Ci guardavamo in cagnesco, ogni estate che mi ripromettevo di rileggerlo. E poi ne ero immancabilmente dissuaso. Per la sua mole impegnativa. Circa novecento pagine. Certo, intorno ai vent’anni l’avevo letto, ne avevo ricavato una profonda impressione, i personaggi ritratti a tutto tondo, le tematiche filosofiche che riconducevano tutte al problema dell’esistenza di Dio, la sua forza narrativa e artistica, il suo valore profetico, perché quei fermenti, quei “demoni”, sono ancora presenti nella nostra società e forse ne spiegano il declino. E poi. Dopo quarant’anni il lavoro, la famiglia, gli impegni… Ma l’epidemia ci ha “regalato” del tempo libero. E allora, l’ho ripreso in mano, ho cominciato a rileggerlo, lo sto rileggendo (sono arrivato a pagina quattrocento), e non riesco più a staccarmene. Ho scoperto perfino che i maggiori personaggi del romanzo hanno un lato umoristico od ironico che nella prima lettura non avevo colto, così Stepàn Trofìmovic, Varvàra Petròvna, Stavrogin… , solo Kirillov è troppo serio per cogliere l’ironia del cronista/narratore (ma anche questo alla fin fine ci fa sorridere), riporto un piccolo passo del loro dialogo, è Kirillov che parla, interrotto dal cronista/narratore:
« (…). Chi saprà vincere la sofferenza e la paura diventerà egli stesso dio. Allora comincerà una nuova vita, un uomo nuovo, tutto sarà nuovo… Allora la storia si dividerà in due epoche: dal gorilla alla distruzione di Dio e dalla distruzione di Dio a…»
«Al gorilla?»
«… alla trasformazione fisica della terra e dell’uomo. L’uomo diventerà dio (…)»
Formidabile. E poi. Forse che oggi l’uomo non si crede Dio? E forse tutto quel che succede gli sta rammentando i suoi limiti? Sto parlando de “I demoni” di Fëdor Dostoevskij.