Premessa 1. Non avrei voluto scrivere questo intervento, ma a mesi di distanza dalla sconfitta elettorale alle ammistrative, in cui il centrodestra ha perduto TUTTI i capoluoghi di provincia, credo sia necessario fare alcune considerazioni e rinfrescare le idee su un avvenimento che sembra già rimosso.
Premessa 2. Tutti i commentatori politici ed i sondaggisti sono stati del parere che la maggioranza dell’astensione record del 56 per cento è di destra e centrodestra.
Premessa 3. Tutti i commentatori politici e sondaggisti sono del parere che il voto alle elezioni amministrative è sempre meno ideologizzato rispetto a quello delle politiche, e sempre più motivato da scelte che tengono conto della gestione della cosa pubblica e di quella concreta concreta di città, paesi e territori. Sicché la giustificazione pidiellina (si è perso perché il Berlusca non è sceso direttamente in campo) è una idiozia, peggio una assurdità nemmeno che il Cavaliere, pur essendo il noto sant’uomo che èp, potesse far meglio di S, Antonio da Padova presente contemporaneamente in due luoghi diversi…
Premesso tutto ciò per non tornarvi più sopra nel prosieguo, in questo frattempo ci si sarebbe atteso che si realizzasse quanto subito annunciato da alcuni responsabili degli sconfitti: “ampia meditazione”, “ricognizione sui fatti”, “esame delle cause”, “approfondite meditazioni”, “riunione dei vertici”, “provvedimenti nei confronti de responsabili”, “rinnovamento delle classi dirigenti locali”. Non è avvenuto – come sempre del resto – nulla di tutto ciò, o almeno non se ne sono avute notizie. Qualcuno si illudeva forse del contrario? Almeno io., no. E quindi si continua come niente fosse accaduto verso il suicidio del poco che rimane del centrodestra.
Ma non è vero. Qualcuno ha parlato. Forse per ammettere le proprie responsabilità e spiegare in cosa ha sbagliato (persone, scelte, non scelte, idee, programmi)? Ma per carità! Ha parlato – e in questo caso di un bel tacer non fu mai scritto – l’ormai ex sindaco di Roma, il quale non ha resistito a replicare al pelo e contropelo che gli ha fatto Marcello Veneziani sul Il Giornale del 12 giugno. Alemanno ha replicato il giorno dopo malamente ai reprimenda, ma soprattutto ha scritto una cosa assai importante: secondo lui da parte degli “amici” si sarebbe dovuto chiudere un occhio nei confronti della sua amministrazione e votarla lo stesso per non consegnare la città alla Sinistra, e invece sono proprio gli “amici”, ha detto, che affondano il coltello nella piaga, accusandoli per di più di scrivere bugie attinte solo da giornali “di sinistra”. Caro ex sindaco e avrebbe fatto una migliore figura incassando e tacendo perché nel suo caso peggio e tacòn del buso!
Infatti, facendo riferimento a quanto detto all’inizio, l’astensione dal voto (NON il voto a sinistra) dei romani di destra e centrodestra è stato causato soprattutto da motivi di gestione della città, e solo in parte (importante però, come si dirà) da una profonda delusione ideologico-culturale che è impossibile negare. Chi viva a Roma sa benissimo che non funziona nulla e che è stata ignorata la semplice manutenzione del quotidiano:mezzi pubblici, riparazione delle strade, l’arrogante e inefficiente casta dei vigili ancorché di “Roma Capitale”, la nettezza urbana, il semplice decoro di vie, palazzi e monumenti, il traffico ingovernabile, le singolari “grida” di comune e circoscrizioni, le bizzarrie circa eventi e manifestazioni, l’assoluta mancanza di polso nei confronti di qualunque cosa,ecc. ecc. ecc. Certamente, nessuno lo nega e lo si capisce, il comune di centrodestra ha avuto sempre coalizzata la quasi totalità dei mass media di sinistra: ma gli scandali non se li è inventati questa stampa, ma sono reali e concreti.
Il fatto che la gente di ogni tendenza politica guardi al suo vivere giornaliero in una città invivibile, lo dimostra un episodio significativo. Il centrodestra ha perso in tutte le circoscrizioni romane, ma in una di esse l’assessora responsabile dei servizi pubblici, benché il partito sia stato sconfitto, ha attenuto una personale valanga di voti per come aveva ben gestito il territorio di sua competenza. Non è stato così per il resto della città e la gente di centrodestra che non legge i giornali di sinistra e si lascia influenzare, come reputa l’ex sindaco, invece di tradire è rimasta a casa sua.
Se la sua efficientissima segreteria (immortale la foto in cui si vede Alemanno consolato fra le braccia del capo di essa dopo la sconfitta) si fosse pregiata di fornirgli ogni santo giorno un cospicuo mattinale con i ritagli delle proteste dei lettori che a dozzine riempivano tutti i quotidiani romani o le cronache romane di quelli nazionali, forse si sarebbe reso conto in tempo di cosa doveva fare: oltre a progetti faraonici quanto inconcludenti validi solo per un limitato “effetto annuncio”, come le Olimpiadi, oltre che alla Formula 1 all’EUR,oltre allo “spostamento” della teca/garage dell’Ara Pacis, oltre a voler intitolare la stazione Termini a Giovanni Paolo II, oltre alla demolizione prossima ventura di Tor Bellamonaca, la sua giunta doveva occuparsi del contingente, di una città complessa e complicata come Roma da gestire al meglio, e non al peggio.
Ma veniamo a due punti qualificanti che Alemanno ha contestato a Veneziani: il museo della Shoa e la visita non solo ai lager nazisti ma anche per la prima volta alle foibe titine. Una “incompiuta di Veltroni” ha replicato Alemanno. Certo, una decisione avviata da Veltroni, ma è stata la giunta Alemanno a decidere che tale museo, terzo del genere a Roma, dovrà sorgere all’interno di Villa Torlonia, sulla Via Nomentana. C’erano altre opzioni, altre possibilità, altri siti e località sul tappeto, ma guarda caso cosa ti va a scegliere la giunta di centrodestra? Proprio la ex residenza di Mussolini. Caro ex sindaco, forse questa decisione non è per niente piaciuta ai suoi elettori di destra come si notò a suo tempo su Il Borghese, non crede?…
Altra faccenda. Alemanno ha rivendicato di aver portato per la prima volta le scolaresche a visitare le faglie carsiche in cui miglia di italiani (e non solo) vennero gettati ancora vivi da… da chi? Non si sa. Forse dai comunisti slavi, dai partigiani di Tito? E’ revisionismo ammetterlo? Questa acclarata verità era contenuta in un opuscolo realizzato da una sua assessora e distribuito ai ragazzi durante una delle prime visite in loco sotto la guida del signor sindaco in persona. Un bell’atto che però ha una macchia indelebile. Perché ecco un professore de sinistra lo legge e si indigna protestando, e il signor sindaco afferma di non saperne nulla e lo fa sequestrare. All’epoca se ne scrisse anche stravolta sul Borghese. E nessuno smentì. Forse gli elettori di destra non hanno gradito, che ne dice Alemanno?
Quindi, forse sarebbe stato assai meglio che lo sconfitto fosse rimasto in umile silenzio meditando sugli errori commessi, veri schiaffi ai suoi elettori più politico-ideoloici, che non son pochi, e la cui delusione/indignazione si è unita a quella degli altri.
E’ mancata alla giunta di centrodestra di Roma, come in tutte le altre città perse dopo averci governato per cinque, dieci, quindici e venti anni, qualcosa. Cosa? La famosa discontinuità, sia nella gestione pratica e amministrativa, sia in quella culturale. Quindi una mancanza di identità che caratterizzasse le amministrazioni di centrodestra rispetto a quelle di centrosinistra e nei fatti e nelle idee. In sostanza, non si è creato quel consenso poliitico-culturale, quel radicamento sul territorio (che poi era una caratteristica del vecchio MSI) grazie al quale, insieme alla buona gestione, si conquista e mantiene il consenso dei cittadini. E questo doveva avere una caratterizzazione di destra o centrodestra. Alemanno è stato definito anche Veltromanno proprio per non essersi distinto dal suo predecessore. Ha fatto le sue stesse cose. Cioè Veltroni ha fatto cose “di sinistra” e anche Alemanno le ha fatte, non ha fatto cose “di destra”.
Un solo esempio? L’importante Fondazione Spirito-De Felice che ha una enorme biblioteca e custodisce moltissimi archivi privati di uomini politici e di intellettuali, è da anni sotto sfratto. Chi gli ha trovato finalmente una nuova ampia sede? Ma la Provincia gestita dalla sinistra e a guida PD. Ma va! Proprio così, dato che le sue richieste durante cinque anni al Comune di centrodestra guidato da Alemanno, un AN ex MSI, non avevano avuto alcun effetto, nonostante le innumerevoli proprietà immobiliari e appartamenti e locali spesso vuoti disponibili. Un bussare inutile, chiacchiere vane e perdite di tempo. Una caratteristica di questa ex amministrazione, come possono testimoniare giornalisti, scienziati e direttori che dopo infiniti incontri e discussioni su proposte e progetti hanno dovuto abbandonare ogni speranza di concludere qualcosa di fattivo, lasciando cadere le loro idee. Demoralizzante. Parole al vento, a vanvera, fatti culturali (ma anche business) zero.
Caratteristica anche, giacché ci siamo, della precedente amministrazione regionale di centrodestra, quella guidata da Storace, anch’essa durata solo cinque anni e che non ha lasciato proprio nulla dietro di sé. Inutile, culturalmente parlando, come mai fosse esistita: qualcuno se la ricorda per qualche motivo? E infatti, a che cavolo serve la “cultura”? Mica a fare quattrini diretti, no? Ma indiretti e a lunga scadenza, sì.
Due esempi di cui sono stato testimone: Casa Moretti e Premio Cattabiani. L’edificio ex GIL di Via Induno di proprietà della Regione Lazio poteva diventare una vera e propria “casa della cultura” riunendovi, associazioni, fondazioni, enti e altro in un ambiente adattissimo per il quale era stato proposto addirittura un “restauro filologico”. Si trattava soltanto di espletare una serie di passaggi giuridici e burocratici, fare delibere, firmare carte, decidere: erano state accantonati anche le risorse necessarie! Non si fu capaci di concludere un accidente, neanche per un complesso già appartenente all’ente regione. E poi. Dopo la morte nel 2003 di un grande uomo di cultura come Alfredo Cattabiani, venne proposto di creare un Premio in suo nome per segnalare opere di ricerca antropologica, etnologica, artistica, simbolica, spirituale, di cui egli era un maestro. Crearlo e istituzionalizzarlo con appositi decreto e indicazione della giuria e appannaggio in denaro, avrebbe significato lasciare in ereditò alle successive amministrazioni di qualunque tendenza fossero state, qualcosa che non si sarebbe potuto facilmente mettere da un canto e abolire. Come appunto le “incompiute” di Veltroni ereditate da Alemanno: in questo caso invece si sarebbe tratto di cose compiutissime Anche questo è stato impossibile realizzare. Incompetenza? Inefficienza? Incoscienza? Incultura?
Queste dunque le amministrazioni di centrodestra che si sarebbero dovute votare pur turandosi il naso. Dopo vent’anni (ma anche solo cinque) di messa alla prova non era possibile. Vogliamo scherzare? Occasioni perdute e che non possono ritornare e se pure ritornassero non si sarebbe imparato nulla dalle esperienze precedenti dato che le persone sono sempre le stesse e non danno segno di aver imparato la lezione.
Appunto. Poi uno si chiede a che serve pensare ad una “rifondazione della destra” che alcuni reduci, per lo più trombati, vagheggiano. Naturalmente senza uno straccio di esame di coscienza, senza un minimo mea culpa, senza ammissioni di responsabilità alcuna, senza pentimenti veruni. In altri termini: impuniti, vorrebbero rifare un partito di destra con nuovo none gli stessi che hanno affondato il vecchi partito di destra con diversi praticamente annullando la Destra sulla scena politica nazionale. Ma con che faccia, con quale credibilità? Senza contare che proprio l’Alemanno, dopo il conclave reducistico di Lecce del 28-29 giugno ha detto (Il Tempo, 30 giugno): “Organizzeremo un nuovo soggetto che guarderà al PPE”. L’ex sindaco dunque guarda speranzoso ai popolari europei. Ah ecco. Immaginavamo che il nuovo Gianni, l’ex capo dei giovani missini, l’ex leader della “destra sociale” stesse coltivando un animo democristiano durante i suoi cinque anni di “sindaco di tutti” a Roma. E questo spiega moltissime cose…
*Questo intervento sarà pubblicato su Il Borghese di agosto-settembre