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Praga. La guerra delle statue: via il maresciallo di Stalin, arriva il comandate anti-Urss Vlasov

by Mario Bozzi Sentieri
16 Dicembre 2019
in Politica
4
La statua del maresciallo di Stalin rimossa

Nella “guerra dei monumenti” (da abbattere, conservare,  “emendare”) che attraversa il mondo (dall’America anticolombiana alla Spagna post franchista),  Praga si segnala  per il suo anticonformismo. 

Dopo una lunga serie di atti vandalici e di scritte (“No al maledetto Marshal! Non perdoneremo”) il sindaco di un distretto di Praga ha infatti  deciso non solo di coprire la statua del maresciallo dell’Armata Rossa Ivan Konev, che si trova in un parco pubblico della città, ma addirittura di sostituirla con un monumento a Andrej Andreevič Vlasov.

Chi sono i due protagonisti del “ribaltone” commemorativo ? 

Konev alto ufficiale sovietico, famoso per i suoi metodi spietati e per questo apprezzato da Stalin, fu, nel maggio 1945, uno dei “liberatori” di Praga. Divenuto, nel dopoguerra, comandante del Patto di Varsavia guidò la repressione contro la Rivoluzione ungherese del 1956, organizzò, nel 1961, l’edificazione del Muro di Berlino, assumendo il comando delle forze sovietiche in territorio tedesco, e partecipò, nel 1968, alla pianificazione dell’invasione della Cecoslovacchia. Due volte insignito del titolo di   “Eroe dell’Unione Sovietica”  fu sepolto, nel 1973, sotto le mura del Cremlino. 

Vlasov, generale dell’Armata Rossa, catturato dai tedeschi sul fronte di Leningrado,  nel 1942,  passò con le forze dell’Asse, lanciando l’idea di costituire il Comitato di liberazione dei popoli della Russia e l’Esercito Russo di Liberazione , un’armata di ex prigionieri, volontari ed emigrati russi, reclutati nel nome del ritorno alla Russia nazionale, che avrebbero dovuto unirsi alla Wehrmacht contro l’Unione Sovietica. Propagandista appassionato (Vlasov ottenne dal comando tedesco il permesso di costituire un centro di propaganda a Dabendorf, non lontano da Berlino, compiendo poi alcuni viaggi in Germania, a Bruxelles e a Parigi per promuovere l’iniziativa) venne designato, durante una solenne cerimonia a Praga,  a capo del Comitato e dell’armata, senza però incontrare il pieno appoggio di Hitler (malgrado ciò alla fine del 1943 ben 427.000 soldati ex appartenenti all’esercito sovietico erano inquadrati in varie unità filo tedesche). Arresisi agli alleati,  Vlasov e undici alti ufficiali dell’Esercito di Liberazione, vennero riconsegnati ai sovietici, processati e impiccati il 2 agosto 1946.

Le figure di Konev e Vlasov esprimono  specularmente l’atteggiamento dei praghesi nei confronti di due protagonisti della seconda guerra mondiale: da una parte il risentimento verso il “servo di Mosca”, responsabile della repressione contro gli insorti anticomunisti, dall’altra la “vera Storia” della liberazione di Praga dall’esercito tedesco,  attribuita da alcuni storici cecoslovacchi proprio all’esercito di Vlasov e  all’arrivo, a partire dal 19 aprile 1945, delle forze statunitensi. 

Da una parte il simbolo della repressione comunista, guidata da uno dei marescialli dell’Armata Rossa più amati da Stalin, dall’altra la speranza della    liberazione dal giogo rosso incarnata da Vlasov, estensore del manifesto ideologico del Comitato di liberazione dei popoli della Russia, presentato proprio a Praga il 14 novembre 1944, che si proponeva, dopo la vittoria, di garantire ai russi molte delle libertà negate dal regime sovietico: il ritorno dei territori agricoli al possesso privato, la liquidazione del lavoro forzato e la libertà di religione e di parola.

In “La questione russa alla fine del secolo XX”, Solzenicyn afferma essere “indicativo che finanche negli ultimi mesi (inverno 1944-45), quando per tutti era ormai evidente che Hitler aveva perduto la guerra, ebbene proprio in quei mesi molte decine di migliaia di russi che si trovavano all’estero presentassero domanda per arruolarsi nell’Esercito russo di liberazione (Roa) – ecco qual era la voce del popolo russo. E sebbene non soltanto gli ideologi bolscevichi (insieme con i timidi intellettualoidi sovietici), ma anche l’Occidente (incapace di immaginare che i russi potessero avere un loro proprio obiettivo nella guerra di liberazione) abbiano ricoperto di sputi la storia dell’Esercito russo di liberazione, quest’ultimo entrerà comunque nella storia del Paese (…), e ne rappresenterà una pagina significativa e coraggiosa”.

La sostituzione della statua di Konev con un monumento a Vlasov la dice lunga sulla memoria del popolo praghese e sulla sua volontà di mettere la parola fine alle incomprensioni e falsificazioni relative agli anni dell’occupazione sovietica e del terrore comunista. Un esempio   – per dirla alla Solzenicyn – che dovrebbe fare riflettere anche certi “intellettualoidi” occidentali.

@barbadilloit

Mario Bozzi Sentieri

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Tags: Barbadilloguerramaresciallomario bozzi sentierimonumentiPragaStalinvlasov

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Comments 4

  1. Guidobono says:
    3 anni ago

    Giustissimo mettere nella fossa dei maiali le ossa residuali (e fondere i monumenti) di quel cane schifoso di Konev. Basta con le falsificazioni comuniste e staliniste della storia!!!!

  2. Guidobono says:
    3 anni ago

    Qui non si tratta di ‘statue’, come se una valesse l’altra. Non è che la statura di Franco vale quella di Santiago Carrillo, il boia di Paracuellos de Jarama…

  3. Guidobono says:
    3 anni ago

    la statua, pardon…

  4. Werner says:
    3 anni ago

    E’ cosa buona e giusta. Qui in Italia invece il governo vorrebbe istituire a festa nazionale la nascita del Partito Comunista Italiano. Siamo alla frutta.

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