Preoccupazioni e paure sono sentimenti legittimi, naturali e utili. Basta con la dannazione continua dei sentimenti umani, quelli più immediati (cioè non mediati dalla buona educazioni degli intellò)! In tempo di coronavirus non ce lo possiamo permettere. Senza esagerare e senza strafare, nella consapevolezza «che la crisi in corso non sia la peste, ma neanche la classica influenza stagionale». Ascoltiamo gli esperti e le loro analisi: uccide poco e in molti casi può avere degli effetti blandi. In mezzo però c’è una percentuale piccola (ma non abbastanza piccola, purtroppo) che finisce spesso nei reparti di terapia intensiva. Reparti che è sempre meglio non frequentare (diciamolo!). Il punto è che i posti letto – se in troppi si ammalano contemporaneamente – potrebbero non bastare, per questo serve contenere il virus e fare della sana precauzione.
Governo e autorità ci hanno detto che alcune delle poche armi che abbiamo per sbarrare la strada al virus sono il lavaggio delle mani, la pulizia degli ambienti e non tossire in faccia alle persone. Ciò detto, perché scandalizzarsi se la gente va in cerca di amuchina, alcool o mascherine? Suvvia, questo è sadismo bello e buono. L’assalto ai supermercati alla ricerca di pasta e acqua? Legittimo pure: soprattutto quando lo scenario prospettato in presenza dei focolai è la zona rossa. Prepararsi a ogni evenienza è umano (e che cavolo!) Bisogna chiedersi invece perché davanti a un’emergenza, di fatto citofonata, le scorte siano finite con bizzarra velocità. È lì che i nodi vengono al pettine. Anche perché, nella maggior parte dei casi, assalti armati ai supermercati, direzioni generali delle asp incendiate o ronde contro i presunti untori, non ce ne sono state. Si registrano, è vero, anche alcuni episodi di nervosismo; ma limitati.
Al netto di uno scenario serio, ma non ancora grave, lo sport nazionale è ancora una volta quello di mettere tra parentesi i sentimenti umani, come se le persone, per essere giudicate civili, debbano essere prive di umanità. A scuola ci hanno insegnato che la paura di essere bocciati aiuta spesso a fare bene. Una regola di buonsenso che vale in tante occasioni, dallo sport al lavoro. Una regola che vale persino in politica. Sottovalutare le paure è un prezzo che si paga salato. Come quella connessa a quel fenomeno che molti dicono sia strutturale, dimenticando però che nel lasso tra il 2015 e il 2018 i numeri siano aumentati enormemente.
Nella storia esistono eventi che rompono l’ordinarietà. Non sempre è necessario intervenire con misure choc, ma con autorevolezza sì. Autorevolezza che ci porta a comprendere che in taluni momenti alcune regole vanno spedite in panchina. Se il coronavirus sta infettando i mercati è anche perché nessuno ha chiesto ai mercati un pizzico di clemenza, soprattutto ora che molte aziende sono costrette a non lavorare e molti settori in crisi (vedi turismo). Non basta rinviare il pagamento delle tasse, serve altro. Capirlo farà la differenza tra i burocrati, i politici e gli statisti. Ma il popolo no, quello non ha colpe: cerca semmai di sopravvivere: come è naturale che sia. Insomma, il politicamente corretto non ci salverà e la paura della paura si chiama ansia.
@fernandomadonia