diverse da quelle che Balzac descrive nei primi capitoli delle Illusioni perdute. Se non fosse stato per il debellamento delle malattie veneree da parte degli antibiotici, si sarebbe potuta adattare ai nostri esordi la frase di Baudelaire secondo cui “il giorno in cui il giovane autore corregge le sue prime bozze è fiero come lo studente che si è preso il suo primo scolo.”
“La Terra degli Avi”, “Diorama”, “Elementi”, per tacere della “Voce della Fogna”, e poi le prime riviste che pagavano, i compensi piatiti da editori che ci parevano esosi e che, visti con i parametri di oggi, ci sembrano generosi mecenati. E poi il sogno e al tempo stesso il rimorso di lasciare il nido, il pudore degli pseudonimi, le terze pagine del “Tempo” e del “Giornale” mete sognate e inarrivabili, il “Borghese” di Tedeschi avvicinabile ma da evitare, in quanto organo dei “badogliani” di Democrazia nazionale. E le diaspore, le scomuniche, i nicodemismi, e il ritrovarsi vent’anni dopo, come in un romanzo di Dumas, sulle pagine dell’“Italia Settimanale” e di “Percorsi”, dello “Stato” o di “Imperi”.
Indimenticabili interurbane
Questa, amici di Barbadillo, fu la nostra ventura delle riviste, e un po’ la nostra sventura. Una (s)ventura fatta anche di interurbane centellinate, perché i genitori “bubavano” per le bollette della Sip troppo alte e per i telefoni pubblici era difficile persino procurarsi i gettoni, usati come spiccioli perché il Poligrafico negli anni ’70 non riusciva nemmeno a coniare le monetine; di riunioni di redazione “in campo neutro”, in un bar sotto i portici di Pisa; di diaspore e scomuniche, di vocazioni e provocazioni. Di lettere che non arrivavano mai, perché le poste funzionavano malissimo, di viaggi in treno a biglietti scontati grazie ai primi tesserini verdi da pubblicista, con i sogni e i pacchi di copie fresche di stampa deposti sulla retina del bagagliaio.
Oggi tutto, almeno all’apparenza, è più semplice. Per fondare una rivista basta aprire un sito, per commentare un articolo basta un clic, non ci sono più le copie “di diritto regio” da consegnare in Questura, anche se sulla libertà della Rete incombe la spada di Damocle della psicopolizia. Si comunica a costo zero, per rivedere le bozze c’è l’autocorrettore di Word, per capire se un articolo è piaciuto o no si fa la conta dei “mi piace” o la vendemmia dei contatti. Ma per chi come me ha consegnato i suoi primi pensieri alla carta rugosa dei ciclostilati, ha inviato i suoi articoli col fuori sacco consegnato al binario 1 di Firenze Santa Maria Novella, ha considerato il fax un lusso sibaritico, ha dettato gli ultimi articoli al dimafonista, l’età del piombo – non me ne vogliate – rimane nonostante tutto l’età dell’oro.
Sta di fatto che sia su rivista cartacea che su rivista virtuale la cosa più importante è l’intelligenza e la penna di chi scrive, e quella di Enrico Nistri dimostra ancora una volta la sua sensibilità… Bell’articolo, un viaggio in un mondo che non c’è più ma che , anche grazie ad avamposti culturali come Barbadillo, in fondo vive ancora e si trasmette alle generazioni attuali, poi è chiaro non può essere la stessa cosa, ma ciò che conta secondo me sono sempre le idee, il mezzo come la carta, i caratteri usati o la piattaforma utilizzata non è che un veicolo per le stesse, ed i veicoli si sa sono contingenti ed adattabili al tempo che si vive.
Ricordo con simpatia Paolo ricci conosciuta mi pare a Terranova Bracciolini; in questi giorni ho trovato qualche annata di ‘Critica Fascista’ dove collaborava Berto Ricci, oltre a Sergio Panunzio.
Complimenti bella iniziativa
Stampare volantini con il ciclostile dopo aver fatto una matrice elettronica con anche qualche piccolo disegno ; passare l’inchiostro a mano e le serigrafie fatte in sezione con i telai di legno e poi via asd arrotolare manifesti con la tecnica necessaria per velocizzare le affissioni …
Questo il pomeriggio e la sera; e poi la notte di si alzava alle 4 della mattina per l’affisione di massa ( scuole, quartieri, università … manici e caschi a portata di mano ) .
La mattina volontinaggi davanti alle scuole e le solite scazzotate davanti al liceo …
Giornate intere in questura…
Piccole tempeste di acciaio degli anni 70′ che nostalgia, il territorio ancora contava, ed il nemico che ci sparava addosso almeno sapevi chi era a volte avevi pure la fortuna di vederlo …
Oggi di un nemico ne parli ma non riesci neanche piu’ a ” tracciarlo bene ” e come il COVID 19 ….
I presidi in piazza con i banchetti delle nostre case editrici e le bandiere con le celtiche al vento …
L’Europa vecchia troia che ci sfuggiva di mano … e non solo L’Europa ma perlomeno non era ancora Unione Europea …
Oggi se esci ti devi prima sanificare e mettere una cazzo di mascherina manco fossi zorro,
e finisci perfino con il rimpiangiare compagni e “guardie” … e quel piombo che ha avuto molto piu’ valore dell’oro …..
… E siccome siamo in vena di Amarcord rivedo nella libreria i fascicoli della rivista “Intervento” ed ancora di piu’ ” La Rivista di Studi Corporatuvi ” polverosi ma sempre ” umili ” ( … per quelli che dicono che ” a destra ” non è mai esistita una Sinistra Nazionale” ). Ma ancora di piu’ l’edizione originale del 1969 della Disintegrazione del Sistema ….
Sintesi eretica e miracolosa della migliore Tentazione Sinistra …
Eppure uno dei libercoli dei sinistri che ci indgavano e che mi hanno fatto aprire gli occhi risale credo al 77-78 : Lambro.Hobbit ( … Il Fascismo sopravvive sotto le Sue ” Forme Recuperate” … ). Così allarmava quel libercolo, e pur leggendo già Diorama, La Voce della Fogna. Elementi ecc ecc fu quel libercolo che riusci a farmi capire la differenza tra Fascismo storico ( come esperienza chiusa, finita , seppellita ) e Essenza del Fascismo , qualcosa oggi ancora li terrorizza ( … per fortuna ), ma ancora non avevo letto nè Locchi, ne Kunnas nè Erra ne Sthernell …
Eppure Lambro/Hobbit fu una folgorazione perchè attraverso quel libercolo semplice e elementare in molto riuscimmo a vedere/leggere tra le righe e con gli occhi del Nemico chi ” effettivamente eravamo ” …
E poi con gli anni 80 -90 ecc ecc. , come sempre, la Rivoluzione divenne ” Impossibile ” …..
Tuttavia forse gli anni 80′ ancora si salvano …
Vicino ai laboratori della nuova Destra che sono sopravvissuti grazie a Marco Tarchi ( Diorama, Elementi, Trasgressioni ) decollano anche le migliori riviste/laboratorio della Destra radicale Orion e L’Uomo Libero; ma vale la pena ricordare anche Pagine Libere la rivista della Cisnal ( … ancora non ugiellizatta da polverini e co ) ma anche la pubblicistica “militante” continuava a produrre , riviste giornali, rivistine e perfino le case editrici e le librerie di area riuscirono a sopravvivere al riflusso ( … ma non sopravvissero a Fiuggi ) …
Forse perchè fino al 1991 in molti avevano sperato nella cosidetta Rivoluzione Impossibile (… quella rautiana per alcuni ), ovvero il tempo in cui le famose strutture parallele avrebbero dovusto conquistare ed espropiare il MSI dalla dirigenza ” nostalgica e poltronaia” e ridare al neo-fascismo una piccola chance di mutare il famoso strumento ( … da strumento del Sistema a strumento contro il Sistema ) …
Perfino io che avevo visto cosa ci aveva combinato Rauti tra il 1980 e 1983, con il congresso di Rimini del 1991, ebbi l’ennesima illusione , smentita da li’ a poco con le posizioni farisaiche sulla Guerra del Golfo e la sua auto-destituzione dalla segreteria …
Con il 1992 eravamo arrivati alla fine della corsa, ed era partita la rin- corsa alla grande “mutazione antropologica delle poltrone ” oltrechè alle abiure senza analisi ( la famosa rimozione del FASCISMO come fosse un calcolo renale, espressione perfetta coniata da M. Veneziani ) … Il resto “Finì” con essa …
Catilina sottoscrivo tutto, purtroppo però credo che oggi più che di analisi e riviste ci sia mancanza di “materiale umano” che almeno prima ancora c’era in parte, manca un certo tipo di militanza, manca lo spazio di manovra perchè alla fine il “sistema” ha inglobato ed anestetizzato tutto nella liquidità post-ideologica e post-moderna… poi se parliamo di riviste, secondo me a fine anni 80 inizio anni 90 ci fu una vera rifioritura a livello di qualità di analisi, di profondità di idee etc forse per un breve ma intenso periodo anche ad un grado superiore degli anni appena precedenti, oltre a quelle citate come Orion e L’uomo libero che sono stati dei momenti fondamentali per la mia formazione, a me personalmente piaceva anche la rivista Avanguardia che durò poco per via poi degli scazzi interni ed esterni, ma dove c’erano fior di sintesi eretiche come quelle di Maurizio Lattanzio tanto per fare un nome(il suo “Stato e Sistema” secondo me era la prosecuzione naturale di “La disintegrazione del sistema”), poi più recentemente citerei anche il quotidiano “Rinascita” di Ugo Gaudenzi che ha avuto un ruolo non marginale in alcuni anni per la diffusione delle idee di “sinistra nazionale” nell’ambito di formazione dei nuovi militanti post-fascisti, ora sono ancora abbonato a qualche rivista cartacea d’Area, ma è ovvio che i tempi sono cambiati e siamo in quattro gatti a leggerle, però come ho già detto questo non è di per se un male, alla fine molti avamposti culturali adesso sono online e non potrebbe che essere così… Comunque ecco oggi i laboratori quindi ci sarebbero pure e spesso li abbiamo citati, ma manca l’incisività di una rappresentanza politica militante, visto il danno irreparabile fatto in quegli anni anche da gente come Rauti(qua però la colpa è anche nostra perchè le cose si sapevano per chi le voleva sapere, io personalmente non ho mai dato credito al personaggio senza entrare nel merito…) e proseguito fino ad oggi, fagocitati e schiacciati fra una pseudo-destra nazional-conservatrice ed una pseudo-sinistra liberal-progressista che hanno eliminato qualsiasi “alternativa al sistema” sia da una parte che dall’altra, senza contare che appunto l’era digitale ha cambiato completamente le dinamiche della militanza e la “mutazione antropologica” già in corso è stata ancora più accelerata e portata praticamente alle estreme conseguenze… Oggi ognuno si fa i cavoli suoi alla fine, non ci sono comunità militanti vere, anche all’interno delle formazioni di “estrema destra” se fino a qualche anno fa c’era ancora un pò di movimento soprattutto grazie allo scontro con i centri sociali etc, oggi nemmeno più quello, tutto annacquato sia da una parte che dall’altra, e senza una comunità, senza delle avanguardie militanti mi dispiace dirlo ma non c’è possibilità di agire seriamente ed in maniera incisiva, se poi a qualcuno basta sventolare qualche tricolore e intonare qualche slogan datato senza magari nemmeno capirlo beh allora io non vedo altro che una dissoluzione in stato avanzato, sarò pessimista ma non ho motivo per non esserlo…
Oggi per me “conta solo il silenzioso tener fermo di pochi, la cui presenza impassibile da convitati di pietra serva a creare nuovi rapporti, nuove distanze, nuovi valori; a costruire un polo il quale, se di certo non impedirà a questo mondo di deviati di essere quello che è, varrà però a trasmettere a qualcuno la sensazione della verità- sensazione, che potrà fors’anche essere principio invisibile di qualche crisi liberatrice”.
La nuova veste grafica offrirà molte cose più della precedente, ma la cronologicità delle pubblicazioni è diventata un rebus. Si affollano decine di articoli ad ogni colpo di mouse, in modo torrenziale, quasi apocalittico, magari di 5 anni fa (!). Il sito assume subito le dimensioni di una mongolfiera virtuale smisurata, ma di arduo controllo, ed intanto è saltato il copia/incolla per gli interventi (quale la ragione?). È pure saltato il “like”….. In compenso il “di” diventa spesso “by” …. Insomma, sarà una grafica per ‘giovani rampanti’, ma io mi sento a disagio.
X Felice: per fare copia/incolla puoi utilizzare una scorciatoia sulla tastiera (shortcut), ovvero sottolinei la frase che ti interessa e premi crtl + c per copiare e poi per incollare ctrl + v… Per quanto riguarda i like io non li ho mai usati non avendo profili social, però penso che il “bottoncino” per il like su facebook sia quello bianco con il numeretto che sta appena prima dell’inizio dell’articolo , sotto il titolo ed affianco al tasto “share”, prova dovrebbe essere quello… Sul fatto della cronologia degli articoli un po forse hai ragione, ma secondo me è questione di abitudine, alla fine gli ultimi articoli sono quelli che in evidenza all’inizio della pagina… Spero di esserti stato d’aiuto.
p.s. ovviamente la scorciatoia sulla tastiera vale se usi il PC, sullo smartphone funziona il metodo classico, dopo aver individuato il testo che vuoi copia-incollare, selezionalo pigiando su una parola (finché non viene evidenziata) e utilizza i due cursori che compaiono per muoverti avanti e indietro nel testo.
Dopo aver deciso la porzione di testo che vuoi copiare, seleziona sul comando Copia dal menu che compare. Per incollare pigiare tenendo premuto sullo spazio vuoto dove vuoi incollare e ti comparirà una finestra con la voce “incolla”, premi su incolla e il testo verrà copiato.
Stefano. Grazie, era tanto comodo prima…ma il “Like/mi Piace/Me gusta” collegato a Facebook è diventato Share/condivisione, cioè un ‘altra cosa… Poi, andando alle sezioni, tra gli Sport non c’è l’Automobilismo (non parlo del tennis che a me piace molto, ma forse interessa a pochi) e tra la cultura non c’è il Cinema … Salutoni!
Diciamo che rispetto agli anni 90 sono cambiati i tempi, oggi c’è il web.Per quanto riguarda le riviste oltre a l’Uomo Libero c’è Ordine Futuro, Polaris, il Primato Nazionale , Eurasia,. Rispetto agli anni 90 è aumentato di molto il livello culturale dei collaboratori , ma manca un po’ il clima cospirazionista (Eurasia la trovi da feltrinelli , il Primato Nazionale in tutte le edicole, una volta invece se era al di fuori di certi giri era quasi impossibile trovarle ). In quanto alle comunità militanti ce n’è di ottime (io sono iscritto a CPI, a Parma sono una potenza); il venir meno della controparte fisica ha effettivamente imborghesito l’ambiente militante.ps. Stefano hai dimenticato Aurora ,ci scriveva anche il prof. Signorelli, la Spina Nel fianco e Orientamenti & ricerca.
Hai ragione Gallarò Aurora di Signorelli anche era molto bella, ma in realtà ce ne sono state tante anche negli anni 90 che non ho citato perchè l’elenco sarebbe stato lungo , su quelle attuali e sulle differenze dal passato pure sono daccordo anche se sulla linea de “Il Primato Nazionale” ultimamente sono un po critico, poi anche carini sono Intellettuale Dissidente con cui ho collaborato un periodo ed altri laboratori di cultura militante come Raido-Azione Tradizionale o la storica comunità di Heliodromos etc etc che non ho citato solo per non scontentare nessuno perchè di cose interessanti sia vecchie che nuove ce ne sono e non si possono citare tutti… Per il resto Nistri ci parla giustamente dei grandi Papini, Prezzolini e Soffici, ma oggi è inimmaginabile poter avere l’influenza culturale che all’epoca raggiungevano riviste come Leonardo, Lacerba e La Voce, e pensare che quando iniziarono la loro attività con la fondazione di Leonardo erano dei ragazzi appena ventenni… un po di tempo fa lessi un bel libro di Manlio Triggiani, si chiamava “La rivoluzione conservatrice alle origini del Fascismo. Papini, Prezzolini, Soffici e la Rivolta dello Spirito” che in pratica è un antologia degli scritti dei tre grandi intellettuali pubblicati appunto sulle riviste di cui sopra, e come scrive Triggiani: “Papini, Prezzolini, Soffici erano giovani che cominciarono a vent’anni a scrivere, criticare, polemizzare, fondare riviste e stimolare le coscienze per infondere una crescita interiore nei lettori. Lasciarono un segno che solamente una cultura senza punti di riferimento tende oggi a non considerare a non far conoscere, a far dimenticare. Ma l’opera di questi intellettuali resta una delle imprese maggiori della storia del giornalismo e della cultura letteraria e politica d’Italia.” Ecco oggi sarebbe impossibile una cosa del genere ed ecco perchè loro rimangono un modello assai difficile da rendere attuale, comunque ripeto oggi secondo me è più grave la mancanza di uomini che quella di idee, e la mancanza di un movimento unitario, comunitario e trasversale che riunisca i mille rivoli della frammentazione identitaria, post-fascista, socialista patriottica etc, CPI in dei momenti sembrava potesse diventare questo e caricarsi sulle spalle quest’onere, ma oggi purtroppo penso che il treno sia stato perduto e che nonostante l’apprezzabile lavoro in vari ambiti ci siano ormai delle tare congenite ed ereditarie difficili da eliminare, è anche vero che a livello militante non c’è di meglio di CPI in giro, ma questo purtroppo non è un fatto positivo…
p.s. x Gallarò : una cosa volevo chiederti ma mi dimentico sempre,per curiosità ma è ancora attivo il forum di destra radicale su “termometro politico”? Un pò di anni fa ogni tanto si facevano delle discussioni carine, mi ricordo che c’eri anche tu eri fra i membri attivi.
HAHahha il forum di DR io purtroppo ho perso la password ma oramai credo sia stato fagocitato dai social, Per una quindicina di anni è stato un autentico manicomio , ci scrivevan tutti o da alcuni dei più noti esponenti del neofascismo ad autentici pazzi, ultras , dirigenti dei vari movimenti, cani sciolti schegge impazzite : sfide a duello , gente che si aspettava sotto casa (Bebert al tempo nazionalcomunista che malmenò un cattolico tradizionalista) , digossini, militanti dei vari movimenti .; capitava che i giornali riportassero le deliranti discussioni che avvenivano.Il Primato nazionale ha tanti giovani di talento ma purtroppo (credo per motivi di cassetta) dà spazio anche a personaggi tipo Sgarbi o Meluzzi.Fosse per me si dovrebbe tornare ai tempi di Base Autonoma , ma in un periodo dove tutto è anestitizzato sarebbe un suicidio.
Per quanto riguarda le riviste citate da Nistri , con tutto il rispetto lasciano il tempo che trovano.Tarchi ha avuto il merito di smuovere le acque stagnanti del missismo almirantiano, ma alla fine era un tentativo di farsi benvolere in società.La rivista di quell’epoca che veramente ha lasciato un segno , almeno per me è Quex. Io ne possiedo un numero lasciatomi in eredità da un camerata che lo distribuiva all’epoca (credo ne venissero stampati qualche decina per numero e che oggi siano introvabili) e dè pura dinamite; non per nulla se all’epoca te ne trovavano un numero in casa durante la perquisa rischiavi parecchio.
Soffici, insieme a Barna Occhini, fonda la rivista ‘Italia e Civiltà’ che esce per 23 numeri nel 1944, propugnando l’amor patrio, il carattere sociale del fascismo, la fedeltà ai tedeschi. Trent’anni prima, però, aveva scritto Soffici a Prezzolini, il 14 agosto 1914: ” Secondo noi, Papini ed io, L’Italia ha un solo dovere, che è quello di unirsi con tutte le sue forze all’Europa civile, per schiacciare e soffocare una volta per tutte i bruti tedeschi ed austriaci, quei due popoli disgustosi che da sempre rappresentano la barbarie, l’imbecillità e la brutalità. La neutralità italiana deve durare per tutto il tempo necessario per agire, per dichiarare la guerra all’Austria il più presto possibile e strapparle Trento, Trieste, l’Istria e Valona…” (Prezzolini, il Tempo della Voce, p. 625). Le alleate dell’Italia della Triplice, Austria e Germania, erano entrate in guerra contro l’Intesa all’inizio di agosto 1914. L’Italia non aveva obbligo alcuno di partecipare al conflitto. Come saggiamente pensavano il Capo del Governo, Salandra, ed il marchese di San Giuliano, Ministro degli Esteri, che proclamarono la nostra neutralità, il 2 agosto 1914. Con l’appoggio di Giolitti. Ma si potevano, almeno col senno di poi, dell’immane carneficina, scrivere già il 14 agosto (!) le stupidate di Soffici, Prezzolini e Papini, non tre energumeni da osteria…? ‘Dimenticando’ en passant che allora la Germania era all’avanguardia in quasi tutti i rami del sapere umanistico e scientifico? Mettendoci pure Valona, in Albania, suprema mescolanza di idealismo (confuso con l’ ‘Europa civile’, rappresentata fantasiosamente da Francia, Gran Bretagna e persino la Russia zarista), irredentismo ed imperialismo da poveracci… Inoltre nelle trincee i tedeschi non avevano analfabeti. Noi avremo il 40% della truppa… Figuriamoci gli italiani più anziani. Altro che bruti… Secondo gli auspici di Prezzolini, Papini, Soffici e molti altri, entrammo così nella più inutile e sanguinosa delle guerre contro l’Austria-Ungheria (e più tardi contro la Germania), il 24 maggio 1915. Quando Ministero degli Esteri divenne lo sciagurato Sidney Sonnino, che, convinto del potere taumaturgico della guerra per la nazione, più di un futurista, convinse Salandra ed il re… Possiamo dunque continuare a citare Soffici, Prezzolini e Papini (al di là del loro valore di scrittori) come rappresentanti di una degna destra politica?
Vero era fantastico il forum di destra radicale, c’era veramente di tutto e di più, ricordo anch’io discussioni deliranti e litigate pesanti ahahah …Per quanto riguarda Quex me ne ero dimenticato di citarla, ma va assolutamente citata, è stata sicuramente fondamentale soprattutto al fine di marcare una distanza con determinati ambienti, io ne ho solo letto qualcosa qua e la ma non l’ho mai trovata da nessuna parte, certo se te la trovavano a casa minimo ti tenevano sott’occhio penso… ricordo di aver letto certi articoli di Fabrizio Zani che erano bombe atomiche, poi vabbè c’era la mitica rubrica “ecrasez l’infame” etc etc… Purtroppo a parte gli articoli di Zani non sono mai riuscito a leggere quelli di Murelli e Tuti, penso che oggi sia effettivamente introvabile ma mi piacerebbe possederne qualche copia dato che mi piace collezionare riviste d’Area…
x Felice: ma infatti Papini e co. non erano di destra, soprattutto i primi anni, poi ognuno prese strade abbastanza diverse, ma all’inizio della loro attività culturale erano più vicini ad un certo anarchismo che ad una qualsiasi voglia destra… Poi ricordo che anche Mussolini sulla guerra ebbe posizioni altalenanti, quando si parla di queste cose bisogna sempre tenere in considerazione la temperie del tempo, non possiamo usare le categorie di oggi per schematizzare idee che all’epoca erano molto più sfumate e contaminate fra loro… Infatti anche nella Rivoluzione Conservatrice tedesca c’erano posizioni molto diverse, dai guglielmini ai socialisti… Su “La voce ” scriveva anche Salvemini prima di fondare l’Unità, tanto per fare un esempio, la critica fondamentale delle riviste di quel periodo era proprio quella diretta al conformismo borghese, con toni spesso caustici, veementi e provocatori…Si prenda ad esempio uno scritto di Papini come “chiudiamo le scuole”, roba che oggi difficilmente qualcuno pubblicherebbe, uno scritto che attaccava tutte le casematte della società moderna e progressista da un punto di vista nietzschiano e libertario…
Stefano. Sì, ma ciò porta, a mio avviso giustamente, a diffidare delle destre non conservatrici, che sono molto spesso casinare e …pericolose!
Quex credo sia introvabile,Marco di Ritter mi disse che chi non l’aveva bruciata , l’aveva seppellita in giardino.nel 80-82 se te la trovavano in casa ti beccavi la banda armata.I miei camerati, all’epoca la distribuivano, me l’hanno lasciata come ‘testimone’.Sul forum DR probabilmente ci scriveva anche Gianluca Casseri.Sempre sul forum Dr ci fu la vicenda ce coinvolse il forumista Cariddeo: un sefardita che odiava i suoi consimili, fu trovato in fondo alle scale, fu arrestato un marocchino che pare fosse il suo amante, ma i dubbi erano molti.
Stefano. Prezzolini prese poi la via dell’America e rifiutò il fascismo, ma Papini e Soffici furono gli araldi del regime fino alla fine. E nel fascismo rappresentarono la destra, non certo l’evanescente sinistra….
Felice ma Papini di giravolte ne ha fatte, per questo ti dicevo che sono personaggi difficili da inquadrare in un specifica ideologia, Papini da anticlericale ateo divenne asseo cattolico, da interventista a anti-militarista, da anarchico individualista a reazionario, fu fascista ma fu critico verso il nazional-socialismo soprattutto per via del razzismo, insomma racchiudere Papini in un etichetta è impossibile, stessa cosa per quanto riguarda Soffici che si mosse all’interno di quasi tutte le avanguardie artistiche dell’epoca, certo anch’egli fu fascista convinto, e fascista di “destra” potremmo anche dire e fedele fino alla fine al Duce, mentre Prezzolini è forse il più inquadrabile dei tre, era un uomo moderno ma conservatore, schivo e amante della libertà, non fu mai fascista ma nemmeno antifascista, in questo fu un antesignano degli anti-antifascisti alla Longanesi e Montanelli, in realtà non fu mai una personalità vicino alla politica e forse per questo non fu mai simpatico ne ai fascisti ne agli altri, seppur fu estimatore e stimato a sua volta da Mussolini con cui aveva un buon rapporto…
Stefano. Sono d’accordo. Ma la mia riflessione parte da quella dell’amico Nistri e del suo pantheon di giovanili letture. Credo che a destra ci si debba esimere dall’arruolare intellettuali ‘avanguardisti’ che, per loro precipua caratteristica, sono cangianti… e contraddittori…
X Gallaro e Stefano
pensavo di aver fatto io dell’innocente Amarcord , ma anche voi vedo che a ricordi e ” nostalgie” non ci siete andati piano ….
Quex-Costruiamo L’Azione-Terza Posizione , il numero unico di ” Settembre ” nel 1981. Ideogramma ; e poi il bollettino Orientamenti e Ricerche , scritto, elaborato e spedito dal Cuib di Londra, ecc ecc.
E già , come dimenticarlo … me lo sono inbustavo da solo con le etichette scritte ancora a mano, francobollo x francobollo , indirizzo per indirizzo; circa 400/500 copie da inviare a mano “ad un indirizzo selezionato ” (Politici, Giornalisti, Magistrati, Sindacalisti , quadri militanti …).
Una delle prime azioni intelligenti di “Think Thank” organizzato che aveva il preciso scopo (per l’appunto) di ” Orientare ” , soprattutto, tra le forze nemiche …
Devo dire che i primi documenti di ” ricostruzione ” che ci sono arrivati dagli esuli londinesi per analisi e linguaggio erano avanti di anni …
Ne rammento uno in particolare : ” Rigenerazione ” che mise il dito sulla piaga dei limiti del “Neofascismo” come antropologia strutturale e comportamentale ” incapacitante” ancora prima che come Ideologia.
Ed il Fronte della Gioventu’ ah già il Fronte della gioventu’ Rautiano fino alla morte, che ne copiava linguaggi e prospettive, parole d’ordine, intuizioni.
Tanto che possiamo tranquillamente dire che il Fdg tra il 1984 ed il 1991 alla fine è stato un modello ” etero-diretto” da quello che rimaneva del movimentismo degli anni 70 + la Nuova Destra ….
Comunque una delle intuizioni piu’ sintetiche e lineari di quello che accadde nel nostro mondo in termini di “Mutazione Antropologica” ed accelerazione, compresa la deriva armata ( … quindi intendo dal 1975/1976 fino alla metà degli anni 80 )’ lo ha dato secondo me il giornalista Andrea Colombo molto amico di Ugo Tassinari …
Quello spaccato di mondo della Generazione 78′ è ” nato a destra ” ma contro la destra …
Contro quella destra conformista che ci aveva ingabbiato, avvilito, annichilito e ci favceva “apparire” per quello che noi non eravamo mai stati … Distanti anni luce dal bigottismo di ” Ordine e Pulizia ” , praticamente “Anarchi” nel senso Jungheriano , o meglio … ” Figli di Nessuno “; ma liberi …
Sarebbe bello e penso non sia stato mai fatto scrivere un saggio sulla cronistoria delle riviste neo-fasciste e post-fasciste, magari con un’antologia di testi selezionata, un po come è stato fatto in qualche libro antologico su tutti i movimenti, le sezioni, i militanti etc del neofascismo, per esempio ne ricordo uno carino di Pierluigi Arcidiacono che si chiama “Sanbabilini. Letture, storie e ricordi” oppure uno anche questo veramente eccezionale che si chiama “Attivisti nelle sezioni romane del Msi. Quando uccidere un fascista non era reato” di Antonio Pannullo, opera in due tomi indivisibili. Il primo tomo è una cronologia degli accadimenti dal gennaio 1970 al dicembre 1980 con un excursus agli anni precedenti e uno ai primi anni successivi. Il secondo tomo prende in analisi la storia di tutte le sezioni del Msi, del Fronte della Gioventù e del Fuan di Roma, attive negli anni di piombo. Ecco sarebbe interessante fare una cosa del genere solo sulle riviste d’Area, lancio questo input magari qualcuno con buona volontà e conoscenze può provare l’impresa.
X Stefano
piu’ che altro , come già ho avuto modo di esprimere, quello che manca è un vero e proprio
Centro di Documentazione/Archivio/Biblioteca ecc. ecc. un Istituto di Studi ,
che darebbe intanto la possibilità ai ricercatori di avere le giuste fonti di approvviggionamento di materiale ( magari anche in modalità digitalizzata ) ma sarebbe utile da un punto di vista storiografico oltrechè alla ricerca, a far capire ” le giuste differenze” tra le varie anime ed esperienze che hanno alimentato quella stagione finita tra il 1994 ed il 1995.
Cioè consegnare alla Soria ed alla ricerca ” un bambino” che rischia di essere completamente buttato con l’acqua sporca facendo andare nel dimenticatoio e nel ” cattiverio definitivo”, un pezzo di ” umanità ” che ha dato in termini di sacrificio e lotta …
Ma purtroppo questo del centro di documentazione sul neofascismo e le articolazioni non è nelle corde di nessuno …
Non serve alla politica istituzionalizzata dei sovranisti dell’ultima ora
Non serve all’agiografia populista e ” militonta ” troppo divisa e incapace
Non serve alla storiografia ” gallonata ed erudita”
Non serve all’amico perchè non caisce di cosa stiamo parlando, e anche al nemico che ha tutto l’interesse a mantenere un giudizio oscurantista/giacobino complessivo su questo fenomeno alla storia …
Inoltre per cotsruire un progetto del genere oltre i soldi, servono capacità ed il nostro ambiente nel suo cpmplesso non ne sarebbe all’altezza ….
Una bella cavalcata nel passato recente, quella di Nistri, lungo un percorso che in parte abbiamo avuto in comune. Credo che, aldilà delle differenti modalità di archiviazione (pure da non sottovalutare), il discrimine pratico fra le rivista cartacee e i siti online
sta nel fatto che quelle erano anche carnali luoghi d’incontri e scontri, mentre sui siti al massimo ci può essere, come qui, una trama di commenti spesso fuori trama o fuori tema, e comunque con scarsissime possibilità di una conoscenza personale e diretta fra autori, collaboratori, commentatori. Ma questi sono i tempi, questi gli strumenti. Perciò. viva Barbadillo!
A Parma su iniziativa del prof. Zannoni (da poco defunto )con altri camerati ,si cerca di dar vita ad una Fondazione che raccolga tutto il materiale (libri e riviste, cartoline ) raccolto in decenni di attività politica. Per quanto riguarda i libri riguardanti i camerati che nel dopoguerra hanno portato avanti l’Idea , è di difficile realizzazione , innanzitutto per l’opposizione dei parenti , che non vogliono saperne di far rivangare vecchie vicende, spesso anche poco edificanti (io ero in contatto con i figli di un sanbabilino che partecipò al fatto Brasili, quando gli accennai che forse stava per uscire un libro (Arcidiacono) che avrebbe parlato anche del loro congiunto si infuriarono.
Catilina hai ragione quella dell’archivio o istituto storico sarebbe l’ideale ma mi sono tenuto basso perché mi sembra un impresa titanica e che come hai perfettamente spiegato non “conviene” a nessuno…