In un Paese “normale” l’intestazione di un porticciolo ad una medaglia d’oro al valore militare sarebbe “solo” una bella notizia. In Italia purtroppo non è ancora così. A Genova, l’idea di intitolare la darsena a ponente del porticciolo di Nervi a Luigi Ferraro, medaglia d’oro al valore militare e combattente della Rsi, ha scatenato le immancabili polemiche dell’Anpi e della Cgil ed i rimbrotti del Pd locale, subito pronto a marchiare la proposta come “divisiva”.
Eppure Ferraro, scomparso nel 2006, è stato qualcosa di più di un combattente eroico. Nel dopoguerra ha dedicato la sua vita allo sviluppo delle attività subacquee di cui è considerato un pioniere: nel 1948 creò la prima società sportiva subacquea, curando la divulgazione della tecnica delle immersioni subacquee ed insegnando l’utilizzo del respiratore a circuito chiuso; in seguito organizzò, con il Touring Club Italiano, la prima scuola sportiva subacquea antenata dei moderni centri immersioni. In campo industriale fondò un’azienda all’avanguardia nel settore, la Technisub, collaborando, tra l’altro con Enzo Majorca, campione dei record di profondità.
Ferraro aveva principi da imprenditore illuminato e in anticipo sui tempi. Voleva che le relazioni con distributori e consumatori finali fossero improntati sempre alla massima serietà e correttezza applicando agli albori degli anni ’60 quella che anni più tardi verrà conosciuta come “customer satisfaction”. Stessa etica venne applicata sia nelle relazioni esterne con i fornitori che in quelle interne con il personale. Secondo lui il profitto non era il fine ma una delle conseguenza di un agire corretto.
Ferraro fu insomma un protagonista dell’Italia postbellica, così come lo era stato, in gioventù, durante la seconda guerra mondiale: “sommozzatore d’assalto”, a metà strada tra lo 007 e l’incursore subacqueo, dal maggio al luglio 1943 condusse quattro azioni di sabotaggio contro i mercantili nemici, nei porti di Alessandretta e di Mersina, in Turchia, venendo decorato di quattro medaglie d’argento al valore militare, convertite nel dopoguerra in una medaglia d’oro al valore militare.
Dopo l’8 settembre per Ferraro fu naturale aderire alla Repubblica Sociale Italiana. Rientrò al Gruppo Gamma, il gruppo speciale di nuotatori d’assalto della Decima Mas. Tra i suoi compiti la progettazione di operazioni coperte nell’Italia occupata dagli anglo-americani.
Così lui stesso spiegava la sua scelta: “La causa della Repubblica Sociale per me rappresentava l’impegno d’onore alla parola data. Battersi per essa significava difendere la Patria dal nemico angloamericano e dallo stesso alleato germanico, che dopo l’8 settembre aveva troppi pretesti per non comportarsi più come tale. Battersi per gli angloamericani voleva dire scegliere il campo del più forte”. Nel 1945, in coerenza con questa sua posizione, Ferraro fu protagonista a Valdagno, nel vicentino, dove era arretrato il Gruppo Gamma, del salvataggio dello stabilimento Marzotto, oggetto della possibile rappresaglia di una colonna tedesca in ritirata. Ferraro trattò con i tedeschi e con i partigiani, garantendo il passaggio della colonna tedesca e facendo rientrare alle proprie abitazioni i propri marò con un lasciapassare della Brigata partigiana Stella. Di questo episodio ricevette attestato dal Cln.
Ad una figura del genere stupisce che Genova, città di nascita di Ferraro, abbia atteso tanto tempo per intestargli un luogo pubblico e che, dopo 75 anni, ci sia ancora qualcuno impegnato a dividere una memoria, che appartiene a tutta la comunità nazionale. Non a caso anche il sindaco del capoluogo ligure ha sostenuto con convinzione la mozione con la quale a Ferrraro è stato intitolato un molo del porticciolo di Genova-Nervi: “Il fatto che nel 1951 Ferraro sia stato insignito della Medaglia d’oro al valore dovrebbe già essere sufficiente a giustificare l’intitolazione di una via”.
In tempi di crisi come gli attuali di figure e di esempi del genere c’è un grande bisogno. Senza se e senza ma.
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