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L’intervista. “Siciliano per cultura”: Fabio Granata si racconta “nel racconto” della sua terra

by Daniela Sessa
5 Marzo 2020
in Le interviste, Libri
6
Fabio Granata, scrittore e politico

Comincia a Cuba la pagina più importante della carriera politica di Fabio Granata, tra un duellare di sigari cubani e toscani, lussureggianti giardini e una sbirciatina alle ballerine del famoso Tropicana.  Avvertenza: non si sta facendo plagio a Hemingway né tantomeno lasciare scoperto il fianco a facile ironia tra rosso e nero. E’ solo che un’estate di venti anni fa, forse per assimilazione di isola a isola, Fabio Granata, allora presidente della Commissione Regionale Antimafia, decide di accettare la delega ai Beni Culturali della Regione Sicilia e a qualche mese di distanza dare il nome alla legge istitutiva del Parco Archeologico della Valle dei Templi e del sistema dei Parchi Archeologici siciliani, la legge regionale n. 20 del 3 novembre del 2000, la legge Granata appunto. Una stagione di visioni e di provvedimenti che hanno disegnato la mappa della politica culturale della Sicilia. Una stagione bella e importante il cui racconto è racchiuso nelle quasi 90 pagine di “Siciliano per cultura” (Bonanno Editore), un libello a metà tra testimonianza e rivendicazione, tra memoria e visione, tra passato e futuro.

 

E tra passato e futuro ci sono l’eredità e la tradizione: l’eredità cattura l’immagine di un sodalizio con il compianto Sebastiano Tusa, illustre archeologo e creatore della Soprintendenza del Mare, mentre la tradizione rimanda al culto inesausto della Bellezza che Granata fissa nella grecità della sua terra e nella battaglia contro l’irredimibilità, contro chi si arrende partendo dalla Sicilia e non resta in quel ricco patrimonio di storia, arte, lingua, paesaggio che è la Sicilia. Nel libro di Granata ci sono parole che vanno scritte con la maiuscola: prima fra tutte Amicizia e poi Tempo, Politica, Memoria, Idea, Bellezza, Luogo, Anima. Maiuscole declinate nei sei capitoli di “Siciliano per cultura” in maniera più o meno evidente: talvolta sono temi, talvolta sono tracce da seguire. In ogni caso viene fuori un amore aristocratico, appassionato ma non spassionato per la Sicilia. D’altronde la passione e la veemenza (è forse un eufemismo?) sono nel carattere di Granata, croce e delizia della sua immagine e delle sue battaglie. Passione, veemenza e orgoglio: “Non siamo Rimini. Non siamo le Baleari. Siamo la Sicilia. I Siciliani per cultura dovranno avere una visione alta dell’impegno civile. E Idee pericolose. Una nuova Idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata Idea. E saranno Idee che determineranno nuove forme di conflitto…Oggi il conflitto reale e necessario non è più tra Destra e Sinistra ma tra chi crede che tutti siano in vendita e disponibili a chinare il capo a interessi particolari e chi invece intende difendere irriducibilmente i Beni Comuni e la Identità culturale straordinaria delle nostre Città, chiamando alla partecipazione attiva i Siciliani”.

La sua città straordinaria è Siracusa ed è facile incontrare Fabio Granata nel cuore antico della città, in Ortigia e in quella piazza del Duomo sovrastata da un tempio che porta in sé e dentro di sé le reliquie della molteplicità della Storia del Mediterraneo e da una luce che a Granata piace spesso fotografare.

Fabio Granata, “Siciliano per cultura” è un titolo orgoglioso. Ma c’è anche dell’ironia?

“”Siciliano per Cultura” è un racconto intriso più di consapevolezza che di orgoglio, sentimento a volte sterile se non dannoso. Scegliere di essere siciliani è qualcosa di più che semplicemente nascere in Sicilia. L’omologazione delle culture mi spaventa e non sopporto i siciliani che vogliono diventare altro da sé, emulando o scopiazzando altri modelli. Noi siciliani dobbiamo avere “occhi per vedere” ciò che realmente siamo. Per il resto una componente autoironica in me non manca mai. Per fortuna, aggiungerei”.

Quando si reputa giunto il momento di scrivere un libro come il suo, un pamphlet che fa assurgere la memoria alla categoria della necessità?

“Credo che questa “storia” andasse raccontata. La Storia di una inedita esperienza di Governo sul Patrimonio Culturale materiale e immateriale della Sicilia. E’ il racconto di una Comunità di “siciliani per cultura” che caratterizzarono una stagione particolarmente feconda dell’Isola e che, credo, abbia lasciato “segni” destinati a durare. Il racconto, non autobiografico ma comunitario, di una avventura politica che ha ridato a tanti consapevolezza della faccia al Sole della Sicilia e delle potenzialità della stessa Autonomia Siciliana”.

 Ricordare due personaggi: Ferruccio Barbera, manager della comunicazione negli anni più complessi di Palermo e soprattutto Sebastiano Tusa rispetto al quale si apre anche il tema dell’eredità, ideale e progettuale.

“Ferruccio e Sebastiano sono stati indiscutibili protagonisti di quella stagione e rappresentano per me un tassello di memoria eterno. Con Ferruccio ho declinato e comunicato una nuova Idea di Sicilia fatta di qualità, semplicità, convivialità, esaltazione della Bellezza. Che dire poi di Sebastiano Tusa? Semplicemente che per me Sebastiano non è morto ma semplicemente situato per sempre in uno spazio metafisico e atemporale. Ha svolto in modo encomiabile il difficile ruolo pubblico di responsabile dei beni culturali siciliani. Abbiamo insieme combattuto tante battaglie e sempre a viso aperto, abbiamo recuperato spazi, monumenti, paesaggi urbani e naturali salvandoli dal cemento e dalla speculazione. E devo dare atto al Presidente Nello Musumeci di aver onorato Sebastiano sia attribuendogli con coraggio il ruolo di Assessore sia difendendone anche dopo tutte le scelte”.

Sebastiano Tusa e Fabio Granata

La stagione in cui lei è stato Assessore ai Beni Culturali e al Turismo in Sicilia è stata senza dubbio un periodo di grande respiro. Di cosa va fiero e cosa avrebbe voluto evitare? Cosa si rimprovera?

“Voglio fare un passo indietro: c’è stato un lungo tempo in cui la storia antica e nobile della Sicilia e la sua profonda Identità culturale hanno subito un vero e proprio processo di rimozione. Il cinismo, l’indifferenza si univano al decadimento della bellezza delle Città e del Paesaggio e a messaggi culturalmente devastanti, di cui era responsabile una classe politica ignorante e corrotta e comunque quasi sempre asservita ad interessi esterni all’Isola come quelli della grande industria petrolifera. Per un tempo immemorabile e tragico, i siciliani apparivano, pur nella loro inconsapevolezza o forse in ragione di essa, un popolo rassegnato allo sradicamento e alla dimenticanza di sé. Negli anni duemila nacque una nuova opzione culturale, e perché no esistenziale: una nuova attenzione alla Terra, al Paesaggio, a un’economia sintesi di tradizione e innovazione nei processi produttivi. Nella stagione, cui lei si riferisce, ha avuto inizio un processo straordinario di “rigenerazione”. Del quale vado molto fiero, pur consapevole di qualche errore. Avrei voluto altro tempo…ma quello non dipendeva da me e forse era inevitabile che quella, pur lunga stagione, volgesse al termine. Per fortuna il “respiro” di quelle innovazioni e intuizioni non si è esaurito”.

Due pagine importanti per la storia della Sicilia in ambito di Tutela dei Beni ambientali e Culturali sono legate alla questione dei parchi archeologici e al distretto di sud-est. Sui primi, proprio a Siracusa, qualche giorno fa si è aperto un dibattito, anche a mezzo stampa, tra il responsabile del Parco della Neapolis e l’Amministrazione Comunale. Mi spiega, da Assessore alla Cultura e da cittadino, qual è il limite da non oltrepassare tra la tutela dei beni e la loro valorizzazione?

“Quelle sono state leggi innovative e importanti. Ma non bastano da sole. Occorre un’innovazione ancora più complessa e difficile, quella delle mentalità e della consapevolezza. Da parte mia credo -e mi sono adoperato per salvaguardarlo- che il Teatro Greco di Siracusa oltre a essere Patrimonio materiale sia anche un Patrimonio immateriale ossia un vero “luogo dell’Anima” legato alla Tradizione Classica. Tuttavia, sono convinto che offrire ai viaggiatori e ai cittadini un’opera lirica e un grande concerto, non possano lontanamente intaccare sia l’uno che l’altro aspetto del Patrimonio. Una polemica incomprensibile: il Parco deve coniugare tutela e valorizzazione altrimenti senza valorizzazione la tutela diventa mera e sterile custodia. Come è stato per Ludovico Einaudi lo scorso anno, quest’anno il prolungamento della stagione prevede uno spettacolo unico e del tutto compatibile: il concerto di Claudio Baglioni, accompagnato da un’Orchestra sinfonica e da un corpo di ballo”.

Politica e Cultura, quasi un binomio retaggio del passato. La storia di Fabio Granata è invece, nel bene e nel male, la storia di una politica vissuta all’insegna di grandi battaglie, combattute con fierezza e talvolta con quella che per qualcuno può dirsi pure arroganza; grandi battaglie in cui la cultura è stata sostanza e fine. C’è oggi una visione della politica come cultura?

“Il mio è un libro “politico”, nonostante affronti un tema legato alla cultura. Il racconto di una avventura politica tesa ad affermare valori essenziali per la mia terra. Quando parlo della necessità di stimolare viaggiatori attenti e curiosi parlo anche dei cittadini siciliani, poiché in gioco sono non solo valori economici legati al turismo ma soprattutto è in gioco la nostra stessa vita, il nostro mare, la nostra aria, senza la quale ci sentiamo persi e senz’anima. Ho cercato, con le parole e con le azioni, di rilanciare una idea convincente della nostra identità. Un’Identità della quale avevamo perso memoria, una metrica, per citare Sebastiano Tusa, che ci ha riportato l’entusiasmo dell’agire per un valore, la cultura come mezzo accessibile a tutti. Credo che sia urgente il ritorno alla bella Politica ma vedo pochi segnali di vita. Per questo ritengo fondamentale puntare sulle giovani generazioni attraverso la circolazione di libri, idee, suggestioni e buone pratiche. Ancora oggi sono fedele al grande Ezra Pound che ammoniva “l’unica cultura che riconosco è quella delle idee che diventano azione“”.

Fabio Granata potrebbe vivere senza fare politica? Se mi risponde che potrebbe semmai fare lo scrittore, mi indichi due modelli 

“La Politica non è altro che volontà di partecipazione al “perimetro pubblico” della Città o della Nazione, senza ripiegarsi solo nella dimensione privata: in questo senso in me l’impegno politico coinciderà con la mia stessa vita. Amo tantissimi scrittori: se dovessi scegliere direi la Yourcenar di “Memorie di Adriano” e Franco Cassano di “Pensiero Meridiano”. E poi i grandi romanzieri francesi degli anni Trenta, Drieu La Rochelle e Robert Brasillach su tutti”.

“Siciliano per cultura” e Siracusano per che cosa? Lei dedica un capitolo alla sua città dove di tanto in tanto appare la vena lirica…

“Siracusa vive una transizione interessante e complessa verso il suo Destino che non può che esser quello di grande Capitale Culturale. La Tradizione legata al Teatro Classico rappresenta un Tassello di una Identità culturale enorme e sulla quale svolgere un grande lavoro che costruisca un Avvenire all’altezza della Storia: per questo sono felice di avere il privilegio, anche simbolico, della responsabilità politica sulla Cultura nella mia Città. Responsabilità che considero tra le più importanti, se non la più importante, di un non breve percorso politico e istituzionale. Ma tornando al dato dell’ironia con cui abbiamo aperto la nostra conversazione, penso che  gli abitanti della moderna Siracusa si dividano  in due categorie antropologiche. In due autentiche etnie, distinte e distanti: i discendenti dei Siculi e gli eredi dei Greci di Corinto. Dai primi hanno ereditato una sorta di “marchio di fabbrica”: la predisposizione alla maldicenza e al pessimismo. Gli eredi dei Greci d’Occidente sono invece, oggi a Siracusa, minoranza attiva e hanno sguardo progettante, visione del mondo aperta e vitalista, capacità di andare oltre limiti e difficoltà, ottimismo della volontà. Ovviamente, io mi diverto a collocarmi tra i discendenti dei Greci d’Occidente”.

O magari fa sul serio? Torniamo al libro. Nel ricordare la storia della sua vicenda politica cita molti suoi amici, in particolare Pietrangelo Buttafuoco e anche una riflessione di Camilleri davvero amichevole. L’amicizia è il sottotesto del suo libro?

“Pietrangelo Buttafuoco è per me amico e complice di sempre. Viaggi, battaglie politiche e culturali, discussioni accese. Questo libro celebra il nostro antico rapporto attraverso un tributo di cui mi onora, relativo alla “rigenerazione” miracolosa del SudEst iniziato dal crollo e poi con la ricostruzione della Cattedrale di Noto. Andrea Camilleri mi ha onorato della sua amicizia e ha sempre sostenuto alcune fondamentali battaglie in difesa del Patrimonio siciliano, a iniziare dal contrasto alle Trivellazioni petrolifere nel Val di Noto. E mi dedica parole affettuose riportate nel libro. Questo aspetto della “amicizia” è stato recentemente sintetizzato in una splendida recensione di un’altra grande amica come Fulvia Toscano, instancabile “agitatrice culturale” di Naxos, nella parola greca Filia, il sentire antico che crea comunità di destino e legami tra diversi”.

Pietrangelo Buttafuoco e Fabio Granata

A proposito dei viaggiatori cito dal libro: “tutti sembravano cercare qualcosa che sapevano di poter trovare solo in Sicilia: un segno dell’Arcadia, delle radici, della origine della civiltà europea”. Le radici, la Tradizione. Perché oggi evocare la Tradizione, se non fa paura, di certo suscita ansia e diffidenza?

“La Tradizione restituisce valori e crea il senso di appartenenza comunitaria, offre un comune orizzonte di esperienze e solide coordinate per orientarsi nel mondo e restituire senso all’esistenza. E’ tuttavia necessario che la certezza di una identità antica si coniughi con una visione dinamica, progressiva e inclusiva. Occorre comprende l’antico attraverso declinazioni inedite e modernissime, possedere e riconquistare la goethiana eredità dei Padri”.

*L’autore. Fabio Granata vive a Siracusa. Attualmente assessore alla Cultura e al Patrimonio Unesco di Siracusa, è stato parlamentare nazionale e vicepresidente della Commissione Antimafia. Vicepresidente della Regione Siciliana, assessore ai Beni culturali, al Turismo e alla Pubblica istruzione. Protagonista di battaglie ambientali e culturali, ha innovato la legislazione regionale istituendo la Soprintendenza del mare, il sistema dei parchi archeologici e il piano paesaggistico regionale. Artefice dei riconoscimenti Unesco del Val di Noto e di Siracusa-Pantalica, ha ideato il Distretto del Sudest. Tra gli altri, ha pubblicato L’identità ritrovata (Sanfilippo), L’Italia a chi la ama (Lombardi), Meglio un giorno(Eclettica), Patria(Eclettica), Siracusa Capitale del Teatro(Le Sicilie).

@barbadilloit

Daniela Sessa

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Tags: Barbadillodaniela sessafabio granataintervistalibripietrangelo buttafuocosiciliano per culturasiracusa

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Comments 6

  1. Fabio Granata says:
    3 anni ago

    Non mi piace ne ho mai utilizzato il termine “meticciato”….semmai contaminazione e sintesi come in Federico II o nel Rinascimento…mi spiace che “diffidi” ma forse è la scarsa conoscenza reciproca…

  2. Fabio Granata says:
    3 anni ago

    Comunque libero di diffidare….

  3. Werner says:
    3 anni ago

    Adoro questo sito, ma a volte mi delude quando dà spazio a personalità del genere, che non nomino per non dargli importanza. Non si può dare spazio a chi si autodefinisce di “destra” pur non essendolo mai stato di fatto, così come il proprio mentore, il Tulliano, fondatore di quella porcata emerita che fu FLI, giustamente snobbata dagli elettori alle politiche del 2013. Come non dimenticare poi la proposta di legge sullo ius soli presentata assieme ad uno del PD: lo ius soli non é di destra. Per la cultura di destra vale il sintagma Sangue e Suolo, e il sangue, i geni, la razza, non sono un qualcosa di irrilevante, come vogliono farci credere i sostenitori dello ius soli, ma ciò che fa un popolo e un’etnia, che a loro volta sono ciò che fanno una nazione.

  4. Fabio Granata says:
    3 anni ago

    Già nel 1932 Alberto Luchini su una rivista non a caso intitolata L’Universale ricordava “Non c’è nulla di meno italiano del ripudio a priori d’ogni esperienza, sapienza, eccellenza straniera […] non c’e’ invece nulla di più anticamente, tradizionalmente, permanentemente italiano dell’accogliere, assimilare, ripensare, riplasmare ogni esperienza, sapienza, eccellenza straniera”.

    Una forma costante dell’italianità è il governo delle dinamiche di mutamento, l’assunzione di uno sguardo progettante e la partecipazione attiva ai processi di trasformazione….
    Sul resto, di fronte al pregiudizio mi fermo …tanto è inutile.
    Mai sostenuto ius soli ma uno ius soli limitato ai figli nati in Italia da migranti regolarmente residenti(tasse comprese) da almeno 5 anni.
    La definizione “destra” in effetti mi è sempre stata stretta …sono un “fascista di sinistra” semmai…ma lasciamo perdere

  5. La Vendetta di Catilina says:
    3 anni ago

    Confermo Fabio, sei sempre stato un ” Fascista di Sinistra ” e lo ri- confermo anche agli altri …

    Ma quello che Ti chiedono tra le righe alcuni Camerati ( si puo’ dire ancora così ?! ) e che ci facevi vicino e tra le file di quel Fini che oltre non essere mai stato un “Fascista” ed essere stato un ” infiltrato” della peggior destra-nazionale ( baronale – questurina – conformista filo-usa -filo-israele filo-capitalista ecc. ecc.) è stato anche colui che per decenni ha messo i bastoni fra le ruote al Fronte della Gioventù movimentista, filo-terzomondista, anti-occidentale, anti-sionista ed anti-americano, quel FdG di cui Tu eri tra il 1980 ed il 1991 uno dei massimi dirigenti nazionali ?

    Come sei riuscito a conciliare “Beppe Niccolai” con Fini ?
    E la domanda che vale per Te vale Umberto Croppi, Peppe Nanni ecc. ecc.

    La domanda è la seguente : in quella triste stagione che è andata dal 1992 al 2013 che cosa c’entravi Tu che avei nel tuo Patheon Bobby Sands, Arafat, Pasolini, Che Guevara, ed il cosidetto Fascismo Immaginario ( … che è di sinistra da sempre, non da quando ne ha parlato Filippo Rossi ) che cosa avevi a che fare con tutto il lerciume della contro-rivoluzione antropologica e culturale partorita “a destra” in quegli anni ?

    Non per fare processi ci mancherebbe ma solo per pura curiosità; come avete conciliato la Vostra Formazione con quell’aborto FEL post-fiuggi ?

    Oltretutto la fine che ha fatto il personaggio Fini è ridicola se non addirittura patetica … E questa la dice lunga su chi avevate scelto leader ….

    Senza alcuna polemica
    Un saluto

  6. Werner says:
    3 anni ago

    Tranne che negli USA, dove é cittadino chiunque vi nasce, anche da genitori clandestini, ovunque vi sia stata una legge sulla cittadinanza basata sullo ius soli, la cittadinanza é stata sempre attribuita a chi nasce da stranieri regolari, come in Francia e Regno Unito nei decenni scorsi. Già abbiamo una legge sulla cittadinanza troppo generosa, quella del 1992 voluta dai socialisti, il cui criterio é quello misto ius sanguinis/ius soli, che offre la possibilità a chi nasce da stranieri in Italia di poter chiedere la cittadinanza al compimento della maggiore età, per cui non é necessario renderlo cittadino alla nascita, anche perché c’é il rischio e pericolo di avere troppi italiani sulla carta, ma non di fatto, specie per quel che riguarda i figli degli immigrati extraeuropei che hanno una forte connotazione identitaria. Detto ciò, nessuno nega che nell’antichità ci siano stati commistioni e incroci di popoli diversi, ma non troppo, fenomeni che hanno dato origine a quelli odierni, che hanno una loro fisionomia, non solo culturale, ma soprattutto etnoantropologica. La Sicilia é stata certamente un luogo in cui sono transitati molti popoli e civiltà, ma ciò non ha comportato una radicale mutazione etnoantropologica, semmai degli interessanti innesti biologici. Greci, arabi, normanni, svevi, catalani, ecc., hanno certamente costruito l’identità siciliana, e la cultura dell’isola che ne rappresenta una sintesi, ma sono stati assorbiti dalla maggioranza della popolazione dell’isola, discendente da Sicani e Siculi. P.S.: colgo l’occasione per porgere saluti a Tullio Zolia, che ringrazio, e con affetto per la sua storia personale di esule fiumano.

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