Un anno fa usciva il film Stanlio & Ollio di Jon S. Baird sulla tournée britannica nel 1953 dei due attori, che erano ormai stanchi. Ora esce Judy di Rupert Goold sulla tournée britannica nel 1968-69 della Garland, che era ormai stanchissima. Quello di raccontare declini è diventato un genere (vi appartiene anche Hammamet). Sono film crepuscolari, non tanto per un pubblico che ha anni e ricordi, quanto per spremere fino all’ultima goccia le personalità del mondo dello spettacolo o della politica di una volta. In nome del “parce sepultos” le loro debolezze sono presentate non come colpe, ma come fatalità. Ciò è comprensibile. Ma, prima di entrare al cinema, si sa il tono della storia.
Judy Garland (1922-1969) ha una lunga carriera di attrice, oltre che di cantante, quando si impone con Il mago di Oz di Victor Fleming (1940). A tenerla in riga nonostante le sue fragilità è Louis B. Mayer (Richard Cordery), il produttore che – nel film di Goold – le rammenta, ora paterno, ora minaccioso, la fortuna che ha di essere a diciotto anni protagonista di un film di Hollywood in un Paese che non ha ancora posto rimedio alla crisi economica del 1929.
Nel Mago di Oz la vera Garland cantava Over the Rainbow, motivo rimasto giustamente celebre. Da allora il suo astro brilla per oltre un ventennio, nonostante una vita disordinata. Nel 1968, dopo una raffica di matrimoni e di figli, con la cirrosi epatica, giunge a Londra come Laurel e Hardy quindici anni prima di lei. Ma non è più la capitale di Churchill, è la capitale della musica yé-yé. Le canzoni di Beatles e Rolling Stones rendono quelle della Garland buone solo per un night-club. Eppure lei ha ancora un nome e una vitalità: prende un quinto marito (Finn Wittrock). Anche nella mezza età aspettare l’alba da sola non fa per lei.
Darci Shaw e Renée Zelwegger sono rispettivamente la Garland ventenne e la Garland quarantenne. La Shaw interpreta, più che imitare, la Zelwegger imita, più che interpretare. Si è sacrificata per trasformarsi fino a somigliare al suo personaggio e ora spera nell’Oscar (sarebbe il suo secondo) come migliore attrice. L’altro Oscar che potrebbe andare a Judy è quello per trucco e parrucche: un riconoscimento non si giustificherebbe senza l’altro. (Pubblicato su il Messaggero del 30 gennaio 2020)
* Judy*** Drammatico, Gran Bretagna, 118’ – Regia di Rupert Goold, con Renée Zellweger, Jessie Buckley, Finn Wittrock, Rufus Sewell, Michael Gambon, Richard Cordery
si dice “parce SEPULTIS”. Col dativo.