La tentazione dell’Uomo Forte, dell’Uomo della Provvidenza, dell’Uomo-solo- al-comando riaffiora periodicamente in particolare nella storia italiana, sia pure con modalità ed esiti differenti (esiti peraltro quasi mai positivi per i protagonisti). Il cinema, nella sua funzione di sismografo di quelle sensibilità e di quelle suggestioni, ne ha dato conto con opere quali “Mussolini ultimo atto”, “Il caimano”, “La caduta”, e un vecchio film di Renato Simoni, “S. Elena piccola isola”, girato nel 1943 e che, nella parabola dell’imperatore corso, prefigura quella cruenta del Duce.
Ora, in occasione del ventennale della morte, Gianni Amelio racconta gli ultimi mesi di Bettino Craxi – ultimo “uomo forte” della politica italiana (se vogliamo escludere dalla categoria Silvio Berlusconi e senza voler antivederne altri all’orizzonte), nel suo esilio di Hammamet. A differenza, ad esempio, della recente biografia del leader socialista scritta da Fabio Martini (“Controvento”, ed. Rubbettino), nell’opera di Amelio vengono privilegiati i tratti caratteriali e privati dell’Esule, mescolando personaggi – e nomi – reali con altri di fantasia, il tutto all’ombra di un Pierfrancesco Favino gigantesco e quasi medianico, “un se stesso posseduto dal fantasma dell’originale”, come ha scritto Valerio Caprara.
Fabio Martini evoca l’intera parabola politica di Craxi, sottolineandone continuità e discontinuità rispetto alla tradizione politica italiana, in particolare nel campo della sinistra: da un lato infatti, in linea con protagonisti e comprimari della “Prima Repubblica” e a differenza di quelli odierni, Craxi sperimentò una lunga gavetta, prima di assurgere ai vertici del cursus honorum; fu però il primo a rompere con i vincoli dell’internazionalismo marx-leninista, valorizzando il culto della patria; ebbe poi la capacità di assumere un decisionismo quasi schmittiano nell’azione di governo, assumendone le corrispondenti responsabilità e spezzando la routine delle estenuanti mediazioni di una “clasa discutidora”; infine, portò alle estreme conseguenze l’ideologia del primato della politica, non esitando a violare le leggi in materia di finanziamento pubblico ai partiti, ma smascherando l’ipocrisia della classe politica nel suo complesso – allineata a quelle pratiche illegali – e denunciando l’azione dei magistrati, pronti ad avviare una stagione di scorrerie nelle funzioni legislativa e, indirettamente, esecutiva, che dura ancor oggi.
Nei tempi lunghi della storia, vent’anni sono un battito di ciglia, e opportunamente Amelio ha scelto di non formulare giudizi, né di assoluzione né di condanna, per questo controverso personaggio, che la pochezza dell’attuale ceto politico induce talvolta a rivalutare, dimenticandone certe scelte problematiche, sia di governo che esistenziali (ad esempio, la crescita del debito pubblico, la posizione “trattativista” durante il sequestro Moro, e infine la via della fuga e dell’esilio in Tunisia).
Il film ha inizio nella sala del congresso del PSI nel 1989, quando Craxi, all’apice della potenza, ricorda i risultati del suo esecutivo, primo fra tutti il raggiungimento del quinto posto conseguito dell’Italia nel campo delle potenze mondiali. Proprio in quella circostanza, il regista mette in scena l’accorato dialogo del leader con un suo antico compagno di militanza (uno dei personaggi di fantasia), che lo mette in guardia da quei “nani e ballerine” che lo attorniano e ne assecondano l’arroganza, ma che saranno pronti a scendere dal suo carro in caso di sconfitta, nel lungo periodo; e significativamente, mentre lascia l’amico per raggiungere il codazzo dei suoi effimeri adulatori, cala il vessillo del Partito, nella sala che si svuota.
Ben presto la stagione dei successi si consuma, e troviamo il Presidente, ormai giuridicamente nella veste del latitante, con moglie, figlia e nipotino nella bella residenza di Hammamet (quella vera). Questo Craxi privato, il cui nome non viene mai fatto (i militari della scorta, gli inservienti, i suoi nuovi, umili amici del posto lo chiamano “Presidente”) trascorre le giornate fra il suk, la spiaggia, l’ospedale, dove lo spinge una forma grave di diabete. E certe atmosfere crepuscolari richiamano quelle di uno dei migliori romanzi di Simenon, “Il Presidente”, dedicato al declino di un potente uomo politico francese, che molti identificano in Clemenceau.
Di Craxi ritroviamo le spigolosità e l’abitudine al comando perfino nei gesti quotidiani, quando, ad esempio, siede accanto alla moglie che guarda un film western in tv e le cambia canale, o quando reclama con i medici che vorrebbero trattenerlo in osservazione, ai primi segnali di una cancrena. Solo al nipotino, al quale ha regalato un berretto da garibaldino, riserva gesti di tenerezza, specie quando ripete, con i suoi soldatini, lo scacco alle “teste di cuoio” americane in occasione dell’”incidente” di Sigonella.
Una notte irrompe clandestinamente nella villa un giovane, sottratto a stento alle guardie: è il figlio del compagno Vincenzo, che nel frattempo sembra si sia suicidato e che al giovane ha lasciato il compito di recapitare personalmente al Presidente una lettera, in cui ribadisce le sue critiche e le sue preoccupazioni per il futuro del Partito e del suo leader, ormai in disgrazia.
Il Craxi del film, che nella storia – e, probabilmente, anche nella realtà – si appoggia, magari per contrastarla, alla figlia Stefania (chissà perché diventata Anita, nella pellicola), prende a benvolere il taciturno figlio dell’amico, riversando su di lui l’affetto e la stima che non riesce a provare per Bobo, rimasto in patria (e poi destinato a condividere il cammino politico proprio con coloro che del padre furono implacabili avversari): qui lo ritroveremo in una riunione con familiari e amici, mentre suona la chitarra e canta un brano di Lucio Dalla, sotto gli occhi del padre, tutt’altro che ammirato…
Tornando a una tappa cruciale di quel “viale del tramonto”, non poteva mancare l’evocazione del lancio di monetine sul leader in disgrazia, che usciva dalla sua residenza romana dell’hotel Raphael; quanto a noi, forse col senno di poi, dispiace che nella folla di lanciatori vi fossero tanti militanti della destra, che proprio lui, Bettino, aveva cominciato a “sdoganare”, e che non avevano previsto che in quella Tangentopoli iniziava la lunga, perdurante crisi di tutta la politica.
Continuando ad annotare i momenti significativi di questa trasposizione filmica degli ultimi momenti craxiani, ricordiamo il rancore del giovane, ormai acquisito alla famiglia. La benevolenza del padrone di casa sembra non dissuaderlo dai suoi propositi di vendetta: nello zaino che porta sempre con sé, infatti, nasconde una pistola, peraltro destinata a non essere mai usata. Nel corso delle passeggiate che il leader malato ama compiere col suo ospite, non manca quella sulla spiaggia, la sua preferita, “perché nelle giornate di bel tempo si vede in lontananza la costa dell’Italia”; ma poi, alla fine dei loro passi, troneggia la carcassa di un tank rimasto fra le dune del deserto, dopo la seconda guerra mondiale: il simbolo di una stagione di conflitti ormai passata e che poté nuocere a tutte le parti in causa. E che quella stagione sia esaurita anche nella vita del protagonista, lo attestano l’incontro con una sua antica fiamma, da lui respinta malgrado la persistente fedeltà, pur dopo la perdita di potere, e quello con un anziano, cordiale e caustico avversario politico – Cirino Pomicino? – il quale gli e si rimprovera l’uso spregiudicato, anche a fini personali, del denaro pubblico.
Tuttavia, proprio nell’abuso di simboli sta, sotto il profilo cinematografico, la pecca principale del film, quanto meno nel finale: echi e suggestioni felliniane risuonano, con un’evidente, incongrua discontinuità stilistica, nelle sequenze grottesche del cabaret satirico e in quelle della passeggiata solitaria del Presidente, a piedi nudi sulla sommità del duomo di quella Milano, che non rivedrà mai più, anche per l’accanimento giudiziario manifestato fino alla morte di quel condannato.
Riferendosi a Napoleone, Manzoni si chiedeva “fu vera gloria?”, e si rispondeva “ai posteri l’ardua sentenza”. Anche sul “caso Craxi”, possiamo essere d’accordo.
Un gigante rispetto ai nani odierni, un “sovranista” vero prima che questo termine andasse di moda, uno dei migliori uomini politici del dopoguerra se non potenzialmente il migliore, oggi sono sicuro che molti militanti di “destra” fra coloro i quali erano li al Raphael a lanciare monetine per conto di magistrati,post-comunisti e americani abbiano capito di aver fatto una grande cavolata e che abboccarono ad una grande messinscena e soprattutto una truffa che ci è costata e ci costa caro, a tutto il paese… C’è da dire per giustificare una miopia così acuta che all’epoca, senza internet etc le informazioni viaggiavano su binari definiti e quindi certe notizia o non si sapevano e venivano riportate dalla stampa e dalla tv in modo strumentale al fine di creare determinati “etats d’esprit”… Comunque penso che vedrò il film, però senza farmi troppe aspettative, alla fine il miglior modo di conoscere il personaggio secondo me rimane la biografia di Massimo Pini che descrive bene anche tutto ciò che passò Craxi ad Hammamet, ed anzi è quella forse una delle part più belle del testo… Per il resto, lasciamo ai posteri l’ardua sentenza anche se io la mia l’ho già data.
A lanciare monetine al Raphael non erano di destra, ma comunisti reduci da un comizio. Comunque non facciamo di Craxi un mito, e soprattutto non un ‘mito visto da destra’! Anche perchè Craxi perse, perse politicamente ed in politica come in guerra è solo quello che conta. L’eccezione, forse l’unica, è stato Napoleone… Ma insomma, Craxi non sottomise l’Europa, raccolse, se ben ricordo, meno del 15% dei suffragi… Poi era prepotente, antipatico, presuntuoso. Insomma…
Un velleitario assai più che un coraggioso…
Craxi fu fatto fuori politicamente dalla nota lobby che non gli perdonò di aver coperto chi ammazzò un alto dirigente del B’nai Brith; furono i Luttwak, i Sembler, i Leeden ad armere il pool . Sicuramente era un patriota, però uno statista non scappa dai processi , aveva gli avvocati per potersi difendere. Sicuramente non era onesto ,e personaggi imprenditoriali a lui vicini, si dice che, oltre a essere collusi con la mafia, vendevano armi a terroristi anche islamici tra cui i somali (non parlo del Berlusca),che in quegli anni ammazzarono parecchi soldati italiani .Ps in piazza a tirare monetine c’erano anche missini chiedere a D.A. di Ostia che andò lui a procurarsele
Di Craxi personalmente ne apprezzo il suo anticomunismo. Ebbe il merito di demarxistizzare il PSI, basti pensare all’eliminazione della falce e martello dal simbolo del partito. Non è riuscito a fare del PSI un grande partito di sinistra riformista, magari erodendo il maggior numero possibile di voti al PCI, riducendolo ai minimi termini. Non ci riuscì perché, come lui stesso denunciò davanti ai magistrati ai tempi di Tangentopoli, il PCI dal 1945 ricevette fiumi di rubli dall’URSS, che gli permettevano di comprare consensi e di fare la sua politica clientelare attraverso il sistema delle coop. Però bisogna dire anche che il PSI, che nel 1975 aveva preso il 9%, quando lui divenne segretario ebbe una piccola ma significativa ripresa, stabilizzandosi attorno al 14%. Forse è per via del suo anticomunismo che l’appellativo di “ladro” gli viene affibbiato più da chi è di sinistra piuttosto che da chi è di destra.
Gallarò concordo in parte con il tuo intervento, però il fatto di essere “scappato” dai processi non credo che dipenda dalla questione di potersi o no difendere, ma dal fatto che ricevette minacce concrete oltre che alla sua persona pare anche alla sua famiglia… Sul fatto che non fosse onesto dipende cosa si intenda per onesto, lui non si è mai intascato una lira ed i proventi “illeciti” venivano distribuiti fra il partito e vari movimenti di liberazione nazionale, soprattutto filo-palestinesi e sudamericani, ma aiutò anche movimenti e singole personalità fra i dissidenti sovietici non dimentichiamolo, perchè come detto giustamente da Werner era un convinto anticomunista, ma poi chi era senza peccato allora? Nessuno e tutti i partiti ricorsero a finanziamenti illeciti. Semplicemente fu fatto fuori da una serie di poteri ed interessi convergenti, prima di tutto atlantici, americani e israeliani che diedero l’input anche perchè si sa che qualsiasi cosa succede nel nostro paese deve essere voluta a Washington, poi il braccio fu quell’apparato interno di magistrati e post-comunisti,questi ultimi oltre al’odio per Craxi in se dovevano riciclarsi in funzione atlantica e dimostrare la loro fedeltà ai nuovi padroni, in più avevano bisogno di ritagliarsi un posto al sole nel nascente partito socialista europeo per imporsi come l’unica “sinistra riformista” italiana, cosa che con Craxi ed il PSI non sarebbe potuta avvenire nonostante fu proprio Craxi a farli entrare nella famiglia socialista europea commettendo un grande errore strategico, poi altri interessi che vanno annoverati come “eterogenesi dei fini”… x Felice: ci sono prove incontestabili che a tirare le monetine c’erano parecchi missini, non dimentichiamo che nonostante Craxi sdoganò il MSI rompendo l’arco costituzionale, egli era visto malissimo da una buona parte dei parlamentari missini, una dimostrazione su tutte fu quando il 6/11/1985 fece un discorso in favore dell’OLP e citando Mazzini dichiarò legittima la lotta armata palestinese(ma ne criticò l’efficacia), al che i missini insorsero, Berselli non gli fece finire il discorso, Tremaglia, Fini, Almirante etc avevano facce scurissime… Craxi fu fatto fuori per questo, per Sigonella,per l’opposizione alla svendita del patrimonio economico nazionale e per tanto altro, è stato usato come capro espiatorio della corruzione politica ma mentre lui non c’è più tutti gli altri che lo contestavano sono ancora li in parlamento o si stanno godendo la pensione. Craxi poteva avere tutti i difetti di questo mondo ma perseguiva gli interessi del paese ed in confronto alla classe politica che lo ha succeduto è stato un grande Statista, nella migliore tradizione social-patriottica italiana.
Però, non cerchiamo sempre di far nostro quel che nostro non fu mai! Non facciamo l’elogio del ‘nazionalismo’ di Craxi quando per anni, con lui al potere, nessuno a destra lo fece! Non facciamo gli avvoltoi delle idee altrui. Che poi la ‘nota lobby’ abbia fatto la sua parte lo sappiamo, ma alla fine contano i risultati. Altrimenti da 75 anni dedicheremmo almeno 20 ore settimanali a ricordare il genocidio nucleare…
Insomma che Craxi non si sia intascato una lira è difficile da credere: la sua amante A.P. riceva mensilmente centinaia di milioni di lire per finanziare le sue attività. Non è vero che i comunisti lo odiassero o almeno non tutti . Il Psi aveva ottimi rapporti con la cosiddetta corrente migliorista (quella di Napolitano). Non dimentichiamo che era colluso con la criminalità anche finanziaria , fu lui a far liberare il finanziere sefardita A.S. arrestato da Fbi e polizia italiana in Svizzera per riciclaggio .E’ vero che ricevette minacce (rivolte ai figli) ma se lo avessero voluto far fuori lo avrebbero fatto senza problemi.
Il MSI, sotto perpetuo ricatto, non poteva appoggiare i palestinesi, ovvio…
Perpetuo ricatto di chi? smettiamola con queste pagliacciate. L’onorevole Almirante dopo la guerra si andò a nascondere a casa di tale Levi.L’Msi è stato nella gran parte delle sue componenti filoisraeliano, Giano Accame ha addirittura un bosco a suo nome in Israele.